Gonario Francesco Sedda
Paolo Mieli nell’apparato propagandistico del blocco dominante non gioca il ruolo di ideologo d’assalto. È piuttosto un colto facilitatore di consenso che stempera i contorni di qualsiasi dissenso o contrasto confondendoli in una tranquilla nebbia soporifera. Ma non sempre. Talvolta l’esperto «cerchiobottista» si lascia travolgere dalla passione partigiana. Come in un recente editoriale [La nuova sinistra di scuola ateniese, Corriere della sera, 27 agosto 2015] dove si esercita in una costruzione retorica fatta di parole decontestualizzate (dunque, ambigue e distorcenti) e dove non esita a usare come argomenti “forti” (benché sia anche uno storiografo) squarci di storia visti dal buco della serratura. Il suo intento è denigrare qualsiasi tentativo di costruire una “sinistra” diversa da quella che piace a lui, ma riesce solo a scodellare una zuppa sfatta e ribollita.
1. «Proletari di tutto il mondo unitevi. Ma se […] vi capita di vincere le elezioni […], sparate a zero contro il vostro governo e pensate subito a dividervi. [..] Il “successo” del cofferatiano Luca Pastorino che alle recenti regionali in Liguria ha fatto perdere la democratica Raffaella Paita a vantaggio del berlusconiano Giovanni Toti (pur se è quasi assodato che la Paita sarebbe stata sconfitta anche se Pastorino fosse rimasto, per così dire, al suo fianco) potrebbe diventare il simbolo di un fenomeno di portata continentale».
Che meraviglia!, P. Mieli comincia con una citazione di K. Marx e F. Engels. Sembrerebbe che per lui l’unità sia il risultato di un’inclinazione assoluta (senza condizioni, a prescindere dalla condivisione di un programma fondamentale che garantisca anche il dissenso contingente). Non era così per i due rivoluzionari tedeschi che hanno chiuso con l’esortazione all’unità dei proletari solo dopo averli collocati dentro il processo di affermazione della borghesia capitalistica, dopo averne spiegato il loro ruolo e dopo aver indicato i compiti e gli obiettivi di breve-medio periodo e i loro fini nel lungo periodo (“lo scopo finale”).
Comunque l’eco della solenne citazione si spegne con lo strampalato richiamo al caso delle recenti elezioni regionali in Liguria con la lista guidata da L. Pastorino che avrebbe «fatto perdere la democratica Raffaella Paita a vantaggio del berlusconiano Giovanni Toti (pur se è quasi assodato che la Paita sarebbe stata sconfitta anche se Pastorino fosse rimasto, per così dire, al suo fianco)»!!! Ma … se R. Paita ha perso per demerito suo (e di chi l’ha sostenuta) – «è quasi assodato»!!! – perché mai il caso ligure dovrebbe «diventare il simbolo di un fenomeno di portata continentale»?
2. Avete mai sentito dire che P. Mieli fosse un simpatizzante di Syriza e apprezzasse la guida di A. Tsipras?
Y. Varoufakis, P. Lafazanis, A. Tsipras e gli altri pari erano: tutti esponenti di una “sinistra” che non saprebbe «fare i conti con la realtà», separata dalla grande famiglia europea liberaldemocratica (dei socialdemocratici, dei democratici e dei progressisti). Ma dopo che inaspettatamente A. Tsipras si è piegato al ricatto e alle imposizioni dell’oligarchia industrial-finanziaria europea, senza assolverlo del tutto per il suo passato e senza essere ancora sicuro riguardo alla direzione che prenderà nei prossimi mesi e anni, si sente di doverlo associare almeno idealmente alla “sinistra” di scuola renziana. E lo difende da P. Lafazanis e compagni confermando la loro infamia di fedeli alla “sinistra” di scuola ateniese con «lo scopo evidente […] di fare danno ad Alexis Tsipras anche se è improbabile che riescano a ottenere l’effetto Toti» – effetto che P. Mieli richiama ancora, nonostante abbia scritto che «è quasi assodato» che non sia mai esistito!!!
La “voluttà di sconfitta” sembrerebbe conquistare – osserva preoccupato il nostro editorialista – persino la maggioranza del Partito laburista del Regno Unito. Infatti «dopo la catastrofe elettorale di Ed Miliband del maggio scorso» potrebbe prenderne la guida J. Corbyn, oppositore della politica “diversamente thatcheriana” di T. Blair e deputato indisciplinato che «sostiene di aver votato ai Comuni ben cinquecento volte contro le indicazioni del proprio partito. […] Un record che, qui da noi, farà impallidire i seguaci di Miguel Gotor». Magari farà impallidire M. Gotor e i suoi seguaci, ma è poco probabile che faccia venir loro sufficiente coraggio.
3. Ma chi è il vero “ispiratore” continentale di questa politica bramosa di sconfitta che provoca «un gran danno alla … casa madre» e può «mandarla in rovina»? Secondo P. Mieli è un diabolico tedesco: Oskar Lafontaine. Politico certamente capace, ma inaffidabile. Ha osato persino tuonare “contro la dittatura dei mercati finanziari” e addirittura «da presidente [della Spd] non perse occasione per manifestare il suo dissenso nei confronti della politica di rigore imposta da Schröder».
Ma è ascoltando dal buco della serratura che P. Mieli completa il suo quadro denigratorio: «Nel 2008 l’ex leader socialdemocratico Helmut Schmidt, per spiegarne le fortune, ha sostenuto che Lafontaine gode di un grandissimo carisma (“come Adolf Hitler”, ha aggiunto non senza una qualche malizia). Nel 2013, Günter Grass, con toni meno eleganti, lo ha definito un “viscido traditore” specializzato nel far perdere la sinistra nel suo insieme».
Naturalmente i toni di P. Mieli dovrebbero essere tra la malizia e l’eleganza. O forse no: potrebbero essere quelli di un rozzo propagandista. Comunque questo diabolico e viscido nazi-traditore ha fondato (assieme ai rottami comunisti della ex-DDR) il partito Die Linke (La sinistra) che addirittura «ha collezionato una lunga serie di mini-successi». E a questo punto ha modo di manifestarsi la grande forza interpretativa di uno storico di razza come Paolo Mieli: «Così Die Linke è andata crescendo […] e, proprio in virtù di questi exploit, la sinistra tedesca ha sempre perso e Angela Dorothea Merkel ha avuto un’assicurazione a vita alla cancelleria di Berlino». E … così si spiega la storia contemporanea a un bambino che ripete la prima elementare per la terza volta. La colpa sarebbe solo degli altri, di chi provoca un gran danno alla “buona” casa madre, di chi la manda in rovina; la colpa sarebbe dei traditori specializzati «nel far perdere la sinistra nel suo insieme».
Se «la Spd negli ultimi dieci anni (dieci anni!) ha dovuto accontentarsi di stare in grande coalizione con la Merkel dal 2005 al 2009, fuori dal governo tra il 2009 e il 2013, e di nuovo dentro dal 2013»; e se qualche importante e disperato leader socialdemocratico «ha proposto al proprio partito di saltare il turno elettorale del 2017», di chi mai potrebbe essere la colpa? Di uno solo naturalmente: «Missione compiuta, compagno Lafontaine». Meno male che P. Mieli non ha concluso ironicamente (e ancora una volta indebitamente) con un’altra citazione di K. Marx: «Ben scavato, vecchia talpa!».
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