Gianna Lai
Su richiesta del prof. Girolamo Sotgiu, Gianna Lai si è occupata, negli anni Novanta, della Biblioteca di Renzo Laconi, che era stata a Sotgiu affidata dal Partito Comunista italiano, nominato erede dalla madre di Laconi.
Questo scritto riproduce in parte, con alcune modifiche, la nota introduttiva al volume ’La biblioteca di Renzo Laconi’, Catalogo curato da Gianna Lai, per le Edizioni CUEC, nel 2000.
Nello scorrere i titoli della biblioteca di Laconi vien da pensare all’alto spessore culturale dei dirigenti comunisti e, ahinoi!, al mediocre livello di quelli dei partiti attuali.
Attraversa lo spirito del nostro tempo la Biblioteca di Renzo Laconi, e ne traccia la storia delle idee e le vicende dell’editoria, dall’Unità nazionale fino agli anni Sessanta, testimonianza di una cultura cosmopolita, aperta e libera da ogni dogmatismo. Dei quattromila volumi che la compongono, oltre la metà appartiene alla poesia e alla narrativa, nei generi e nelle forme più rappresentative di un’epoca, caratterizzata dal crescente interesse popolare per la letteratura. Seguono filosofia, storia, politica.
Centinaia le pubblicazioni Treves, Sonzogno, Vallardi, Barbera, Le Monnier e di tutti quegli editori che, tra il secondo Ottocento e i primi decenni del Novecento, produssero e diffusero, anche in veste economica, la nuova letteratura dell’Italia Unita, espressione della civiltà borghese e delle idee di progresso di vasti strati di intellettuali. La cultura europea e la filosofia positivista, gli scritti di divulgazione scientifica, di politica e di storia, i narratori del Naturalismo francese, del Realismo russo e del Verismo italiano, caratterizzano questa parte della Raccolta, nelle opere di Spencer, Compayré, Büchner, Colajanni, Gioberti, Quinet, De Balzac, Tolstoj, De Roberto e Verga. Che si affiancano alle edizioni coeve dei classici italiani, da Machiavelli, Guicciardini e Castiglione, a Sacchetti, Vasari, Vico e Carducci. E poi il romanzo popolare europeo e le traduzioni degli autori stranieri, Hugo, Dumas, Verne, Sue, Montepin, editi tra il 1854 e il 1881, quando ancora in Italia mancava una produzione letteraria del genere, mancando, per citare Gramsci, ‘un’identità di concezione del mondo tra scrittori e popolo’, ed erano sopratutto i narratori francesi ad affascinare il lettore.
Volendo studiare la letteratura nel suo rapporto con la società civile, Laconi ha la curiosità di indagarne narrazione e contenuti anche nella lingua originale, e questo spiega la presenza in Biblioteca delle oltre cinquecento edizioni francesi, da Nelson a Magdaleine, Flammarion, Charpentier, Levy, fino a Payot, Baillière, Hachette e Gallimard. Insieme ai classici della letteratura, come Corneille, De La Fayette, Dickens, De Goncourt, Zola, Proust, Cocteau e a una bella edizione del 1869 del Don Quichotte di Cervantes, esse comprendono opere di cultura storica, filosofica e politica negli scritti di Diderot, Max Weber, Freud, Camus e Soboul, ma anche la letteratura di evasione, da Feuillet al Maigret di Simenon.
