Gigi, a cento!

15 Marzo 2016
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Andrea Pubusa

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A chi - come me - si è iscritto in Giurisprudenza a metà degli anni ‘60 sono capitate tante fortune. Ad esempio d’incontrare professori come Lino Salis, Franco Ledda, Umberto Allegretti, Vincenzo Bonocore, Enzo Cheli, poi giudice costituzionale, per citarne alcuni. E poi un giovane prof. che certo non poteva passare inosservato,  Luigi Concas, che allora però teneva un corso agli studenti di Scienze politiche, ancora inglobata in Giurisprudenza.
L’impatto col Prof. Concas non era facile. Faceva sempre l’avv. e sempre il prof. Sempre in toga e sempre in cattedra! Era difficile con lui, a primo acchito, avere una  relazione normale: in noi giovani incuteva soggezione la sua fama di avvocato, la sua cultura giuridica, il suo modo di fare. Ma il tempo ha sciolto questo diaframma e ha chiarito tante cose. Anzitutto, per noi allora giovani ”contestatori”, Concas si manifestò subito come un democratico, per la sua costante presenza nelle battaglie culturali progressiste. Mentre oggi la si scassa, allora la Costituzione in molte parti era ancora da attuare e lui era sempre dalla parte di chi premeva per l’adeguamento della legislazione, sopratutto sul diritto di difesa, ma non solo. Lo ricordo ancora agitare soddisfatto nell’andito della Facoltà una sentenza della Corte costituzionale (forse la sentenza n. 86 del 1968) che estendeva il contraddittorio nella istruttoria penale.  Ed era sempre invitato e presente ai dibattiti, organizzati talora dagli studenti, sui temi della democratizzazione e della modernizzazione del nostro ordinamento. Mi è rimasta impressa la sua partecipazione ad una assemblea sul terrorismo delle BR. Quando ancora il fenomeno era agli inizi e c’era chi non era con le BR ma neanche con lo Stato (”nè con le BR nè con lo Stato“), organizzammo un’assemblea in Facoltà in cui  presi (aderivo allora al Manifesto) una posizione ferma e appassionata contro la violenza terroristica. Lui, ovviamente, era sulla stessa sponda, ma alla fine del dibattito mi manifestò apprezzamento insieme ad un altro giurista di spicco, Antonio Porcella, allora docente di diritto  del lavoro a Economia, magistrato valoroso, futuro Presidente del Tribunale. Intuiva che solo una rete ampia di ferma reazione civile poteva tolgliere l’ossigeno al terrorismo.
Di Concas mi hanno sempre colpito alcuni tratti. Anzitutto ha sempre avuto il gusto delle garanzie, e questo, per me, è l’elemento che caratterizza il vero giurista. E Gigi lo è in sommo grado perché garantista impenitente. Ha poi l’indipendenza di pensiero propria dell’intellettuale vero. E’ un uomo libero. Non è un caso che Gigi non sia mai stato arruolato da nessuno, che non sia mai stato coinvolto in presidenze o CDA. Ormai quei ruoli si ricoprono solo se si risponde a chi (personaggio politico o gruppo) ti nomina o ti designa. Luigi sta a queste cose come il diavolo all’acqua santa. Un vero esempio nel degrado attuale dei molti prof. e maitre a penser a libro paga, sopratutto della Regione e del governo. Si può osservare che il prof. non avesse bisogno di prebende o gratificazioni, viste quelle importanti della professione e della cattedra. Ed è vero, ma questo aspetto spiega solo parzialmente la sua condotta. E’ sicuro ch’egli si è sempre sentito avvocato e che non avrebbe scambiato con nulla la toga, ma è più vero che è l’autonomia di giudizio che lo ha reso incompatibile con l’intruppamento. E - si badi - fino a qualche decennio fa c’erano anche raggruppamenti “nobili” e virtuosi: pensate ai gruppi della c.d. “Sinistra indipendente”  alla Camera  al Senato, che ha consentito al PCI di mandare in Parlamento i maggiori intellettuali dell’area democratica come Napoleoni o Rodotà.
L’indipendenza ha caratterizzato anche la sua opera di avvocato, rispettoso dei giudice e delle altre parti, ma, al tempo stesso consapevole e strenuo difensore, fino all’asprezza, della propria alta funzione.
In facoltà passava per essere severo ed ho, per molto tempo, condiviso con lui e Luminoso questa fama. In realtà, nessuno più di Concas sapeva  e sa quali delicate funzioni può svolgere un laureato in leggi, quante belle cose può fare, se è all’altezza, e quanti disastri, se è impreparato. Gigi ha sempre visto nel giovane studente l’avvocato, il giudice, il funzionario di domani. Il suo non era malanimo nei confronti dei giovani, ma responabilità verso di loro e verso la società, preoccupazione seria per il loro futuro, esortazione all’impegno serio. Non è un caso ch’egli in tutte le sue interviste torni sempre sui giovani, insista sulla necessità che studino, che siano all’altezza. Certo, nel lassismo imperante, molti al prof. esigente, preferiscono quello che ti dà la pacca sulla spalla e ti manda allo sbaraglio. Ma qui stiamo parlando di un prof. vero, come Gigi è sicuramente stato.
L’altro giorno l’Ordine degli avvocati lo ha premiato per i 60 anni di professione. Mai come per Luigi Concas questo riconoscimento  ha una valenza non solo temporale, pur importante, ma anche profondamente e pienamente sostanziale.
A cento, Gigi!

