Province: c’è chi resiste al governo e vince

16 Ottobre 2015
1 Commento


Andrea Pubusa 

La Regione Sardegna si è cacciata nei guai  adeguandosi pedissequamente alla legislazione statale sulle province. Alla faccia dell’autononia! Ha messo i podestà nelle province, persino in quelle storiche, previste dallo Statuto speciale, che è legge costituzionale, sopprimendo gli organi rappresentativi. Sarebbe interessante che qualcuno andasse a vedere cosa succede li dentro. Immaginiamoci lo spasso dove manca la rappresentatività e il controllo democratico se la malamministrazione e il malaffare allignano anche dove ci sono gli organi rappresentativi e, dunque, talora un controllo dell’opposizione. 
La Regione sarda ha zelantemente sciolto gli organi rappresentativi, seguendo la tendenza nazionale, ora estesa da Renzi perfino al Senato, di sopprimere la rappresentanza democratica, ossia il carattere rappresentativo degli enti locali.
Ma era questa l’unica strada? La Corte costituzionale ha detto di no con la sentenza n. 197/2015, pubblicata nei giorni scorsi. Il giudice delle leggi ha rigettato il ricorso del Governo del 14 maggio 2012 contro una legge del Friuli-V.Giulia. Con questo atto il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 marzo 2012, n. 3 (Norme urgenti in materia di autonomie locali). La disposizione regionale impugnata interviene in materia di autonomie locali, dettando norme sulla competenza della Regione a proposito di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali degli enti locali. Essa stabilisce, al comma 1, che in conformità allo Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia e alle Norme di attuazione, al fine di valorizzare gli strumenti di autonomia normativa e le forme di rappresentanza delle comunità locali, nella Regione Friuli-Venezia Giulia si applica – nelle more dell’attuazione della riforma dell’ente Provincia nell’ambito dell’ordinamento costituzionale – la legislazione regionale in materia elettorale, sugli organi di governo e sulle funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane. Al comma 2, aggiunge che, fino al recepimento nell’ordinamento regionale della riforma costituzionale appena ricordata, sono confermate le vigenti modalità di elezione, la formazione e la composizione degli organi di governo dei Comuni e delle Province del Friuli-Venezia Giulia, nonché le funzioni comunali e provinciali e le relative modalità di esercizio. Insomma, la Regione friulana manda al diavolo la normativa statale che ha compresso il carattere elettivo e rappresentativo delle province. E il governo, per tutta risposta, la richiama all’ordine, portando la legge regionale davanti alla Corte costituzionale.  
Cos’ha detto il Giudice delle leggi? Ha risposto picche al governo, salvando la legge regionale. Ha sancito, disattendendo la richiesta del governo, che l’applicazione della legislazione regionale in materia elettorale, nonché di organi di governo e funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane, e la conferma delle vigenti modalità di elezione, formazione e composizione degli organi di governo e la legislazione in materia di funzioni comunali e provinciali, non sono in contrasto con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, posti dall’art. 23, commi da 16 a 20-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214. Conseguentemente dice la Corte non è stato violato l’art. 117, terzo comma, Cost., che disciplina la potestà legislativa regionale. 
Cosa prevedeva l’art. 23 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito? Disponeva, tra l’altro, la riduzione dei costi di finanziamento delle Province, fissando limiti al numero dei consiglieri provinciali (comma 16) e disciplinando le modalità di elezione degli organi con rinvio alla legge statale (commi 16 e 17). La stessa norma prevedeva che, per gli organi provinciali da rinnovare entro il 31 dicembre 2012, si procedesse, in attesa della legislazione statale sulle relative modalità di elezione, alla nomina di un commissario straordinario in applicazione dell’art. 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali). La Regione sarda si è adeguata senza proferire parola e infatti le province hanno il podestà, il Friuli ha invece mantenuto gli organi rappresentativi. E la Corte le ha dato ragione, dichiarando la «radicale inammissibilità» del ricorso del governo, perché la Corte costituzionale, con la sentenza n. 220 del 2013, ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale «dell’art. 23, commi 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20, del d.l. n. 201 del 2011», nonché, in via consequenziale, «dell’art. 23, comma 20-bis, del d.l. n. 201 del 2011», vale a dire di tutte le disposizioni di cui il governo lamenta la violazione da parte della Regione friulana.
Morale della favola. Primo, alle iniziative antidemocratiche del governo si può e si deve resistere, cosa che la Regione sarda non fa. Secondo, la Regione sarda, adeguandosi alla volontà del governo, si è messa in un brutto pasticcio. Ha commisariato le province, anche quelle storiche, e si avvia a sostituirle con le unioni dei comuni, un’esperienza già fallita coi Comprensori negli anni ‘70 e le Comunità montane. Balbetta sull’area metropolitana di Cagliari e si prevedono ulteriori pasticci. C’è però il rischio che la Corte costituzionale mandi a catafascio questa costruzione, già di per sé discutibile e confusa, con conseguenze catastrofiche per la Sardegna, già afflitta da gravi mali. Ora, gli enti locali vengono incasinati e messi in mezzo al guado anziché metterli a disposizione dei territori. Una follia in questa siruazione di grave difficoltà!
Che ne pensa, di grazia, l’assessore regionale alla Riforma, che è un valente costituzionalista? Perché non interviene riportando ordine e razionalità? Perché non richiama al rispetto della Costituzione e dello Statuto, che prevedono le province come ente intermedio esponenziale e rappresentativo delle rispettive comunità, secondo l’art. 5 della Carta? Non vorrà rifare la figura che ha rimediato con la legge statutaria di Soru, da lui caldeggiata, finita miseramente sotto la scure proprio della Corte costituzionale? 

1 commento

  • 1 marco de rebus
    18 Ottobre 2015 - 17:44

    D’accordo sulle sentenze e sull’autonomia, ma in Sardegna non c’è stato un referendum? Non sarebbe il caso di rispettare la volontà popolare?

    Risposta

    Il referendum abrogativo riguarda soltanto le province istituite con legge regionale, vale a dre Carbonia-Iglesias, Medio Campidano. Ogliastra e Gallura. Per le altre il referendum è stato solo consultivo. Tuttavia, si sta andando verso le unioni di Comuni, una soluzione inadeguata in partenza (si ricordino comprensori e Comunità montane). In questo contesto delle province rinnovate potrebbero essere la soluzione, giacché un ente intermedio fra Regione e Comuni è necessario in relazione alle funzioni di area vasta. Certo che la peggiore sciagura è accentrare ancora sulla Regione, ormai divenuta una palla al piede per la Sardegna.

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