Martinez, chi è costei? M5S e la formazione dei gruppi dirigenti

18 Marzo 2016
5 Commenti


Andrea Pubusa

 


il comune di cagliari nel riquadro maria antonietta martinez

(Il Comune di Cagliari, nel riquadro Maria Antonietta Martinez)

 

E’ vera legittimazione la candidatura a sindaco di Cagliari con 150 voti e un corpo elettorale online di 207 persone? Così è stata designata l’altro ieri Maria Antonietta Martinez nelle primarie del Movimento 5 Stelle.  La Martinez ha raccolto una percentuale del 72% contro Emilio Floris con 57 voti e il 28%. Si può obiettare che Zedda e gli altri esponenti di partito non hanno avuto neppure questo, neanche un voto popolare. Ed è vero, come è vero che le candidature partitiche sono il frutto di manovre deteriori e bilanciamenti interni alla Casta o alle varie consorterie cittadine. Nel PD spesso sono il frutto di primarie coi brogli. Ed Enrico Lobina, che pure è un buon candidato non omologato alla Casta, chi lo ha scelto? E’ espressione di un’area alternativa che lui si sforza di unire e questo lo legittima, ma si può dire che alla base ci sia una procedura democratica?
Non pongo questi quesiti per quella pregiudiziale ostilità verso i pentastellati di molti sinistri anche non pentiti. Tutti sanno che non sono fra quelli. Ed anzi ho sempre apprezzato e apprezzo le meritorie battaglie dei  5 Stelle, dalla moralizzazione della vita pubblica alla difesa strenua della Costituzione contro lo scasso renziano. Sono anche convinto con Flores D’Arcais che la Casta vada debellata e senza far prigionieri. Già Grillo aveva messo in guardia sul processo di omogeneizzazione del PD al PDL, chiamando il primo, provocatoriamente, PD-L. Quella analisi all’inizio poco creduta e poco credibile, bollata come settaria, a distanza di breve tempo è stata del tutto comprovata dalle vicende che hanno preceduto e seguito le ultime elezioni politiche e dall’anomala maggioranza (perfino con Verdini!) a sostegno di Renzi. Ha ragione Flores quando dice che oggi, la deriva “partitocratrica della rappresentanza ha reso fungibili in un ‘grande centro molle e invariante’ i partiti un tempo di destra e di sinistra, proprio perché ha sottratto la rappresentanza ai cittadini facendola diventare autoreferenziale”, trasformando “la rappresentanza dapprima in gilda […] e infine in inamovibile “Casta”. E’ fuori discussione, dunque, che si debba combattere l’espropriazione della rappresentanza  attraverso un movimento riformatore  che  neutralizzi ”il monopolio sulla vita pubblica dei politici di professione e delle loro macchine elettorali”. 
Si deve dare atto al M5S di avere intrapreso per primo questa lotta “durissima”, data l’impraticabilità di un’autoriforma della Casta.  E su questo metro deve valutarsi positivamente la loro indisponibilità all’alleanza col PD. Tuttavia, le modalità di formazione di gruppi dirigenti del M5S non paiono soddisfacenti, sopratutto ai livelli locali. Sempre meglio degli altri, sia ben chiaro. Bisogna tuttavia ammettere che molto spesso, e salve rare eccezioni, la scelta online mette in campo perfetti sconosciuti, privi di qualunque esperienza e legittimazione sociale, in un contesto non coeso e dunque aperto ad un’endemica conflittualità interna. Gli scazzi e i frequenti cambi di casacca mostrano un’estrema fragilità personale e collettiva della dirigenza locale grillina.  Il governo anche dei piccoli paesi e ancor più delle grandi città richiede invece gruppi dirigenti compatti, riconosciuti e di forte legittimazione sociale prima che elettorale.