Delineano in Biblioteca il nuovo secolo le edizioni Salani, Bocca, Zanichelli, La Scaligera, Barion, Il Corbaccio, La Nuova Italia e Cappelli. Le belle collane della UTET, curate da Attilio Momigliano e di Einaudi (dal 1933), curate da Leone Ginzburg, e di Laterza, Sansoni e Vallecchi, rispettivamente dirette da Croce, Gentile e Codignola. I duecento titoli della Cultura dell’anima di Carabba, ‘Collezione di libri insigni per arte e sapienza, nutrimento piacevole per lo spirito, gentile ornamento per la casa’. E poi la Piccola Biblioteca di Scienze Moderne, pubblicata da Bocca, la Biblioteca del Popolo di Sonzogno, e le Collane di Paravia, Dumorald, Sandron, Loffredo, STEN, Trevisini, SEI e Morano. Vi si possono leggere scrittori, poeti e autori di teatro, italiani e stranieri, da Mazzini, Romagnosi, Nievo, De Sanctis, Pascoli e Pirandello, a Shakespeare, Goethe, Ibsen, Baudelaire, Wilde, James, O’Neill, Tomas Mann e Tagore; la filosofia dei grandi pensatori, da Platone, Aristotele e Seneca, a Cartesio, Galileo, Locke, Leibniz, Kant, Rousseau e Kierkegaard; la sociologia del Pareto e la storia del Momsen e del Duruy, e gli scritti politici di Cattaneo, Villari e De Viti DeMarco. E la Crisi della civiltà di Huizinga. Di quello stesso periodo, le pubblicazioni degli Atti delle Assemblee Risorgimentali e un Trotzky edito a Buenos Aires, nel 1920.
Come in un labirinto, i sentieri della Biblioteca si biforcano all’infinito, ma se ne può recuperare l’orientamento ripartendo da Gramsci, Gobetti e dall’Estetica di Croce, i grandi maestri che hanno dato carattere originale al nostro Novecento e contrastato, da distinte posizioni, la cultura europea della reazione antipositivista, in Biblioteca nelle opere di Nietzsche, Blondel e Spaventa, della involuzione borghese verso le correnti nazionaliste, nelle opere di D’Annunzio, Papini e Oriani. Quasi a delineare il percorso di vita che segna il passaggio del giovane Laconi dall’educazione fascista, all’interesse per il materialismo positivistico, all’idealismo crociano degli anni universitari, fino al nuovo orientamento antifascista, così come per tanti intellettuali del tempo, che coincide con l’adesione al materialismo storico e al marxismo, al Partito Comunista negli anni della guerra, fino alla cultura gramsciana del dopoguerra. Le Lettere dal carcere, I Quaderni e La rivoluzione liberale, introducono allo straordinario panorama degli anni Cinquanta, che si apre con l’approfondimento del dibattito sul pensiero marxista negli scritti di Rosa Luxemburg, Lukacs, Labriola, Mondolfo e Della Volpe. E poi l’Esistenzialismo e la filosofia dell’alienazione in Sartre e Gide, e le correnti dell’antidogmatismo, da Cassirer a Russell. E le Scienze umane, insieme alla letteratura italiana, europea e anglosassone, quella calata dentro la storia che, seguendo la tradizione dell’impegno e del realismo, fa crescere una vera e propria civiltà del romanzo: Pavese, Calvino, Gadda, Moravia e Pasolini, tra gli italiani, Hemingway, Dos Passos, Kafka, Musil, tra gli stranieri. Si tratta di opere edite tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta e Sessanta, che in Biblioteca possiamo leggere nelle pubblicazioni delle grandi case editrici del tempo, Einaudi, Mondadori, Longanesi, Garzanti e Feltrinelli. E poi nei titoli delle Edizioni Rinascita e delle Edizioni in Lingue Estere, che pubblicano Marx e i Classici del marxismo, da Lenin a Mao; in quelli di Cultura Sociale, e nei cento titoli degli Editori Riuniti. Nella raccolta completa, infine, dell’Universale Economica del Canguro, edita dalla Cooperativa del Libro Popolare dal 1949 al 1954, con i suoi duecento titoli. Letteratura, storia e filosofia, scienze, teatro, grandi avventure, cinque serie dirette al largo pubblico e curate da Marchesi, Salinari, Montale, Russo, Platone, Del Buono, Geymonat, Musatti e Pavone. Fu il Catalogo della Colip una iniziativa editoriale tra le più interessanti, promossa dal Partito Comunista nell’Italia del dopoguerra che, in copertina, sollecitava i lettori a ’segnalare opere di autori italiani e stranieri, classici o moderni, ritenute valide per dare un serio contributo alla cultura contemporanea’. E che pubbicava Gramsci, Marx e Croce. E poi Boccaccio, Gogol, Conrad, Melville, Poe, e le Avventure del buon soldato di Hasek; Leonardo, Laplace, Darwin, Hume, Stuart Mill, Robespierre, Pisacane, e il Compendio del Capitale di Cafiero, e la Vita di Gesù di Renan. E il Trattato sulla tolleranza di Voltaire, tradotto da Palmiro Togliatti, un mese dopo la messa all’Indice da parte della Chiesa.
