Bacallar Sanna: un re bavarese per la Sardegna?

13 Febbraio 2016
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Giovanni Masala Dessì

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Vincenzo Bacallar Sanna, La Sardegna paraninfa della pace e un piano segreto per la sovranità 1712-1714, a cura di Sabine Enders, Stoccarda 2011, Giovanni Masala Verlag, traduzioni dal francese e dal tedesco di Cesarina De Montis e G. Masala; ISBN: 978-3-941851-03-0; 238 pagine (www.sardinnia.it).  La seconda parte del libro (Un piano segreto per la sovranità; lettere e documenti 1712-ùù1714, pp. 127-196), dedicata al piano vero e proprio del principe elettore bavarese per essere incoronato re di Sardegna, contiene numerosi materiali inediti provenienti dall’Archivio di Stato di Baviera e dall’Archivio della Casa Wittelsbach a Monaco.
Pubblichiamo la seconda parte della recensione di G. Masala Dessì la prima è apparsa giovedì scorso.

La Sardegna apparteneva dal 1708 al 1717 al regno dell’arciduca Carlo d’Austria degli Asburgo, dal 1711 imperatore Carlo VI del Sacro Romano Impero, il quale dal 1705 regnava a Barcellona come re Carlo III di Spagna. Egli aveva nell’isola numerosi sostenitori che lo avevano supportato nella conquista della Sardegna del 1708. Nello schieramento opposto, il concorrente al trono spagnolo era Filippo di Borbone che regnava a Madrid come Filippo V di Spagna. Tra i sostenitori di Filippo (filippisti) e di Carlo (carlisti) scoppiò in Sardegna una vera e propria guerra civile che, tra gli altri, costrinse anche Vincenzo Bacallar Sanna ad emigrare a Madrid. Là conobbe il conte Louis Joseph d’Albert, ambasciatore del principe elettore bavarese a Madrid, il quale preparava negli anni 1712-1714 la conquista della Sardegna per conto del suo principe Max Emanuel, le cui fasi più importanti sono descritte nelle numerose lettere conservate nell’Archivio di Stato a Monaco. La Enders ha pubblicato per la prima volta in traduzione italiana un gran numero di queste lettere.
Tra i sardi in esilio a Madrid si moltiplicano gli sforzi affinché la Sardegna venga ceduta al duca di Baviera con lo scopo di porre fine al dominio di Carlo d’Austria. E la Paraninfa di Bacallar Sanna appoggia, infatti, il progetto di Massimiliano Emanuele, duca e principe elettore di Baviera che ambiva al titolo di re di Sardegna. L’11 aprile 1713 fu firmata la pace di Utrecht tra Francia e Olanda che, anche se parzialmente, porta alla conclusione della guerra di successione spagnola (1701-1714) e il risultato per la Sardegna non fu, come si legge spesso, la conferma del possesso dell’isola per l’imperatore Carlo, ma in realtà questa, insieme al titolo di re, veniva assegnata dalle grandi potenze europee al duca di Baviera Massimiliano Emanuele (p. 151).
La cessione della Sardegna con il titolo di re al principe elettore di Baviera, non è menzionata affatto nei manuali di storia, ma la pubblicazione delle lettere del conte d’Albert insieme alla nuova lettura del libro di Bacallar mette finalmente in luce l’importanza di questa vicenda e la rende rilevante. Infatti, da un passaggio di uno scritto di Max Emanuel, fino ad oggi inedito ma pubblicato dalla Enders (p. 153) si evince la felicità del duca e principe elettore di Baviera per il successo ottenuto nelle conferenze di pace di Utrecht: “È vero che il Regno di Sardegna non è grande e ben lontano dai miei possedimenti bavaresi… I Regni non si trovano dove si vuole; io rendo grazie al cielo di aver trovato questo per portare perpetuamente la dignità di Re nella Casa di Baviera.” E in una lettera scritta al re di Francia Luigi XIV nel dicembre 1713 esprime tutta la preoccupazione per la resistenza dell’imperatore: “Sire, … Non potendo dunque avere l’onore di venire da Vostra Maestà Ella mi permetterà di rappresentarLe per iscritto che – visto che l’Arciduca si oppone assolutamente a che io abbia la dignità di Re con il Regno di Sardegna che Vostra Maestà mi ha così generosamente destinato e confermato nel trattato di Utrecht – io non posso desistere con onore: questo è l’unico mezzo che Vostra Maestà ha trovato per riparare gli affronti e i torti che io ho sofferto a causa dell’Imperatore e dell’impero. […]. Questa dignità mi risarcisce di tutto, e l’Europa me la concederà sicuramente dopo che Vostra Maestà l’ha sostenuta con così tanta veemenza in mio favore” (p. 171).
Le lettere che l’ambasciatore bavarese scrive al suo principe sfociano in un piano segreto che aveva per obiettivo la conquista militare dell’isola con l’aiuto di Vincenzo Bacallar Sanna per incoronare Massimiliano Emanuele re di Sardegna. L’entusiasmo dei sardi a Madrid è enorme e in una lettera (25 aprile 1713) di Louis Joseph d’Albert, ambasciatore bavarese a Madrid, indirizzata al duca di Baviera si apprende ciò che segue (p. 156): “Monseigneur…, ieri ho avuto una lunga conversazione con un sardo, il marchese di San Filippo [Vincenzo Bacallar Sanna] che, negli ultimi tempi, dopo aver visto che il Regno di Sardegna sarà ceduto immancabilmente a Vostra Altezza Elettorale, si comporta nei miei confronti in modo molto più aperto che in passato.”