Sarò un nostalgico, ma rimango dell’idea che, per compiti di questa complessità, per una lotta generale così difficile e una riforma intellettuale e morale così profonda, occorra un “intellettuale organico” che diriga il processo. D’altronde le esperienze dei girotondi, degli arancioni e simili, dopo la preziosa vampata sul tema del momento, non sono riuscite sedimentare una presenza permanente e costante  della cittadinanza attiva sulla scena pubblica nè a produrre una rappresentanza forte e omogenea a livello istituzionale. Occorre, dunque, un soggetto politico in grado di assicurare la coerenza democratica e una tensione riformatrice permanente, cioè un soggetto politico organizzato. Ma questo si può costruire “dal basso”, per esempio con la partecipazione e le decisioni online? Questo sembrano pensare Grillo e Casaleggio. Ma, mentre il web ha assicurato ai 5 Stelle uno straordinario successo a livello nazionale ed un ruolo di primo piano nella politica del Paese, non altrettanto sembra accadere a livello locale.
Al di là delle critiche, spesso non disinteressate o pregiuziali, si deve ammettere che le elezioni politiche hanno consentito al M5S di  far emergere un nucleo dirigente interessante e affidabile (i Di Maio, i Di Battista ecc.), migliore anni luce, dal punto di vista etico e della coerenza costituzionale, rispetto ai trafficanti dei partiti; tuttavia il web non sembra dare esiti all’altezza dei compiti nelle Regioni e nei Comuni. Occorre, dunque, inventare qualcos’altro. Flores parla di un impulso “dall’alto”, attraverso un atto di fondazione, senza un modello organizzativo preventivamente stabilito, dove la quasi permanente mobilitazione della società civile si saldi con “una fortissima leadership carismatica, capace di inclusione antisettaria”. E delinea la necessità di  un “ethos” inclusivo sul quale innestare la plausibilità dell’ipotesi di un “quasi comunismo” (alternativo al comunismo ed alla socialdemocrazia),  cioè un disegno generale dell’organizzazione sociale.
La tesi è intressante ed è molto vicina alla pratica dei pentastellati. Tuttavia, mentre è visibile in loro la ferma coerenza nella lotta al monopolio paritocratico, non altrettanto positivamente può valutarsi la formazione dei gruppi dirigenti locali, dove la frequente scomposta conflittualità li avvicina, almeno quanto ai modi, ai partiti tradizionali, con grave discredito per la pur meritoria battaglia nazionale. Insomma, auspicare qualche correttivo nella formazione della dirigenza nei territori sembra ragiovole  e necessario, senza mettere in discussione la ispirazion di fondo, anzi per inverarla. Un primo passo? Anzitutto annoverare fra i requisiti dei candidati alle cariche più importanti anche quelli della autorevolezza e della riconosciuta legittimazione sociale. Che senso ha mettere in capo alle liste emeriti sconosciuti, privi spesso di qualsivoglia esperienza sociale? Non esistono, in tutti i campi, personalità di specchiata moralità e di riconosciuti competenza e prestigio fra i quali far cadere la scelta online? Insomma, occorrerebbe, mutatis mutandis, fare come per la penultima elezione del Presidente della Repubblica. In quella occasione i nomi messi in campo dal M5S si chiamavano Stefano Rodotà, Gino Strada, Gustavo Zagrebelsky, Romano Prodi e simili. Furono accolti con grande favore dall’area democratica, e, con una maggiore accortezza, anche dell’allora segretario del PD Bersani, forse avremmo avuto un’altra storia. Inoltre la ricerca dei candidati più importanti fra figure di riconosciuto rigore morale e sperimentata pratica sociale verrebbe ad introdurre nel M5S quella “virtù di non ambire”, la cui diffusa mancanza è la fonte della frequente conflittualità interna. 
Insomma, rispetto per la Martinez, vedremo di scoprirla, speriamo ci sorprenda positivamente, è certo meglio di un candidato sotto processo o scelto, nell’oscurità, dalle consorterie cittadine. Ma - insisto - la formazione di gruppi dirigenti per il governo alternativo delle città e dei piccoli comuni è processo più complesso e richiede molto di più della semplice elezione, con pochi voti, di un Carneade.

