Tonino Dessì
Nei giorni scorsi la stampa quotidiana sarda ha dedicato ampie pagine al fenomeno dell’abbandono dei rifiuti in Sardegna. Non è un fatto, a dire il vero, solo sardo. Chiunque abbia esperienza frequente di viaggi in auto o in treno nel “Continente” può farci caso e obiettivamente costatare che, salvo qualche realtà provinciale da considerare più eccezione che regola, tutta l’Italia, sia pure con differenze macroscopiche tra Nord, Centro e Sud, e’ colpita da questa realtà. Non è nemmeno un fatto nuovo: ce ne lamentiamo puntualmente ogni anno, prevalentemente in questa stagione. Eppure, anche solo empiricamente, io stesso, gia’ prima dell’estate, ho avuto l’impressione che quest’anno abbiamo toccato un picco allarmante, intollerabile in relazione alla nostra realtà regionale e alla qualità ambientale che desidereremmo, prima ancora che per l’immagine turistica che vorremmo dare e che su molti terreni si sta rivelando fragile, se non falsa.
Opportuna quindi, anche ai fini di un civico richiamo a più consoni comportamenti, la denuncia giornalistica, anche se l’approfondimento mi pare non sia andato al di là di questa e che la debole risposta istituzionale si sia tenuta lontana dall’affrontare la questione con risposte più puntuali.
Mi ha colpito piuttosto il contenuto di un’intervista all’ottimo Comandante del CFVA, Gavino Diana.
Dall’intervista si apprende intanto che il Corpo continua intensamente a impegnarsi nell’attività di controllo e di sanzione dei comportamenti incivili e illegali in materia, ossia in uno dei suoi compiti istituzionali “propri”, che ne giustificano l’articolazione diffusa, “sul campo”, in tutto il territorio regionale. Una questione, quella delle funzioni specifiche del CFVA, prioritarie rispetto ad altre di tipo ausiliario, sulla quale ho scritto spesso e su cui non torno qui.
Tuttavia, dalle dichiarazioni del Comandante Diana, si evince anche un qualche scoramento, nel constatare che il fenomeno sembra inarrestabile, che esso coinvolge prevalentemente e permanentemente i residenti perfino più che i turisti, che è diffuso in ogni ceto e in tutte le categorie professionali, culturali e sociali.
Io, forse per personale esperienza e per peculiare sensibilità, leggo nelle considerazioni di Gavino Diana l’implicita manifestazione di una certa solitudine del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione sarda nell’esercizio di questa preziosa funzione (come forse di altre).
Sono convinto infatti che il tema della produzione e della gestione dei rifiuti sia uno dei più complessi (e interessanti) problemi di governance territoriale e che esso debba essere affrontato in coordinamento tra una pluralità di soggetti.
Era questo lo spirito con cui, nel giugno del 2006, proposi a una serie di soggetti istituzionali territoriali, Province, Comuni, Prefetture, Aziende e Enti di gestione di infrastrutture, un’iniziativa coordinata per affrontare organicamente alcuni aspetti preventivi e repressivi, relativi al fenomeno di cui parliamo. Lasciai l’incarico poche settimane dopo e non so se almeno l’ispirazione dell’iniziativa abbia avuto seguito. La prima delle domande che, se conducessi io un’inchiesta, mi sentirei di fare, perciò, è questa: C’è una regia coordinata regionale che si occupa di questo problema? O ciascuno va (e non va) per i fatti suoi?
La mia iniziativa si inseriva, affiancandola, nel solco del Programma “Sardegna Fatti Bella”, una parziale “riconversione finalizzata” del “Piano per il lavoro”, che, con una dotazione di 20 milioni di euro da distribuire tra i Comuni, promuoveva un intervento straordinario di ripulitura del territorio regionale. È stato mai fatto un pubblico bilancio dell’attuazione di quel programma? Che esiti contingenti ha avuto, che indicazioni permanenti ha dato?
Essendo stato concepito come straordinario, potrei capire che il programma non sia stato ripetuto. Quindi da cosa è stato sostituito, nell’”ordinario”?