Molta attenzione Laconi ha dedicato a questa parte della Biblioteca, che segna la profonda cultura dell’intellettuale dirigente di Partito, sopratutto alle produzioni più recenti, sia nelle opere di letteratura, Montale, Gadda, Levi, Pasolini, Garcia Lorca, Brecht e Majakovskij, e di filosofia, Garin, Iemolo, Venturi e Calogero; sia nei saggi di politica, economia e storia dell’Italia moderna e contemporanea, Alatri, Saraceno, Mosca, Saitta, Fanfani, Santarelli, Omodeo, Salvatorelli e Candeloro; sia in quelli su Rivoluzione e Democrazia, Movimento operaio, contadino e socialista, problemi di storia del capitalismo e delle grandi società del tempo, America Cina e Russia. In un confronto con la cultura più avanzata del dopoguerra, la Rivoluzione d’Ottobre e la nascita dei partiti comunisti, nei saggi di Togliatti, Longo, Amendola, Della Peruta e Spriano; la profonda frattura determinata dal fascismo e dalla Seconda guerra mondiale nelle opere di Chabod, Mortati, Secchia, Livio Bianco, Bonomi, Duval e nel Carteggio Roosevelt- Stalin-Churchill; i grandi mutamenti del dopoguerra in Italia, il consolidamento della Democrazia Cristiana e l’opposizione del Partito Comunista, negli scritti di Boffa, Salvadori, Scoccimarro e Ingrao; la Questione meridionale e la questione della terra, il Sud e le agitazioni dei contadini, la riforma agraria e l’autonomismo sardo, rispettivamente in Salvemini, Sereni, Grieco, Dorso, De Ruggero, Galanti, Medici, Lussu. E poi Dobb, Ragionieri, Ferrara, e Fiori con la sua Vita di Antonio Gramsci; e i documenti sui Congressi e sulle Conferenze del Partito Comunista Italiano e del PCUS.
A voler seguire ancora l’itinerario della Biblioteca, questi temi si intrecciano, da un lato, con il dibattito che sta dentro le Riviste di cultura storica, politica e letteraria degli anni Cinquanta e Sessanta, Critica marxista, Società, Cronache Meridionali, Nord e Sud, Il Contemporaneo, dall’altro, con quello documentato nei voluminosi Atti della Assemblea Costituente e del Parlamento Repubblicano. Alla Costituente, dove fece parte della Commissione dei 75, e poi in Parlamento, Laconi fu uomo politico profondo conoscitore del suo tempo e studioso di questioni italiane e questioni della Sardegna. E sulla Sardegna, in particolare, egli avviò un’indagine storiografica, come dimostrano i testi pubblicati da U. Cardia in ‘Renzo Laconi, La Sardegna di ieri e di oggi’, EDES, 1988, avendo in Biblioteca ordinato la materia secondo opere e autori sardi, italiani ed europei, che della Sardegna avevano scritto. Senza mai tuttavia disdegnare i contenuti della tradizione regionale, anche nelle sue espressioni più popolari. Gli scritti del Fara, del Gemelli, di Gazano, Martini, Tola e Ciasca, vengono spesso citati nel lavoro di Laconi sulla Storiografia della Sardegna, in quelle edizioni pubblicate tra il 1776 e il 1935 a Torino, Cagliari e Genova, e ancora custodite in Biblioteca. Perchè, dal Manno nell’Edizione Favale del 1842, il Lamarmora nell’Edizione parigina in lingua francese del 1862, fino al Pais, al Siotto Pintor, a Tuveri, a Bellieni, Pola, Raffa Garzia, Sebastiano Satta, Wagner, e Cambosu e Pigliaru, e alle edizioni più recenti di Valdès, Il Nuraghe, Dessì, Timon, sono 250 i volumi di letteratura, saggistica e Storia della Sardegna, che compongono la Biblioteca di Renzo Laconi, e che sono giunti fino a noi per arricchire le conoscenze di lettori e studiosi. Ivi compresi gli scritti sull’Isola del Bresciani, di Ada Negri, Valéry, Lawrence, Bolullier, Schlezer, e Bechi con la sua Caccia grossa, editi a Napoli, Milano, Parigi e Cagliari, tra il 1850 e il 1931.
