Blatter e Platini… “fuori gioco”!

23 Gennaio 2016
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Gianfranco Sabattini

La Camera arbitrale del Comitato Etico della “Fédération Internationale de Football Association” (FIFA) ha bandito dal calcio, per otto anni, Sepp Blatter e Michel Platini, rispettivamente, presidente della FIFA, il primo, e presidente dell’”Union of European Football Associations (UEFA), il secondo. Il processo ai due presidenti è nato dall’inchiesta della procura generale svizzera su un pagamento di 2 milioni di euro, a valere sui fondi FIFA, corrisposti da Blatter a Platini, a titolo di ritocco verso l’alto del suo stipendio, senza comunque che la maggiore rimunerazione fosse approvata dagli organi ufficiali della FIFA. Per questo motivo, il Comitato, non condannandoli per corruzione, non li ha radiati, ma li ha riconosciuti colpevoli di aver violato tutte le norme etiche cui si ispirerebbe la massima organizzazione del calcio mondiale.
Il “congelamento”, o quanto meno l’esclusione temporanea dei due presidenti da ogni attività nel settore calcistico, servirà sicuramente ad escluderli dal novero dei candidati a ricoprire la presidenza della FIFA (le elezioni sono previste per il prossimo febbraio), ma resta il fatto che la loro esclusione dalla possibilità di tornare a governare il calcio mondiale ed europeo è l’esito dell’impegno del giornalista d’inchiesta scozzese, Andrew Jennings, il quale di recente ha pubblicato il libro di denuncia “Omertà. La FIFA di Sepp Blatter, una famiglia criminale organizzata”; in esso sono raccontate le malefatte del gruppo dirigente della FIFA, a cominciare da João Havelange, presidente brasiliano della federazione dal 1974 al 1998, succeduto all’inglese Stanley Rous e sostituito, nel 1978, dallo svizzero Sepp Blatter.
E’ giusto che le denuncie di un giornalista aiutino le istituzioni giudiziarie ad eliminare i centri di corruzione in qualunque settore essi si formano? Certamente sì, ma resta l’amarezza che l’eliminazione del malaffare, sia pure da un settore qual è il calcio sinora considerato marginale, sia avvenuto solo perché le autorità giudiziarie sono intervenute per reprimere reati commessi ai danni di chi viene emotivamente coinvolto dallo “sport più bello del mondo” con decenni di ritardo.
Le forze di polizia europee – accusa Jennings – hanno sempre chiuso gli occhi di fronte alle prove che venivano loro presentate, ma è bastato che il controllo del mercato dello sport assumesse un’importanza geo-politica perché scendesse in campo l’FBI contro Blatter e contro alcuni componenti del Comitato esecutivo della FIFA (ExCo); è bastato, infatti che l’ex procuratore di New York ed ex membro del Comitato etico della FIFA, Michael J. Garcia, diffondesse una relazione nella quale veniva denunciato il “sistema Blatter”, perché il segretario alla giustizia degli USA, Loretta Lynch, disponesse di procedere contro i dirigenti e non contro la FIFA, in quanto istituzione dichiarata invece parte lesa, e neppure contro il suo presidente.
Il motivo della distinzione dei dirigenti dalla istituzione è dovuto, secondo molti commentatori, al fatto che per gli USA il calcio è divenuto uno sport strategico sul piano politico; ovvero uno sport che si è trasformato in una fonte di consenso che non può essere lasciato nelle mani di un corrotto, poco propenso ad essere sensibile alla strategia politica ed economica della potenza a stelle e strisce. Tuttavia, la sensibilità degli USA per il solo consenso che il gioco del calcio è in grado di influenzare è ben poca cosa per giustificare l’offensiva giudiziaria scatenata contro il sistema Blatter. In realtà, sempre secondo molti commentatori, il sistema del “tiranno del calcio” ha finito coll’urtare contro gli interessi delle multinazionali e dei fondi d’investimento che operano nel settore delle compravendita dei diritti televisivi e della gestione di calciatori e di squadre calcistiche di tutto il mondo.
Il coinvolgimento di Sepp Blatter nel mondo degli interessi della multinazionali è da ricondursi al fatto che egli non è estraneo alla dinamica imprenditoriale di un’impresa leader nel campo dell’intermediazione dei diritti televisivi relativi allo sport; è noto che quest’impresa, l’Infront, gestita da Philippe Blatter, figlio di Sepp, è stata acquistata dalla multinazionale cinese Wanda, la quale in tal modo, acquisendo una dimensione tale da alterare gli equilibri geo-politici economici esistenti, ha determinato l’azione della giustizia americana, che ha portato all’arresto a Zurigo, nel maggio del 2015, di sette altissimi dirigenti della FIFA su richiesta delle autorità statunitensi, con l’accusa di associazione a delinquere e corruzione; è stata anche perquisita la sede della Confederazione che governa il calcio in America centrale e settentrionale e nei carabi (CONCACAF), a Miami, in Florida, base del potere del sistema Blatter. Il blitz della giustizia americana è stata motivata dalla necessità, sottolineata da Loretta Linch, di porre fine alle pratiche corruttive con cui la FIFA ha incassato tangenti in cambio di decisioni che hanno assegnato lo svolgimento delle manifestazioni sportive ai paesi che, per scopi prevalentemente extrasportivi, avevano interesse alla loro organizzazione.