1 commento

  • 1 Andrea
    16 Marzo 2016 - 10:16

    A chi, come me, si è iscritto in Giurisprudenza 30 anni è incappato in minor fortune.
    Ho (abbiamo noi) ricordi diversi qualcuno dei Prof da Lei citati. L’aggettivo “severo” utilizzato … è, dallo studente intelligente e che ha a cuore la propria preparazione auspicato… La prassi, però, del c.d. “blocco dello statino” per la quale il malcapitato non poteva, ad avviso insindacabile (sic) del docente ripetere l’esame il mese successivo può, anch’esso, ricondursi alla qualifica di severo? Può il ricordo mnemonico delle virgole di un testo\codice rappresentare indice di conoscenza della materia?
    Ho (abbiamo noi) poi, conosciuto ed affrontato un’amministrazione miope che, in barba alle leggi, aveva una concezione tutta sua dell’autonomia di cui gode l’università. Lei ricorda, perché ne fu coinvolto, di quel che accadde “regnante” Melis. Fu quello un periodo nel quale i freddi numeri contabili miravano a soppiantare le persone. La finzione, rappresentata dal voler obbligare gli iscritti (fuori corso - decadenti) ad un passaggio obbligato ad un ordinamento di Moratti concezione, veniva concepita come la panacea di tutti i mali ed avrebbe dato, dell’università cagliaritana, una falsa rappresentazione.
    Solo la caparbietà e la preparazione degli “imbecilli” di cui sopra seppe riportare le cose nel solco della legalità. Ricordo ancora, con amarezza, gli sberleffi che subivamo durante gli incontri in Rettorato, nei quali venivamo chiamati i dottori, gli avvocati, quando tentavamo di ragionare sulle ragioni poi espresse dal Consiglio di Stato (sul Tar Sardegna un velo pietoso).
    Ecco, Prof, io la invidio! Lei, dai suoi racconti, descrive una facoltà che avrei (avremmo) voluto anche noi vivere, nella quale i Professori t’insegnassero, materia a parte, l’amore per la Costituzione e per quei diritti fondamentali che ogni giorno, nel silenzio, vengono calpestati.
    Chi come me (come noi) non ha più l’ambizione di diventare avvocato, causa ritardo nel conseguimento del titolo accademico, ha come unico stimolo nel proseguire quello della conoscenza, dell’acquisizione della capacità di ragionamento.
    Molti di noi sono lontani dagli agi e lavorano da tempo per potersi garantire gli studi. Hanno dovuto sopperire a mancanze rimboccandosi le maniche e sottraendo del tempo prezioso ai propri sogni universitari.
    Dalla nostra università ho appreso, in primis, come non voglio essere un domani! Il dialogo ed il rispetto reciproco, unito alla voglia di comprendere, nel dettaglio, il perché tante situazioni si verifichino (non tutte classificabili sotto la voce mandronia) guida e guiderà le mie scelte future.
    A Cent’anni

    Rirposta

    Caro Murru,

    che noi prof. talora esageriamo è vero. Anch’io spesso m’interrogo sulla opportunità di certe mie “esternazioni”. Tuttavia, a parte il rispetto che dev’essere sempre di tutti e reciproco, bisogna anche ammettere che ci sono talora studenti che si presentano all’esame senza avere neanche le nozioni fondamentali della materia. In questo caso, è possibile, anch’io l’ho fatto tante volte, che si dica allo studente di non presentarsi il mese successivo. Tuttavia, questo invito nasce dall’aver accertato che la preparazione è così in alto mare, da necessitare di tempi più lunghi. Così come spesso si invita lo studente meritevole di un 18, ma con evidenti potenzialità, a ripresentarsi il mese successivo al fine di consentirgli di completare la preparazione, fare un esame brillante e prendere un voto alto.
    Spesso questi comportamenti vengono intesi in malam partem, contro lo studente, mentre tendono a migliorare la preparazione, la votazione e l’autostima del giovane.
    C’è da dire che ormai i corsi e le lezioni con i nuovi sistemi sono una corsa ad ostacoli e molti studenti hanno introiettato questo messaggio dannoso secondo cui ciò che conta è la velocità nel dare gli esami e non l’approfondimento.
    Tornando al rispetto, parlando con franchezza, penso che lo studente che si presenta all’esame senza i fondamentali sia irriguardoso non solo verso il prof., ma sopratutto verso se stesso.
    Quanto alle vere e proprie idiozie burocratiche e regolamentari (ricordo quelle contro i fuoricorso), lei ben sa da quale parte sto e quale è la mia opinione, anche perché non ho mai celato il mio pensiero per quieto vivere. (A.P.)

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