5 commenti

  • 1 CAGLIARI 2016. Dibattito su/per la città dentro la campagna per le elezioni comunali | Aladin Pensiero
    18 Marzo 2016 - 10:16

    […] Andrea Pubusa su Democraziaoggi […]

  • 2 Bachisio
    18 Marzo 2016 - 10:47

    Carissimo Andrea,
    il tema che poni al di là del richiamo ai due candidati sindaci nel Capoluogo, riveste grandissimo interesse anzi direi è dirimente per la prospettiva possibile verso un nuovo e moderno corpo intermedio nel campo largo del sistema dei valori e dell’organizzazione politica della sinistra di questo primo secolo del terzo millennio.
    Come viene rilevato con lucidità e con riferimenti altrettanto importanti, il tema dell’esercizio dei poteri del cittadino-sovrano nn sono stati risolti come Tu ben analizzi anche da coloro che teorizzando unatestaunvoto poi alla prova degli 8000 Comuni cioè in competizione in tutte le altre articolazioni istituzionali della Repubblica Italiana hanno mostrato e mostrano la corda.
    Alla questione non si è sottratta sin dall’inizio come si può leggere nel documento politico costitutivo, pubblico sin da giugno 2015, nemmeno Cagliari Città Capitale, laddove ha previsto con il metodo come dici Tu, mutatis mutandis, adottato dal M5S per la penultima elezione del Presidente della Repubblica, e fatto questo passaggio dirimere la selezione della leadership: o attraverso la discussione politica tra i contraenti il patto, oppure attraverso procedure di partecipazione diretta e voto tra candidati-concorrenti sia indoor prima che outdoor dopo, in caso di alleanze più larghe in presenza di contendibilità delle candidature a sindaco.
    Quando Tu correttamente poni il quesito “… Enrico Lobina, che pure è un buon candidato non omologato alla Casta, chi lo ha scelto?” La risposta, che ovviamente non è risolutiva del tema di fondo oggetto della riflessione, è stata per quanto riguarda CCC e la sua leadership quella sopra descritta, una via di mezzo tra il metodo suggerito da Flores e da Te richiamato e il sistema Grillo, unatestaunvoto qualora si fosse reso necessario.
    *Coordinatore Unità Politica Cagliari Città Capitale

    Risposta

    Caro Bachisio,
    pur non avendo seguito, passo passo, la candidatura di Enrico Lobina, ho intuito ch’essa è frutto di una consultazione interna all’area di riferimento, d’altronde Enrico, per il suo ben noto impegno politico e sociale fin dai banchi del liceo, certamente risponde a quei criteri di sedimentata visibilità sociale di cui ho parlato. /A.P.)

  • 3 Tonino Dessì
    18 Marzo 2016 - 15:29

    Caro Andrea, condivido in toto le tue riflessioni, salvo un punto. Se esistesse, quell’intellettuale collettivo non dovrebbe ritrarsi dallo scommettere -selezionandoli sulla base di requisiti di solidità umana, etica, culturale- anche su persone che non siano già “personalità”. Quivis de populo non significa automaticamente imbecille. Anzi, più vado avanti, più le riflessioni sulle mie esperienze mi inducono a constatare che molte “personalità” sono state sopravvalutate (prova a far memoria di conoscenze comuni) e si son rivelate, alla prova dei fatti, degli autentici disastrosi bidoni. Infine, per quanto non sottovaluti il problema della leadership, ritengo che in un processo collettivo organizzato le leadership si rivelino in progress. Non si nasce leader e non mi infatuerei del termine “carismatico”. Molti leader carismatici, nella storia, ci hanno messo parecchio a diventare e l’uno e l’altro. Quindi, salvo controindicazioni specifiche e ad onta della procedura un po’ contorta, alla fin fine diamo atto che M5S ha scelto a Cagliari nella signora Martinez una candidatura passabile (son circolati nomi assai peggiori). Vedano loro e lei, adesso, come guadagnarsi, se hanno capacità reali, un consenso elettorale.

