Amsicora
Sardi di tutto il reame, ascoltate! Stanotte mi è venuta una pensata. E voglio condividerla con voi, almeno con coloro che leggono questo blog. Ho pensato, follemente, che quel “ti mando in Sardegna” sia ancora in auge da qualche parte.
Poco tempo fa ci hanno mandato un prefetto, evidentemente romanista, che ha vietato una partita di calcio del Cagliari, per motivi futili, facendoci perdere 3 a 0 a tavolino proprio con la Roma. Poi ci ha riprovato e il Tar ha fatto aprire i cancelli dello stadio. Alcuni anni prima ci fu mandato un prefetto che aveva fatto un’ordinanza in cui in anticipo e in via generale vietava le manifestazione nelle vie di Cagliari dove normalmente si svolgono: piazza Garibaldi, via Dante, via Roma, Largo Carlo Felice, Piazza del Carmine. Voleva le manifestazioni a Mulinu Becciu! Oltre che perverso, era ignorante. Non conosceva la Costituzione, ch’era chiamato ad applicare. La Legge fondamentale consente che le manifestazioni vengano vietate solo per comprovato motivi di incolumità e sicurezza pubblica. Quindi, la valutazione si fa nell’imminenza, non può farsi ex ante e in via generale. Ed è raro il caso che si possa vietare la manifestazione prima, dato il presupposto. Nella storia d’Italia è successo pochissime volte e solo in situazioni straordinarie di scontri accesi di piazza nei giorni precedenti la programmata manifestazione. Glielo abbiamo detto a quel prefetto e di quell’ordinanza, per fortuna, non se n’è fatto nulla.
Poi lo stesso od altro prefetto aveva caricato la folla davanti alla casa di Soru, dopo averla lasciata radunare di fronte. Dati anche i due soli accessi, posto che l’iniziativa scellerata era preannunciata (se ne parlò anche a Videolina), quel prefetto poteva prevenire agevolmente il raduno pericoloso per Soru e per gli altri, bloccando gli accessi. Ma aveva istinto manganellatorio e così fece pestare perfino alcuni ignari passanti davanti al Mediterraneo!
Poco tempo fa il questore invece ha fatto un proclama per impedire una manifestazione nelle vicinanze del Poligono di Teulada durante i giochi di guerra di fine estate. Già fare un comunicato stampa minatorio è fatto straordinario in un Paese democratico. Ma, detto fatto, il nostro ha diramato fogli di via a chi appartiene all’area “antagonista” e poi, dando sfogo all’istinto manganellatorio, ne ha fatto pestare un gruppetto a P. Pino, ben potendoli controllare. Anche in quell’occasione in violazione della Carta, che non ammette solo i family day, le manifestazioni filogovernative, ma auspica proprie quelle antagoniste. Libertà di riunione e di manifestazione del pensiero. E’ la democrazia, bellezza! Ma il questore sembra vivere ancora sotto il T.U. di pubblica sicurezza del 1931. E così è giunto perfino a far perquisire i pullman di manifestanti.
Ci mancava il procuratore generale a dir cose che ormai, anche per il “politicamente” corretto, non dice più nessuno! Se cercate su internet la voce “istinto predatorio”, lo trovate riferito agli animali. Se ne parla specie per il cane, più studiato perché ormai presente dappertutto, dalle strade ai giardini pubblici, e bisogna conoscerlo bene, anche sotto il profilo psicologico. Ora, parlare d’istinto predatorio riferito agli abitanti di una vasta area (la Barbagia) significa, obettivamente, in qualche modo assimilare quegli abitanti a una specie animalesca. Sì è vero anche gli uomini hanno istinti, ma quel “predatorio”, lo si giri come si vuole, evoca se non un’indole animalesca, uno stadio primordiale o quasi nell’evoluzione della specie.
Da fine giurista e da patriota costituzionale Tonino Dessì, criticando la frase incriminata, richiama l’art. 3 della Carta, invoca il principio di eguaglianza. Ma, attenzione!, sotto queste lune, discettando di istinti e di prede, il principio di eguaglianza potrebbe indurre taluno degli alti dignitari statali a estendere quel primordiale “impulso a predare” a tutti i sardi, E poi, per la proprietà transitiva, o per interpretazione analogica, considerare tutti i sardi animali o poco più. Si può così, impercettibilmente, scivolare fino alla “caccia grossa” di Giulio Bechi, mattatore non di cinghiali, ma di banditi propriamente barbaricini, propriamente dotati di istinto predatorio.
Meglio fermarsi. A farla breve, comunque, lo si guardi quell’istinto predatorio riferito ai barbaricini è imbarazzante.
Come se ne esce? Ieri, abbiamo detto con la lettura, l’affinamento culturale. E confermiamo. Ma per questo ci vuole tempo. E allora? In effetti, c’è un modo più diretto e semplice per rimediare: chiedere pubblicamente scusa. In fondo, errare è umano, ma correggersi, ammettendo pubblicamente l’errore, è segno di grandezza d’animo. E’ indice di consapevolezza, di maturazione. E’ anche garanzia di seria riflessione sull’errore e, dunque, di non reiterazione. E allora, suvvia, signor Procuratore, chieda scusa e archiviamo il caso.
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