Resta ora da vedere una delle parti più significative della Biblioteca, quella che, in oltre 350 titoli, contiene gli autori pubblicati prima del 1860. Tra le edizioni del Settecento vi sono i classici latini, le opere di Metastasio, la filosofia del Genovesi, la storia di Bossuet e del Muratori, e il Teatro di Goldoni; gli scritti in lingua originale di Sully e Massillon, e una Sainte Bible, in quattro tomi, edita a Parigi, e le poesie ed i romanzi della Bibliothèque de campagne, edite a Ginevra. Del primo Ottocento l’editoria di Silvestri, Bettoni, Pomba e Crespi, l’editoria della Ricerca della Tipographia di Capolago, di Ute e Le Monnier, e le Case editrici meridionali, Russo, Cirillo, Marghieri e Rondinella, che pubblicano in belle edizioni Omero, Sallustio e Tacito; i grandi della Letteratura italiana, da Dante, Ariosto e Tasso, a Foscolo, Leopardi e Manzoni; gli scritti storici del Davila, e poi Beccaria, Galanti, Cuoco, Pellico e, tra gli autori stranieri, Pascal, Racine, Young, Milton, Montesquieu, Sismondi, e Walter Scott, in quaranta piccoli volumi. Oltre a una Vita di Napoleone scritta da lui medesimo e tradotta dall’Abate Federici nel 1820. Degne di nota, in particolare, le pregevoli edizioni francesi delle Oeuvres Complètes di Voltaire, in trenta volumi, e poi quelle di Le Beau, Bacone, La Bruyère, De Musset, La Rochefoucault, pubblicate tra il 1819 e il 1848; le edizioni del Settecento di Tacito e Guarini, pubblicate dalla Officina Plantiniana di Anversa e dal Citti di Venezia; e le Epistole di Cicerone, le Prediche di Cornelio Musso di Piacenza, e il De Sanctis Sardiniae libri tres di Giovanni Proto Arca, prestigiose Cinquecentine, edite rispettivamente a Venezia e a Cagliari.
Laconi non fa distinzione fra cultura alta e cultura bassa e affianca ai filosofi del Razionalismo e ai classici della letteratura, i generi di grande consumo, quelli che han sempre determinato, tra i ceti medi cittadini, tra le masse popolari e i giovani, la formazione del gusto alla lettura. Numerose, accanto alle vecchie, le nuove edizioni delle opere degli autori più importanti. Perchè la Biblioteca è luogo dove leggere, studiare e collezionare libri, specie se rari e antichi, con la passione e il gusto di averli e poterli trasmettere, lasciando poi allo studioso la libertà di costruire più itinerari di lettura, secondo i propri interessi. Ed in questo percorso, che sembra privilegiare gli elementi di una letteratura nazionale e popolare, a testimonianza di un processo di formazione umanistica affatto originale, sembrano anche identificarsi le scelte di una intera generazione di donne e uomini della Sinistra, quando politica e cultura erano tutt’uno, e i gruppi dirigenti avevano la loro legittimazione nell’intenso e diffuso legame fra l’attività di ricerca e l’impegno sociale.
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