  • 4 admin
    18 Marzo 2016 - 21:19

    Andrea Pubusa

    Caro Tonino,

    quanto tu dici è vero. Ma a me preoccupa la conflittualità endemica, il tatticismo deteriore a fini personali o di piccola consorteria. La mia proposta, forse ingenuamente, cerca di individuare degli antidoti a questo andazzo, ormai intollerabile. Una impraticabilità di campo che ha espulso molti di noi dalla politica attiva.
    Comunque, per persone autorevoli non intendo “personalità”, ma buoni cittadini, che, nelle loro attività quotidiane, hanno sempre dato prova di applicazione e serietà e che nella loro postazione di lavoro hanno sempre operato per far avanzare soluzioni democratiche. Certo, in vita nostra bidoni ne abbiamo visto e preso tanti, nei ripetuti tentativi - quando eravamo fra i decisori - di ricercare buone candidature. Talora, i buoni cittadini erano tali solo perché mai erano stati messi alla prova. Abbiamo però visto anche il contrario, cioè il caso di compagni, a cui non avremmo dato il valore di una lira, e che, invece, responsabilizzati, si sono dimostrati di grande valore.
    Certo la Martinez è meglio di altri, specie di chi, essendo sotto processo, non dovrebbe offenderci con la sua candidatura. La pregiudiziale va posta nei confronti di costoro, la Martinez va seguita con rispetto e interesse. Enrico Lobina, fintanto che neppure remotamente porta acqua al mulino renziano, è da tenere in considerazione perché è sempre stato un valoroso combattente, presente nei movimenti e molto disponibile al dialogo. Non averlo in Consiglio comunale mi pare una perdita.

  • 5 gianfranco bitti
    18 Marzo 2016 - 22:19

    Caro Prof.,
    Condivido buona parte delle sue riflessioni sull’importanza dei meccanismi di scelta dei candidati. Ho fatto il presidente di seggio per le primarie del PD in diverse occasioni, prima con entusiasmo (vedere la gente che vota mi piace) e, dopo quelle che portarono alla vittoria di Bersani (ma se avesse vinto Renzi sarebbe stato lo stesso) certo le meglio organizzate ed appassionanti, con crescente disagio, poi, per il crescente svilimento dello strumento, rovinato dalle tattiche dei gruppi interni e dai lori accordi di puro potere che hanno allontanato dal voto i non schierati. Hanno rovinato irrimediabilmente un possibile strumento di selezione attratti dalle vecchie pratiche. Non mi esprimo sui cinque stelle se non per dire che un voto on line è meglio di niente. Per venire a Cagliari Città Capitale, di cui invece, ho seguito l’intero percorso per conto del circolo politico Me-Ti. Si tratta di una novità sia per come è nato (con un documento politico impegnativo ed un codice etico), per essersi caratterizzato come un movimento aperto ed inclusivo, per aver costruito la solidarietà tra i gruppi associati (una decina tra associazioni e gruppi e due partiti) e la fiducia reciproca nella condivisione, sia dei momenti di lotta (per la casa e l’occupazione, contro le basi militari, i referendum costituzionale e contro le trivelle, con i movimenti di genere, ed altre) che di alcuni temi di fondo sul governo della città. Alcuni che avevano partecipato agli esordi si sono poi allontanati (diremmo, con cattiveria, perché non hanno visto prospettive di carriera) altri sono arrivati e, speriamo, arriveranno. Enrico Lobina è stato proposto, in questo contesto molto seminariale, da uno dei movimenti (SSS) e non ci sono state atre proposte, nel cui caso si sarebbe arrivati a primarie aperte. Una cosa che nasce dal basso, e che non si vorrebbe limitare alla semplice conquista di un posto in consiglio comunale, nella quale Lobina pesa come gli altri.

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