Perché è potuto accadere che l’organizzazione del calcio mondiale si sia trasformato in un centro di malaffare? La risposta è banale: perché, come l’esperienza italiana insegna, è inevitabile che lo sport, quando non è governato secondo regole trasparenti, finisca col trasformarsi in un paravento per il compimento di attività illecite. E’ questa l’accusa che Jenning, con riferimento all’intera area mondiale, formula nel suo libro: lo sport genera passione, e la passione genera soldi; quando quei soldi e i dirigenti che li maneggiano non sono controllati, il crimine organizzato, prima o poi, colma questo vuoto; arrivano i truffatori che privatizzano lo sport per rivenderlo “alle grandi multinazionali tramite agenzie di marketing senza scrupoli”.
La carriera di Blatter, al riguardo, è emblematica; ma il suo maestro e suo predecessore e mentore João Havelange non è stato meno. Costui, dirigente sportivo brasiliano e presidente della FIFA per tanti anni, si è imposto all’opinione pubblica mondiale come grande organizzatore dei tornei di calcio; ma le sue priorità anziché riguardare il bene del gioco e degli sportivi, erano le tangenti sugli appalti e il profitto personale che ha arrotondato con il traffico di armi e con i rapporti speciali che è riuscito ad intessere con i vari dittatori che si succedevano alla guida di molti paesi sudamericani. Particolarmente riprovevole, ma profittevole, è stato il suo atteggiamento nei confronti dei generali argentini nella seconda metà degli anni Settanta. In occasione dell’organizzazione dei campionati mondiali svoltisi in Argentina nel 1978 non ha esitato a dichiarare che finalmente il mondo poteva “vedere il vero volto dell’Argentina”, mentre il paese ospitante, retto da una crudele dittatura militare, subiva l’aberrante tragedia dei desaparecidos. Nei suoi ventiquattro anni al vertice delle FIFA, Havelange ha goduto di privilegi straordinari; aveva carta bianca per “staccare” assegni a favore delle persone che corrompeva. Questa prerogative l’ha trasmessa a Blatter nel 1982, allorché quest’ultimo lo ha sostituito alla presidenza della FIFA.
Singolare, quasi impossibile a credersi, il meccanismo che quest’ultimo è riuscito a costruire per la realizzazione del suo sistema di potere; egli ha fruito del supporto di Jack Warner, un professore di storia dell’Università di Trinidad che, nel 1983, era stato cooptato da Havelange in seno al Comitato esecutivo della FIFA, come rappresentante del calcio caraibico. Warner, in breve tempo, ha assicurato a Blatter la disponibilità in senso al Comitato di 35 voti provenienti da funzionari compiacenti delle isole caraibiche, prive di leghe-calcio professionistiche, insignificanti nel contesto globale del calcio, ma potentissime a livello corruttivo. I 35 voti, arruolati da Warner, hanno assicurato a Blatter, per anni, una “maggioranza bulgara” in seno al Comitato esecutivo, ma anche in seno alle assemblee dei rappresentanti delle leghe di tutto il mondo in occasione della sua continua rielezione a presidente della massima organizzazione calcistica mondiale.
Oltre a gestire il consenso a favore di Blatter, Warner è stato anche il suo braccio esecutivo nelle operazioni di corruzione; fra queste rientra anche quella perpetrata ai danni dell’Italia, ai mondiali di calcio che nel 2002 si sono svolti in Giappone-Corea. Gli italiani ricorderanno la farsa dell’arbitraggio della partita che ha visto l’Italia opposta alla Cora, dove l’arbitro Byron Moreno, ecuadoregno, ha favorito, lasciando allibiti i tifosi di tutto il mondo, la vittoria della Corea. Lo stesso Warner è stato al centro di tutte le operazioni, “oleate” da ricche tangenti, svoltesi in occasione dell’assegnazione delle edizioni dei mondiali di calcio che si svolgeranno a Mosca nel 2018 e in Qatar nel 2022.
Il sodalizio Warner-Blatter è finito ingloriosamente, essendo stato il primo arrestato a Zurigo nel maggio scorso per “frode informatica, estorsione e riciclaggio di denaro sporco”, mentre il secondo, pur rieletto presidente della FIFA nello stesso maggio, è stato sospeso nell’ottobre successivo dal Comitato etico per 90 giorni per sospetta (si fa per dire) corruzione, giudicato colpevole, assieme a Platini, dallo stesso Comitato il 21 dicembre e bandito, come si è detto, da ogni attività calcistica per 8 anni; in pratica, escluso dal novero dei candidati alla prossima elezione del presidente della FIFA.
Così, il gioco del calcio, un tempo praticato nei campi oratoriali, dai quali sono spesso usciti i campioni del passato, assurto a gioco capace di mobilitare per il suo controllo profittevole i fondi d’investimento sovrani di molti paesi impegnati a conquistare il controllo di ogni fonte di guadagno, colorandosi politicamente, non solo ha perso gran parte del fascino che aveva, in quanto fonte di emozioni, ma ha anche abbandonato la sua terra d’origine, l’Europa, consegnandosi, come strumento di lotta economica, nelle mani dei cinesi e degli sceicchi.

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