Carlo Dore jr.
Per preparare l’assemblea costitutiva del Comitato per il NO al referendum costituzionale, ci incontriamo Mercoledì 20 gennaio alle ore 19 nella sede CSS (Conf. sindacale sarda) in via Roma,72 a Cagliari. Siete tutti invitati a partecipare.
Sul tema ecco ora una riflessione di Carlo Dore jr., brillante ricercatore della facoltà di Giurisprudenza.
“La Costituzione è l’insieme delle regole che i popoli si danno quando sono sobri, a valere per quando saranno ebbri”. La massima enucleata dalle riflessioni di Calamandrei e Zagrebelsky non sembra condizionare la strategia di Matteo Renzi, che individua nel completamento del progetto di riforma costituzionale cristallizzato nel ddl Boschi la conditio sine qua non da cui dipende non solo la prosecuzione della sua esperienza di governo, ma financo la sua permanenza in politica.
“Sulla riforma costituzionale ci metto la faccia”, scandisce perentorio il giovane premier. “Sulla riforma costituzionale ci mettiamo la faccia”, ripetono disciplinati i protagonisti del cambia – verso.
A prescindere dagli obiettivi da perseguire nel breve termine (le difficoltà del PD nella selezione delle candidature per le amministrative in programma la prossima primavera giustificano il tentativo di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla campagna referendaria), l’operazione diretta a trasformare il referendum ex art. 138 Cost. in una sorta di giudizio ordalico tra sostenitori e oppositori del Presidente del Consiglio proietta una serie di ombre lunghe sul futuro del Paese: ombre lunghe che involgono sia il significato estremo che tale operazione assume, sia le modalità che ne stanno caratterizzando l’attuazione.
Ai commentatori più attenti non è sfuggita l’anomalia rappresentata da un Esecutivo direttamente impegnato in un percorso di revisione della Carta Fondamentale, materia tradizionalmente dipendente dall’iniziativa parlamentare; non è sfuggita la pericolosa condizione di un Parlamento di fatto costretto dalla continua minaccia del ricorso al voto di fiducia ad approvare nottetempo una riforma destinata a rivoluzionare gli equilibri sui quali è imperniata l’attuale forma di governo; non è sfuggita la sostituzione di quei rappresentanti del PD nella commissione affari costituzionali del Senato ritenuti non abbastanza funzionali ai desiderata del segretario – premier; e non è sfuggito soprattutto il conflitto sofocleo in cui sono venuti a trovare i senatori democratici, a cui il Presidente del Consiglio ha di fatto imposto, fin dal suo discorso di insediamento, di chinare il capo dinanzi alla rottamazione della loro camera di appartenenza.
“Sulle riforme ci metto la faccia”: tra pose gladiatorie e toni da ultima spiaggia, è la logica stessa del processo di revisione in atto a gettare sulla strategia di Renzi quelle ombre lunghe a cui si è poc’anzi fatto cenno. La distorsione del significato del referendum previsto dall’art. 138 – da strumento utile alle opposizioni per chiamare i cittadini ad esprimersi sulle modifiche della Costituzione approvate dalla sola maggioranza, a celebrazione collettiva delle scelte del Governo -, l’individuazione delle riforme costituzionali come tema su cui misurare il consenso dell’Esecutivo, l’elogio dell’efficientismo dei parlamentari che “votano le riforme anche di notte” fanno emergere la sconfortante inattitudine delle regole contenute nel ddl Boschi a delineare, astraendosi dalle logiche di parte, i principi ispiratori delle dinamiche del gioco democratico, a fornire un presidio al corretto funzionamento delle istituzioni per i momenti di ebbrezza collettiva che verranno a manifestarsi nel corso della storia.
“Sulle riforme ci metto la faccia”: o innovatori, o conservatori; o col premier, o contro il premier. L’ordito normativo prodotto dal giudizio ordalico del referendum sulla figura del Presidente del Consiglio sarà intriso non dalla sobrietà propria di un progetto condiviso dalle varie anime del Paese, ma dalla ubris di una classe dirigente che, avendo individuato in un brutale scontro generazionale il momento iniziale della sua scalata al potere, rinnova la propria legittimazione a governare attraverso l’incessante ricerca di nuovi conflitti.
“Sulle riforme ci metto la faccia”: ribaltando le riflessioni di Zagrebelsky e Calamandrei, le regole contenute nel ddl Boschi verranno stabilite da un popolo reso ebbro dal clima da scontro finale che farà da sfondo al giudizio ordalico, per valere anche nei giorni in cui quel povero popolo avrà recuperato la sobrietà perduta.
1 commento
1 admin
14 Gennaio 2016 - 20:49
Andrea Pubusa
Caro Carlo,
sono del tutto d’accordo con la tua bella riflessione, a cui aggiungo soltanto che il modo più saggio e prudente di modificare la Costituzione è seguire la prassi degli States, dove le integrazioni non sono mai avvenute con riscritture ampie, ma con emendamenti. Sentiamo, infatti, parlare, anche nei films americani, del primo del secondo etc. emendamento. Un modo di revisione molecolare, che tende ad adattare il testo della Carta fondamentale alle nuove esigenze, ma che ne mantiene intatta la struttura e i principi. In questo modo si crea anche quel “patriottismo costituzionale” che è il cemento vero di un Paese.
In Italia, è proprio questo “patriottismo“, che manca per via di una permanenza di forze fascistoidi e dell’emergere di nuovi autoritarismi, trasfusi nel berlusconismo ed ora, in forme modernizzanti, nel renzismo.
Ecco perché è importante impegnarci nella battaglia referendaria e nel Comitato che anche a Cagliari ci proponiamo di costituire a partire dalla riunione di mercoledì 20.
Lascia un commento