ANPI: uscire dalla crisi nel segno della Costituzione

14 Marzo 2016
1 Commento


Antonello Murgia

Del congresso della Sezione ANPI “Silvio Mastio” di Cagliari abbiamo già parlato. Ecco ora alcuni stralci della relazione introduttiva del Presidente uscente.

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Questa stagione congressuale dell’ANPI viene a cadere in una fase molto delicata della vita del Paese a causa sia della crisi economica che della crisi di democrazia. La prima ha colpito l’Italia in modo più pesante rispetto a Paesi di analogo livello socio-economico e culturale e si fa fatica ad intravedere segnali di ripresa. La crisi di democrazia si manifesta con la manomissione della Costituzione da parte di una maggioranza parlamentare non legittimata a farlo e con il problema morale divenuto ormai emergenza e di cui le collusioni fra parti delle nostre istituzioni e criminalità organizzata e l’alto numero di condannati o inquisiti nel nostro Parlamento costituiscono la preoccupante cartina di tornasole.
La crisi economica e quella di democrazia sia in Italia che altrove non costituiscono fatti separati ed indipendenti: quel capitale finanziario che con la sua sfrenata ideologia liberista è il maggior responsabile della crisi economica e delle crescenti disuguaglianze sociali, è lo stesso che, come molto opportunamente ha fatto notare il nostro Comitato nazionale nel documento congressuale, propone, per uscire dalla crisi, l’abbandono delle Costituzioni antifasciste. Illuminante, a questo proposito il poco conosciuto ma importante lavoro dal titolo “The Euro area adjustment: about halfway there (La rettifica della Eurozona: circa a metà strada)” pubblicato da JP Morgan il 28.05.2013 e nel quale per la prima volta dei banchieri esprimono in modo chiaro il loro punto di vista: oltre alle manovre economiche e finanziarie, occorre assolutamente ridimensionare l’“eccesso di democrazia” se si vuole rimanere aggrappati alla moneta unica. Ed è preoccupante quanto le modifiche costituzionali recentemente votate dal Parlamento italiano siano in sintonia con quel punto di vista.
In tema di politica internazionale l’altro dato di forte preoccupazione è l’escalation dei focolai di guerra: e se da un lato è positivo che il Presidente del Consiglio abbia al momento negato il coinvolgimento diretto di un contingente militare italiano in Libia, è sicuramente meno tranquillizzante, per noi sardi, il permanere in misura invariata, nonostante le promesse di ridimensionamento, delle servitù militari che nell’autunno scorso sono state teatro della Trident Juncture, l’esercitazione europea più imponente dalla caduta del muro di Berlino. Se a questo si aggiunge che la fabbrica di bombe di Domusnovas sta rifornendo l’Arabia Saudita per il bombardamento dello Yemen, dove sono stati colpiti anche scuole e ospedali, una riflessione sul tipo di sviluppo che si ha in mente sembra quantomeno doverosa. Dal punto di vista istituzionale, la Sardegna presenta problematicità analoghe a quelle nazionali a causa di una legge elettorale che confligge con il principio di rappresentatività, per via di un consistente premio di maggioranza alla coalizione vincente unito a soglie di sbarramento molto alte, non garantisce maggiore governabilità e ostacola il rinnovamento del quadro politico.
Venendo alla nostra associazione, dice il Comitato Nazionale nel documento congressuale, cito testualmente: “condizione principale, per sopravvivere e andare avanti è che la memoria – pur attiva – non resti l’unico nostro impegno”. E gli altri impegni imprescindibili vengono individuati nei seguenti temi: pace, superamento delle disuguaglianze sociali, intransigente difesa della Costituzione e dei suoi valori, libertà e uguaglianza, antifascismo, legalità, difesa dei Diritti, libertà d’informazione, istruzione, Giustizia. Sono temi che alla nostra Sezione sono stati cari fin dal principio; su di essi tornerò a proposito delle cose fatte e da fare, ma mi piace sottolineare la perfetta sintonia di idee e di programmi con la dirigenza nazionale.
Per quanto riguarda la difesa dei Diritti fondamentali, tema che racchiude e compendia tutti gli altri, ricordo che assieme all’ASARP, all’associazione 5 novembre e al comitato Stop-OPG, siamo stati ideatori, promotori e conduttori del Mese dei Diritti, rassegna che dal 2012, dal 10 novembre al 10 dicembre, vede coinvolte ogni anno numerose associazioni in convegni, proiezioni, pedalate, manifestazioni, spettacoli, tutti all’insegna di quella cultura dei diritti umani sanciti dall’assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948 e che oggi risultano messi in discussione, magari non come enunciato teorico, ma come pratica sempre più lontana. In questi anni, per fare solo due esempi, abbiamo assistito, sullo scenario internazionale, alla devastazione di nazioni che è stata chiamata mantenimento della pace (“peace keeping”), e sullo scenario nazionale alla trasformazione della scuola, formatrice di cittadini consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri, in un’azienda preoccupata soprattutto di bilanci e dell’erogazione di competenze tecniche professionali, tanto da prevedere, anche nei licei, un monte ore di lavoro da prestare nelle aziende gratuitamente, anche da parte degli studenti minorenni.
Altro tema importante per l’ANPI è quello dei giovani, senza il coinvolgimento dei quali non è possibile il passaggio di testimone, il trasferimento dei valori nei quali ci riconosciamo, alle future generazioni.
Ultima cosa di cui mi preme parlare rispetto alle cose da fare, è la questione delle modifiche costituzionali che il Parlamento ha recentemente approvato e che in ottobre dovranno essere sottoposte a referendum confermativo. Si tratta di modifiche molto lontane dallo spirito che animò Padri e Madri Costituenti, modifiche che tra le altre cose ampliano il potere esecutivo a scapito di quello legislativo ed indeboliscono il ruolo degli organismi di controllo. Sono già uscite molte analisi critiche sulla materia: mi permetto di segnalare fra le tante quella di Gustavo Zagrebelsky pubblicata qualche giorno fa sul Fatto quotidiano. L’ANPI sia nazionale che locale ha già preso una netta posizione contro le modifiche ed ha aderito al Comitato per il NO al referendum che sta già lavorando alacremente per informare nel modo più completo possibile gli elettori sull’argomento: ieri sera all’Hostel Marina il Comitato cagliaritano ha ospitato la costituzionalista Silvia Niccolai che ha presentato una relazione molto interessante sulla modifica del Senato e sul senso complessivo della “riforma”. La battaglia non è facile, perché la maggior parte dei partiti è schierata per il SI e così pure gran parte dei mezzi di comunicazione. Però i primi sondaggi danno in vantaggio il NO e, cosa molto importante, nel referendum confermativo, come sapete, non è necessario il quorum. Certo, per vincere il referendum, sarà necessario l’impegno di tutti da qui ad ottobre: dobbiamo documentarci al meglio e non dobbiamo stancarci di informare i cittadini, se vogliamo che la Costituzione nata dalla Resistenza non venga manomessa in modo irreparabile.
SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE A TUTTI!

1 commento

  • 1 francesco Cocco
    14 Marzo 2016 - 18:09

    Bene, caro Antonello, francamente cominciavo a preoccuparmi per il lungo silenzio :che senso avrebbero l’ ANPI e l’ ANPPIA senza una strenua difesa della Costituzione repubblicana ? La presa di posizione per il NO è un atto in difesa dei valori dell’ antifascismo. Dobbiamo avere la tenacia di difendere i nostri valori con un’ azione capillare.

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