Silvio Trudu
Docente ITES “P. Martini”
Ne L’Unione sarda di domenica l’ing Gian Michele Camoglio, dirigente dell’Ufficio Pianificazione Territoriale della Provincia di Cagliari, conferma il disegno di cessione ai Carabinieri del Martini e dell’Alberti all’autorità portuale. Il dirigente della Provincia delinea l’operazione di smantellamento delle scuole pubbliche, presentandola come la realizzazione di un grande progetto di sistemazione di aree. La Provincia, fra l’altro, è ora commissariata e, dunque, senza controllo democratico. Il pericolo è dunque reale. Questo disegno va combattuto con fermezza. Le scuole pubbliche devono rimanere al centro di Cagliari e nelle loro sedi storiche. La battaglia continua.
Ecco l’intervento di un docente del Martini.
Ho frequentato il Martini, nella sua sede storica di via Sant’Eusebio, a cavallo tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80 in una fase storica che, semplicisticamente, viene spesso configurata come momento di passaggio tra il periodo dell’idealismo e quello del consumismo. Sono stati, comunque la si veda, anni di forti cambiamenti che cominciavano a intravedersi anche nel mondo della scuola, fermo sino ad allora alla fine degli anni ‘60.
Decisi di iscrivermi al Martini per questioni affettive e pratiche, poiché mio nonno, che fu co-fondatore dell’ordine dei Commercialisti, studiò in quel caseggiato, nella via sant’Eusebio e, io pensavo di proseguire con la sua stessa professione.
Inoltre, il Martini era una scuola molto conosciuta nella città, ed era citata, a livello nazionale, come un modello di scuola pubblica efficiente e innovativa, perché formava professionisti di alto livello in campo economico, artistico e scientifico, segno evidente che la preparazione fornita permetteva, a chi la acquisiva, di completare con profitto qualunque percorso universitario e di realizzarsi in ambienti lavorativi diversi.
Lì ho vissuto con passione il periodo della mia adolescenza; lì hanno contribuito a formarmi come persona bravissimi docenti, raccontandomi della vita attraverso pensatori e matematici che la avevano osservata con occhi più capaci dei miei; lì ho iniziato a gioire e soffrire per gli amori vissuti e per quelli anche solo immaginati; da lì provengono i miei più cari amici di oggi, perché essi erano i miei compagni di allora.
Nella mia gioventù io non ho mai vissuto la scuola, quella scuola, come un corpo estraneo, ma mi sono sempre sentito parte di essa, parte di una comunità con un forte senso di appartenenza, intesa come partecipazione diretta e attiva alla sua vita: al Martini, da studente, ho fatto parte degli organi collegiali, mentre mio padre, per tre anni, è stato Presidente del Consiglio di Istituto.
Questo legame, unitamente ad altri fattori, non ultimo il debito di riconoscenza che io sentii, determinarono che io scegliessi quell’Istituto, alla fine degli anni ‘80, dopo sei anni di lontananza, come docente, per contribuire, nel mio piccolo, a mantenerla come io la vedo ancora oggi: una scuola speciale, popolata e vissuta da persone speciali (studenti e docenti) della quale mi onoro di far parte. Persone. Con un loro vissuto e le loro scelte; scelte nobili quanto io considero le mie di allora. Non una massa poltigliosa e informe.
Questo rappresenta per me quel piccolo mondo.
In diverse occasioni, negli ultimi decenni, l’edificio della via sant’Eusebio, è stato oggetto di forti attenzioni da parte di soggetti terzi, a causa della sua posizione privilegiata e delle sue dimensioni e rimane oggi l’ultimo baluardo dell’istruzione tecnica nella città di Cagliari, ormai quasi totalmente esclusivo appannaggio dei licei.
Recentemente una relazione stilata dai tecnici della Provincia pare che abbia suggerito l’adeguamento dei parametri relativi al carico dei solai dell’edificio (oggi in linea con norme precedenti) alla normativa attuale prevista nello specifico per i caseggiati destinati alle scuole, con conseguente trasloco degli studenti in altra sede (Besta a Monserrato).
In passato abbiamo rifiutato richieste di trasferimento apparentemente temporaneo del Martini in altre zone della città. Tali proposte, presentateci con motivazioni più o meno creative, nascondevano solo il tentativo di insediare, nell’edificio che ci ospita, altri inquilini. E lo abbiamo fatto lottando, talvolta con l’occupazione dell’edificio, talaltra accettando il compromesso dello sdoppiamento, con la creazione della sede del Besta a Monserrato.
Oggi si ripropone lo stesso problema.
Apprendo oggi da fonti giornalistiche (L’Unione sarda intervista Camoglio, ingegnere capo della Provincia) che è allo studio l’ipotesi di traslocare il Martini (dopo il periodo di permanenza nei locali del Besta) nell’area di via Nuoro dove oggi è presente la caserma dei Carabinieri, dopo la costruzione di un polo scolastico che dovrebbe comprendere anche il liceo Alberti…
Ciò, pare, per permettere all’arma dei Carabinieri di occupare decine di migliaia di metri quadri tra la via Sonnino e la via Sant’Eusebio, lungo tutta la via Grazia Deledda. Uno spazio niente male.
