Entrate e trasporti regionali: torniamo allo Statuto!

8 Dicembre 2015
1 Commento


Tonino Dessì
“Art. 13
Lo Stato col concorso della Regione dispone un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell’Isola.“.
L’ultima volta che ricordo richiamato l’articolo 13 dello Statuto Speciale per la Sardegna in un documento ufficiale è stata nel 1999, quando fu stipulata tra la Giunta regionale presieduta dall’on. Palomba e il Governo presieduto dall’on. D’Alema una articolata Intesa Istituzionale di Programma. Chi avesse la pazienza di scorrerne i capitoli e gli allegati, in http://www.regione.sardegna.it/regione/rapporti_stato-regione/intesa.html, potrebbe rendersi conto di come la gran parte delle questioni che ancora oggi ci angustiano vi fossero trattate organicamente.
Tra queste, per esempio, quella delle entrate regionali. Lo dico con una punta di orgoglio, perché c’ero come Capo di Gabinetto dell’Assessorato della Programmazione e ho personale contezza che l’ingresso della questione in quell’Intesa non fu affatto scontato nè facile. Il tema delle entrate ordinarie e tributarie era allora piuttosto trascurato da forze politiche e burocrazie avvezze solo ai temi della spesa (facile, spesso e volentieri). Ma -una puntina di orgoglio ce la metto anche qui, sia pur dolente - ci volle del tempo per convincere la Giunta Soru (Presidente e Assessore del bilancio in testa), tra il 2004 e il 2005, che quell’Intesa era la base conoscitiva e legale per intraprendere una vera e propria vertenza sulla questione. Poi le cose sono andate come sono andate.
Il fatto è che tutti i palingenetici sono convinti che ogni nuovo inizio dipenda esclusivamente dal proprio avvento: è anche vero che spesso si tratta solo di sciatta trascuratezza, quando non di ignoranza vera e propria.
Pensiamo ai trasporti, navali e aerei verso l’esterno, stradali e ferroviari all’interno.
Credo che tutti ci siamo molto stufati di questa querelle sul low-cost aereo.
Non entro in tecnicalità comunitarie, che considero importanti, ma non decisive.
Se c’è un tema di squilibrio fisico e infrastrutturale che ci riguarda, questo dei collegamenti è assolutamente centrale.
Piaccia o meno, è una tipica questione da Articolo 13 dello Statuto, forse la principale. E anche se per motivi culturali differenti tanto l’ala ragionieresca, quanto quella prefettizia, quanto l’ala sovranista della maggioranza e dell’Esecutivo regionali non vogliono o non son capaci di ricordarlo, la garanzia del diritto dei cittadini sardi di avere opportunità di collegamenti continentali (non solo peninsulari) pari a tutti i cittadini europei incombe sullo Stato, in virtù degli articoli 3 della Costituzione e 13 dello Statuto, che è pur esso norma costituzionale. Aggiungo che per una proprietà transitiva che può rinvenirsi nei Trattati, essa grava anche sulla UE, collocandosi il principio su un livello non inferiore a quello della libera concorrenza.
Può darsi che concettualmente la soluzione del problema in termini di monopolio pubblico non sia riproponibile e neppure praticabile sul piano dell’evoluzione intercorsa degli strumenti d’intervento pubblico in economia.
Ma non si può continuare a ritenere che il problema sia della Regione e del suo eventuale regime di aiuti ai soggetti titolari di vettori. La Regione stessa sta sbagliando a porlo in questi termini. Il problema è semmai della Regione nella misura in cui consideri o meno il problema anch’esso come oggetto di una vertenza nei confronti del Governo della Repubblica, che ha il dovere di affrontarlo come questione di Stato anche in sede comunitaria e di accollarne congrue soluzioni e adeguate risorse ai più appropriati livelli.
Vale lo stesso per il trasporto navale, dove il problema si pone addirittura in forma inversa, perché un cartello monopolistico privato esiste proprio e gestisce le rotte in modo penalizzante per l’economia sarda.
Insomma, già siamo al paradosso che l’adeguamento delle strade statali lo paghiamo in larga misura con risorse ordinarie della Regione e che i nuovi treni da far circolare su una rete statale (che però lo Stato lascia in abbandono) li abbiamo comprati noi, ma continuare così su tutto il settore a me pare suicida.
Come in generale mi pare tale l’oblio in cui una colpevole accidia culturale, prima che politica, sta facendo inabissare l’articolo 13 dello Statuto sardo.

1 commento

  • 1 admin
    8 Dicembre 2015 - 11:22

    Andrea Pubusa

    Tonino Dessì tocca una delle questioni nevralgiche dell’attuale pochezza politica regionale: l’abbandono dello Statuto speciale, che - non lo si scordi - è un pezzo della Costituzione, essendo legge costituzionale.
    Lo Statuto contiene varie norme e disposizioni su cui si può far leva per trattare con forza le questioni oggi sul tappeto. L’art. 13 è senza dubbio quella più importante perché enuclea l’idea veramente innovativa che lo sviluppo della Sardegna può avvenire non con interventi settoriali e casuali, ma con un progetto organico, della cui elaborazione e attuazione lo Stato si fa garante sopratutto sul terreno normativo e finanziario. La Regione non è passiva destinataria perché concorre all’elaborazione del piano e ne è la protagonista anche nella fase realizzativa.
    L’art. 13, sia detto a beneficio degli smemorati e degli ignari, era talmente innovativo, da costituire per tanto tempo oggetto di studio e di dibattito fra i costituzionalisti e i politici.
    Ma ora gli insofferenti innovatori (ed invero anche gli eversori della Costituzione) annoverano lo Statuto fra le anticaglie da riporre nel museo della storia. Ci vuole ben altro, dicono i primi, mentre gli scassatori sono per l’abolizione della specialità. Sennonché le Costituzioni si modificano in meglio solo dopo che sono state attuate al massimo grado. E per lo Statuto sardo non è così. In attesa de Sa Repubbrica Sarda, quel testo costituzionale può offrire spazi per un confronto paritario con lo Stato.
    Oltre all’art. 13, si pensi all’art. 47 cpv. che consente al Presidente della Regione di partecipare al Consiglio dei Ministri, col rango di ministro, ogniqualvolta si discute di questioni che interessano la Sardegna. Non è meglio di vedere il Presidente di turno trattare con i funzionari ministeriali? .

Lascia un commento