Alcuni giorni fa l’ANSA, i giornali cartacei, le TV e altri mezzi informativi digitali hanno comunicato che «quasi 500.000 la prendono da 36 anni» … la pensione, naturalmente! I dati (aggiornati al 1° gennaio 2016) sono quelli dell’Osservatorio statistico delle pensioni dell’INPS: sono stati pubblicati il 30 marzo 2016 e riguardano il settore privato.
1. Escludendo gli altri tipi di assegno, in Italia le pensioni di vecchiaia (e di anzianità) e quelle ai superstiti, liquidate prima del 1980 sono 474.978 e dunque sono in vigore da oltre 36 anni. Ma il numero degli assegni non coincide necessariamente con il numero dei “pensionati”, in quanto una stessa persona può cumulare sia l’assegno di vecchiaia che quello di superstite. E i dati dell’INPS non offrono alcuna indicazione quantitativa riguardo a questa possibile “coincidenza”. I pensionati potrebbero essere meno dei circa 475.000 assegni.
Comunque, le pensioni ai superstiti sono 286.542 con il 60,33% del totale degli assegni delle due categorie, mentre quelle di vecchiaia (e di anzianità) sono 188.436 con il 39,67%. In questa ripartizione sembra esserci una prima spiegazione della “particolare” durata degli assegni: infatti le pensioni ai superstiti dovrebbero essere andate prevalentemente alle donne che vivono più a lungo e si sono sposate per molto tempo a un’età significativamente inferiore a quella del coniuge. Una seconda spiegazione sta nel fatto che stiamo parlando di assegni di vecchiaia che vanno a persone che sono entrate “precocemente” nel mondo del lavoro e che hanno dunque maturato il massimo (e oltre) della contribuzione previdenziale in età non molto “avanzata”. Ma l’Osservatorio INPS non dà ancora dati distinti per sesso né ricostruisce il cammino contributivo dei pensionati con liquidazione dell’assegno prima del 1980.
2. Quale peso ha ora questa fascia di assegni incriminata e quale evoluzione è prevedibile? Al primo gennaio 2016 la situazione è questa:
a) le pensioni di vecchiaia (e di anzianità) liquidate prima del 1980 sono un 1,99% del totale degli assegni della stessa categoria; sono un 1,42% del totale degli assegni di vecchiaia e ai superstiti; sono un 1,32% del totale di tutti gli assegni a base previdenziale (vecchiaia, superstiti, invalidità);
b) le pensioni ai superstiti liquidate prima del 1980 sono un 7,58% del totale degli assegni della stessa categoria; sono un 2,16% del totale degli assegni di vecchiaia e ai superstiti; sono un 2,00% del totale di tutti gli assegni a base previdenziale (vecchiaia, superstiti, invalidità).
La fascia di assegni di vecchiaia sembra destinata a un rapido esaurimento. Basti pensare che l’età media alla decorrenza delle pensioni liquidate prima del 1980 era di 54,9 anni. Sono passati 36 anni. Dunque tutti quelli hanno avuto l’assegno con un’età superiore a quella media avrebbero oggi più di 90,9 anni, ben al di sopra di qualsivoglia buona aspettativa di vita. Nell’ipotesi che i più fortunati siano andati in pensione a 44,9 (cioè dieci anni prima rispetto alla media), anche questi avrebbero oggi 80,9 anni con una aspettativa di vita già consumata o vicina a consumarsi.
Per le pensioni ai superstiti e tenendo conto del fatto che interesserebbero prevalentemente le donne, il processo di esaurimento dovrebbe essere meno rapido sia perché l’età media di decorrenza è più bassa (41,35 anni) sia perché le donne vivono più a lungo.
3. La tabella dell’Osservatorio dell’INPS mostra come l’età media alla decorrenza degli assegni sia aumentata nel tempo e come sia cambiata la ripartizione e il peso relativo delle diverse categorie a base previdenziale.
In particolare nel 1991: l’età media alla decorrenza delle pensioni di vecchiaia (e di anzianità) è salita a 56,79 anni e il loro peso ha raggiunto il 78,74% del totale delle due categorie in esame (a confronto di un 39,67% delle corrispondenti liquidazioni anteriori al 1980); e l’età media alla decorrenza delle pensioni ai superstiti è salita a 56,98 anni e il loro peso è sceso al 21,26% del totale delle due categorie in esame (a confronto di un 60,33% delle corrispondenti liquidazioni anteriori al 1980).
In particolare nel 2015: l’età media alla decorrenza delle pensioni di vecchiaia (e di anzianità) è salita a 62,55 anni e il loro peso ha raggiunto il 57,90% del totale delle due categorie in esame (a confronto di un 39,67% delle corrispondenti liquidazioni anteriori al 1980); e l’età media alla decorrenza delle pensioni ai superstiti è salita a 73,89 anni e il loro peso è pari al 42,10% del totale delle due categorie in esame (a confronto di un 60,33% delle corrispondenti liquidazioni anteriori al 1980).
Dunque, rimane confermato il carattere “eccezionale e residuale” della fascia degli assegni liquidati prima del 1980 ed è forzato il tentativo di fare propaganda di un presunto scandalo, frutto di una “previdenza di carattere universalistico” e di un passato in cui «son state fatte delle concessioni eccessive» (Tito Boeri). Gli assatanati fondamentalisti della previdenza di carattere contributivo ne esaltano le “magnifiche sorti e progressive”: pensioni di fame o niente a chi non è stato messo in condizioni di lavorare con continuità e/o con una retribuzione soddisfacente; misere pensioni a chi ha lavorato con continuità e con una retribuzione soddisfacente; buone pensioni a chi ha avuto un buon lavoro, una buona retribuzione e una buona rete di relazioni di potere che ne fanno un privilegiato.
Pensione: la prendono da oltre 36 anni …!?
9 Aprile 2016
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