La mancata firma del trattato di Utrecht da parte dell’imperatore del Sacro Romano Impero, induce quindi i “complottisti” a contemplare un’altra strada, quella militare. A Madrid i contatti tra d’Albert e Bacallar Sanna si intensificano e sfociano nel cosiddetto Projet sur la Sardaigne, un piano dettagliatissimo di una decina di pagine manoscritte che prevedeva la conquista dell’isola nei primi mesi del 1714. In una lettera del 26 dicembre 1713 allegata al Projet sur la Sardaigne, d’Albert, aiutato da Vincenzo Bacallar Sanna, riassume le sue lunghe ricerche sulla Sardegna e prega il principe elettore di impegnarsi per ottenere un aiuto militare del re francese Luigi XIV: “Monseigneur, obbedisco agli ordini con cui Vostra Altezza Elettorale mi ha onorato domandandomi ciò che penso sulla Sardegna, e aggiungo qui le mie idee sulla maniera in cui si potrebbe procedere per conquistarla. Così, Monseigneur, se Vostra Altezza Elettorale condivide il mio punto di vista, non c’è un attimo di tempo da perdere per ottenere dei vascelli, e Vostra Altezza Elettorale non potrebbe impiegare le Sue istanze e tutti i Suoi sforzi per una cosa che sia più importante di quella di possedere la Sardegna al più presto, qualora – oso quasi anticiparlo – non la conservasse nel trattato di pace… Confido che Vostra Altezza Elettorale avrà la bontà di farmi sapere come avrà trovato questo memoriale e dell’opinione che se ne farà, perché 10-12 giorni dopo averlo ricevuto la cosa dovrà essere decisa poiché il tempo per l’esecuzione stringe infinitamente” (pp. 174-175).
Il progetto militare è riassunto in dieci pagine manoscritte redatte in francese e pubblicate in italiano nel volume della Enders. Eccone alcuni passaggi: “Delle sette principali città del Regno, solo due sono fortificate, ossia Cagliari e Alghero. La prima deve essere considerata come divisa in quattro parti, ovvero Castello, che si trova nel mezzo su una collina, ed i tre sobborghi di Villanova, di Stampace e di Marina che lo circondano sfiorandolo ed essendo, per così dire, attaccati ad esso in modo da formarne un tutt’uno che viene chiamato Cagliari. La parte centrale detta Castello, dove abitano le persone distinte e tutta la nobiltà, è circondata da antichi e solidi muraglioni, ai quali in molti punti sono stati aggiunti dei bastioni, come anche dei terrapieni in altri punti, tuttavia senza regolarità e senza alcuna fortificazione esterna né un camminamento coperto. Delle altre tre parti che formano la periferia, due sono – come villaggi – senza fortificazioni, e vi abita tutto il popolo minuto e la maggior parte degli artigiani; il sobborgo della Marina è limitato da un lato dal porto difeso da tre bastioni o da semi-bastioni, il molo, la darsena delle galere, e dall’altro si estende salendo verso Castello del quale ne rasenta i massicci muraglioni. Tutti i litorali lungo quattro miglia a destra e a sinistra di questa città sono di facile approdo; i luoghi ove sono situati, Quartu, grosso borgo distante da Cagliari solo di una lega, Sant’Andrea, Sant’Elia e le infermerie del Lazzaretto, che sono i più vicini, sono i posti al mondo più adatti ad uno sbarco, e ugualmente quelli di Capo di Pula, Capoterra e la Scaffa, benché un po’ più distanti dalla città, offrono molte comodità di sbarco. La città di Cagliari è al centro di queste località, e così, tentando uno sbarco contemporaneamente, è impossibile che uno dei due sbarchi non riesca, ma crediamo di dover sperare che questo avvenga dalla parte di Quartu per il maggior numero di comodità e di vantaggi che può offrire.”
Ma il sogno di Vincenzo Bacallar Sanna e di Massimiliano Emanuele non si avverò perché il re di Francia Luigi XIV firmò la pace di Rastatt il 6-7 marzo 1714 in cui all’imperatore Carlo VI vennero confermati i suoi possedimenti italiani e la Sardegna. Vincenzo Bacallar Sanna, forse deluso dal mancato intervento militare, non fece mai più rientro in Sardegna. Nel 1715 fu nominato ambasciatore di Spagna a Genova e dal 1725 all’Aia, dove morì l’11 giugno 1726 lasciando la sua monumentale biblioteca di ben 16.000 volumi. Il 10 aprile 1715 il duca e principe elettore Massimiliano Emanuele, alla fine del suo lungo e tormentato esilio, rientrerà in Baviera insieme alla sua corte. Negli anni successivi ultimerà la costruzione dei castelli “reali” di Nymphenburg, di Schleissheim e di Fuerstenried nei pressi di Monaco. Morirà il 26 febbraio del 1726 a Monaco di Baviera.
Un volume importante sia per gli storici che per gli appassionati di storia che dà finalmente visibilità ad una vicenda di cui i manuali di storia, sia sarda che bavarese, hanno trascurato e continuano a trascurare in modo incomprensibile. La storiografia ufficiale, infatti, per lo più non menziona l’articolo concernente la Sardegna nell’importante trattato tra Francia e Olanda dell’11 aprile 1713 in cui l’isola viene ufficialmente ceduta all’elettore di Baviera, e neanche riporta che la Guerra di Successione Spagnola continuò a causa della mancata firma dello stesso trattato da parte dell’imperatore: l’isola era diventata quindi il pomo della discordia che ritardava la conclusione della pace con l’imperatore, una circostanza che contribuì per la prima volta a far conoscere la Sardegna in Europa. Tutte questioni che la Enders sottolinea più volte e con empatia nel suo denso e documentatissimo saggio introduttivo. Un invito ad approfondire e studiare più a fondo le turbolenti vicende storiche di un periodo poco noto, sia agli appassionati che agli specialisti. E i passaggi concernenti la Sardegna che provengono dal carteggio dell’Archivio di Stato Centrale della Baviera e dell’Archivio segreto della Casa Wittelsbach, che la Enders pubblica per la prima volta nel presente volume (pp. 135-196) costituiscono inoltre una novità assoluta in questo campo di studi. Il tentativo quasi disperato di Bacallar Sanna per contribuire attivamente a dare alla Sardegna un sovrano che risiedesse nell’isola costituiva un presupposto imprescindibile per la rinascita della sua terra e nel contempo anticipa di quasi un secolo le idee politiche del patriota sardo Giovanni Maria Angioy, che cita ampie parti del libro La Sardaigne Paranymphe de la Paix nei suoi propri scritti (Enders, pp. 68-72).