Avendola direttamente inaugurata, poi, io resto convinto che la via maestra della raccolta differenziata non vada abbandonata. Diciamo a tal proposito che fino a quando perdurerà una situazione “a macchia di leopardo”, nella quale ancora ampie realtà del territorio regionale (in particolare le maggiori città e quindi praticamente la meta’ dei cittadini sardi) resteranno scoperte dalla raccolta differenziata, permarranno gravi disfunzioni nella gestione della produzione e del rilascio dei rifiuti. Sono per il “porta a porta” e resto contrario al mantenimento o al ritorno dei cassonetti stradali. Sono per il riciclo e per il riuso più spinto dei materiali, quindi non concordo sulla realizzazione di inceneritori: anche su questo ho recentemente scritto e non ci torno qui.
Tuttavia è evidente che qualcosa d’altro non sta funzionando qui ed ora, nell’attuale sistema di raccolta differenziata dove c’è, se tanto diffuso e apparentemente inarrestabile si sta rivelando lo spargimento abusivo dei rifiuti. Sono corrette le metodologie, i tempi, gli orari del servizio, comune per comune? Sono adeguate le informazioni date all’utenza? Sono ottimali, luogo per luogo, le forme di organizzazione del lavoro e di resa dei servizi da parte dei privati concessionari? Vi e’ concorrenza anche in relazione alle migliori pratiche, nelle assegnazioni concorsuali dei servizi di raccolta, oppure vi sono condizioni, se non monopolistiche, oligopolistiche, che consentono senza conseguenze gestioni qualitativamente insufficienti, inadeguate, incontrollate?
Ecco: se dovessi approfondire ulteriormente un’inchiesta, queste sono le domande che porrei.
Ma soprattutto, se fossi un responsabile istituzionale del livello competente, queste sono le questioni che mi proporrei di affrontare con urgenza.
Abbandono dei rifiuti e organizzazione della raccolta
1 Settembre 2015
2 Commenti
2 commenti
1 Andrea Pubusa
1 Settembre 2015 - 10:58
Quando Tonino Dessì mi parlò le prime volte dei suoi propositi e della sua azione da assessore regionale all’Ambiente sui rifiuti, rimasi colpito e affascinato dalla complessità delle questioni e dalla natura avveniristica dei progetti. In realtà, Tonino si sforzava di tradurre in salsa sarda quanto nelle situazioni all’avanguardia già si faceva. Non c’è dubbio che poi. con altri assessori regionali, quel percorso ha subito un rallentamento. Ci vuole passione e competenza per affrontare questioni così complesse e ci vuole organicità non solo degli interventi a valle, ma anche, a monte, nel limitare la produzione dei rifiuti. Bisogna poi riuscire a separare gli aspetti della tutela dal business, che in questo campo si traduce spesso in malaffare. E Tonino aveva certo l’attrrezzatura culturale e politica per fronteggiare al meglio la situazione.
Nel mio intervento dei giorni scorsi su questo blog, ho voluto provocatoriamente affrontare una questione più limitata, ma altrettanto importante, quella dei rifiuti dei gitanti, che, d’estate, nelle spiagge sono migliaia. La raccolta porta a porta riguarda gli stanziali, ma ai gitanti non si può dire soltanto di conservare i rifiuti e riportarli a casa. A Chia il messaggio è questo e non dà ottimi risultati. In altre spiagge invece i cestini differenziati esistono e, secondo me, agevolano la pulizia.
La tendenza attuale prevalente è a ricondurre il fenomeno dell’abbandono alla maleducazione. E certo questa c’è. Ma bisogna anche individuare le misure che favoriscano la raccolta più diffusa. I luoghi puliti e civili (penso sempre all’Alto Adige) vedono anche un’alta presenza di punti di raccolta nei luoghi più frequentati, specie dai turisti. Le due cose vanno insieme.
2 Tonino Dessi'
1 Settembre 2015 - 13:59
Grazie, Andrea. Il tuo articolo mi ha molto stimolato e sono contento che tu abbia colto lo spirito (il richiamo alla complessità, ma con concretezza dinamica e di governo) che la materia impone.
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