Le motivazioni di questo Risiko le lascio all’intelligenza di chi legge.
Verità o inganno?
Nel dubbio io …
chiedo alle autorità competenti, che onorino parte di quel grande debito di riconoscenza che la città e la Provincia hanno verso il Martini, GARANTENDO che esso continui a operare nella sua sede storica, come ha fatto ininterrottamente per tante generazioni di cagliaritani. Così smentendo quel fastidioso luogo comune (a cui io naturalmente non credo) che le vede amiche dei potenti di turno e dei loro serbatoi elettorali e che descrive i loro rappresentanti ottimi riscossori e pessimi pagatori;
invito tutti coloro i quali hanno a cuore le sorti del Martini,a mantenere alta la attenzione, esperendo ogni azione utile ad avere GARANZIE CERTE circa il mantenimento dell’Istituto Tecnico Economico “Pietro Martini” nella sua unica sede possibile: la via Sant’Eusebio.
Infine mi permetto di suggerire a tutti coloro i quali liquidano lo scrivente, tacciandolo di dietrologia, di guardarsi bene alle spalle, affinché questa storia non si concluda seguendo lo stesso percorso dell’ombrello di Altan: senza …logìa.
1 commento
1 Gianfranco Sabattini
20 Ottobre 2015 - 14:39
Salviamo Il “Martini”
Giusta la preoccupazione di chi teme che le scuole collocate al centro della città siano considerate alla stregua di un ingombro, per cui sia valida l’idea di “scaraventarle” in periferia o, in ogni caso, di destinare le vecchie sedi scolastiche, poste in luoghi centrali della città, ad altre istituzioni sociali che, per quanto necessarie, non assolvono certo al ruolo proprio delle scuole. Al riguardo, si dovrebbe tener presente quanto il pensiero moderno ha acquisto riguardo al ruolo delle città e del loro tessuto scolastico in fatto di sviluppo locale, concepito ora come alternativa vincente rispetto alla tradizionali politiche centralistiche che, in realtà, come sta a dimostrare il caso del Mezzogiorno, ma anche quello della Sardegna, si sono dimostrate fallimentari.
Il moderno pensiero in fatto di sviluppo locale pone al centro dell’attenzione il ruolo delle comunità locali per sorreggere e governare la crescita e lo sviluppo del loro territorio, concorrendo alla formazione di una risorsa, il “capitale territoriale”, di cui sinora mai è stata considerata l’importanza. Una delle componenti del capitale territoriale è la coesione sociale, indispensabile per l’assunzione da parte delle singole comunità delle scelte, non prive di sacrifici, utili a promuovere una crescita ed uno sviluppo consoni alle loro aspirazioni.
Il fallimento delle politiche di sviluppo sinora attuate non ha cero contribuito a favorire l’approfondimento della coesione sociale; anzi, gli effetti del fallimento delle politiche del passato e i sacrifici imposti sul piano dei diritti sociali alle comunità territoriali dalla crisi che ha colpito il Paese hanno semmai peggiorato l’instabilità economica e sociale, sino a mettere in serio pericolo la capacità di tenuta dell’ordine comunitario e la conservazione di un minimo di solidarietà sociale.
Tenuto conto di quanto sin qui detto e del ruolo che le scuole di ogni grado sono chiamate a svolgere sul piano della coesione sociale, è davvero sorprendente che si pensi di trasferire quelle che ancora permangono al centro del tessuto urbano della città di Cagliari in periferia; semmai dovrebbe essere preso in seria considerazione un progetto che preveda di trasferire al centro delle città le scuole che nel tempo sono state trasferite o sono sorte nelle periferie, partendo dal presupposto che maggiore è l’interazione della popolazione studentesca dovuta alla vicinanza delle scuole, maggiore è la probabilità che sia interiorizzata dai giovani la consapevolezza dell’insostenibilità dello stato sociale ed economico attuale, sino a far lievitare in essi l’urgenza di un impegno comune per porre rimedio alla insostenibile status esistenziale cui loro malgrado sono costretti a subire gli effetti negativi.
Il trasferimento del Martini, dunque, dovrebbe essere giudicato nell’ottica sin qui succintamente indicata; il trasferimento se fosse, come si dice, realmente determinato dall’intenzione di assegnare il vecchio caseggiato della scuola all’allargamento della sede dell’adiacente legione dei carabinieri, corrisponderebbe ad una decisione del tutto incomprensibile, considerato che dovrebbero essere le strutture delle Stato ad essere trasferite in periferia e non le scuole; a queste dovrebbero, invece, essere assegnate le sedi di tali strutture, con grande vantaggio per l’intera comunità cittadina, ma anche per una migliore conservazione della capacità di tenuta della struttura urbana, considerato che la presenza di infrastrutture pubbliche diffuse nella città rappresentano, come da tempo si sostiene, un insopportabile costo per l’usura che esse causano ingiustificatamente.
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