“In Sardegna il libro La Sardaigne Paranymphe de la Paix fu accolto con cautela perché nella guerra civile di inizio Settecento parteggiava a favore di una sola delle due fazioni politiche. L’identità dell’autore era nota solo per sentito dire in quanto la collaborazione di Bacallar Sanna con l’inviato a Madrid del principe elettore bavarese non doveva divenire di dominio pubblico. Più tardi Giovanni Maria Angioy utilizzò il testo, all’epoca ancora di valida attualità, come testimonianza principale per le sue idee di riforma politica per la Sardegna; tuttavia le sue teorie non furono più considerate opportune e caddero nell’oblio. Successivamente il libro fu respinto dalla storiografia sarda perché i progetti che prevedevano un principe tedesco come re di Sardegna parvero troppo insoliti ed analogamente a quanto avvenne in Baviera anche in Sardegna questi urtavano la sensibilità nazionale. La supposta paternità attribuita allo scrittore Jean Rousset de Missy, autore non sardo, offrì ad alcuni storici l’opportunità per ignorare l’opera quale frutto nato all’interno della storia sarda e per considerare quindi il testo inattendibile. Il libro fu erroneamente considerato come un’opera precoce della letteratura di viaggio in Sardegna. Peculiari esagerazioni nella Descrizione geografica e alcuni errori nella Descrizione storica servirono da pretesto per diffamare il testo e allo stesso tempo per tenerlo in ombra e poterlo copiare in incognito. Nonostante ciò per oltre un secolo dalla sua comparsa la Paraninfa godette di una vasta eco, ma come fonte documentale fu citata solo di rado, cosicché l’origine di alcuni noti topoi della storiografia sarda rimase nell’ombra: possa la traduzione italiana presentata in questa sede gettare le basi per una rinnovata attenzione verso quest’opera” (Sabine Enders, p. 73).

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  • 1 Giuanne Masala
    13 Febbraio 2016 - 18:05

    Una lettera inedita…

    “Albert ha ricevuto da Utrecht la lettera del 21 maggio che lo informa del fallimento dei negoziati con l’imperatore a causa della Sardegna. Le questioni sui progetti di matrimonio del figlio del principe elettore connessi con i Paesi Bassi lo allarmano perché paiono escludere la Sardegna. Ha anche avuto sentore dei piani che riguardano la cessione della Sardegna come risarcimento per il principe palatino alleato dell’imperatore. Albert e i sardi esuli a Madrid si trovano in un profondo stato di impazienza. Egli non può credere ai nuovi imprevisti sviluppi e desidera per la Sardegna il rispetto del trattato di Utrecht e la cessione dell’isola a Max Emanuel. In questo senso pianifica con Bacallar e gli altri esuli e ricorda la disponibilità dei suoi amici sardi a mettersi al servizio del principe elettore re di Sardegna” (Sabine Enders).

    Albert a Max Emanuel, Madrid, 13 giugno 1713

    “Monseigneur, l’arrivo dell’ultima posta mi ha rigettato nelle stesse pene delle volte precedenti in quanto non ha portato nessuna lettera di Vostra Altezza Elettorale né di persone della Sua cerchia, e mi trovo nella situazione di apprendere dall’opinione pubblica tutto ciò che questa normalmente dovrebbe sapere solo da me. […]
    Ecco, questo è ciò che apprendo da più parti e a cui non posso credere completamente, soprattutto alla questione della Sardegna che, mi sembra, può essere solo rimessa a posto in mani molto affidabili, e solo dopo l’attuazione e in conseguenza di un trattato ben vantaggioso in seguito. Queste notizie, di qualsiasi natura esse siano, vere o false, non hanno mancato di far preoccupare, ciascuno secondo i propri pregiudizi e interessi, particolarmente i sardi di qui, che ho avuto tanta difficoltà a rasserenare. I due che ho citato nelle mie lettere precedenti, ossia i conti di Castiglio e di Montalvo, che erano prigionieri l’uno a Ibiza e l’altro a Maiorca, sono ritornati. Con il primo mi sono intrattenuto, cosicché posso assicurare a Vostra Altezza Elettorale, di averlo condotto dove desideravo. È un uomo che ha dato delle prove sincere di profonda fedeltà verso il suo Signore; mi è sembrato di una vivacità sorprendente, capace di imprese ardite e pieno di questo punto [d’onore] degli antichi Spagnoli, ma non conoscendolo abbastanza non posso garantire per le sue capacità. Quando Vostra Altezza Elettorale sarà Re di Sardegna m’impegnerò affinché egli cessi di servire la Spagna e ritorni al suo paese, dove sicuramente servirà bene Vostra Altezza Elettorale, perché è mosso da quello stesso punto e, come lui stesso mi ha detto, lo farà appena Sua Maestà Cattolica, il suo Sovrano legittimo, gli ordinerà di riconoscerne un altro; e su questo argomento l’ho convinto.
    So che il marchese di San Filippo, ugualmente di nazionalità sarda, secondo tutte le apparenze rimarrà al servizio della Spagna, e a meno che non cambi atteggiamento, desidera di essere nominato da Sua Maestà Cattolica ambasciatore presso Vostra Altezza Elettorale appena Ella verrà incoronato [Re di Sardegna]. È un homme de lettres che possiede tante buone qualità e mi ha dato modo di fare delle conoscenze, e per certe particolarità di quest’isola può fare molto di più, ma quando sarà il momento avrò l’onore di spiegare più a lungo ciò che penso fondamentalmente di lui, benché fin da ora non voglio fargli torto presso Vostra Altezza Elettorale perché queste sono solamente precauzioni che stimo necessarie. […]. Ho l’onore di essere con tanto rispetto e devozione perfetta, Monseigneur, di Vostra Altezza Elettorale, l’umilissimo, obbedientissimo e rispettosissimo servitore Albert.

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