Gli antifascisti italiani dalla guerra di Spagna ai lager nazisti

27 Agosto 2015
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da www.storiaXXIsecolo.it

Gli antifascisti italiani dalla guerra di Spagna ai lager nazisti

di Pietro Ramella

Gli antifascisti italiani dall’avvento al potere del regime fascista conobbero per quindici anni sconfitte ed emarginazione, mentre Mussolini toccava i massimi indici di popolarità e consenso. La conquista dell’Etiopia, retoricamente esaltata come vittoria della civiltà sulla barbarie - non erano certo di dominio pubblico l’uso dei gas ed il genocidio razziale perpetrato contro la popolazione indigena - aveva ulteriormente isolato gli ultimi dissidenti che languivano nelle carceri o subivano le afflizioni dell’emigrazione.

Fu la guerra di Spagna che ridiede dignità e vivibilità agli oppositori dell’Uomo della Provvidenza e del suo regime corrotto e violento, infatti, quattromila di loro accorsero in Spagna e per tre anni contrastarono in armi i generali ribelli ed i loro sostenitori palesi (Mussolini ed Hitler) ed occulti (democrazie europee e statunitense), pagando il riscatto del popolo italiano con circa seicento morti. Quando nell’ottobre 1938 il governo repubblicano spagnolo concordò con la Società delle Nazioni il ritiro dei volontari stranieri delle Brigate Internazionali, statunitensi, canadesi, inglesi, francesi, svizzeri e scandinavi raggiunsero i rispettivi paesi, mentre tedeschi, austriaci, italiani ed europei dell’Est rimasero in Spagna per poi passare in Francia nel febbraio 1939 al momento dell’occupazione franchista della Catalogna. Gli interbrigatisti furono di massima internati al campo di Le Vernet d’Ariegè dove, dopo un primo periodo d’ambientamento, crearono ad un’organizzazione politica che regolava la vita del campo. Nell’agosto, con la firma del patto di non aggressione tra l’ U.R.S.S. ed il Reich, furono raggiunti da molti altri fuoriusciti comunisti che non avevano preso parte militarmente alla guerra di Spagna.

Il 22 giugno 1940 nella foresta di Compiégne, a Rethondes, sullo stesso wagon-lit su cui i tedeschi sconfitti avevano firmato l’armistizio l’11 novembre 1918, la delegazione del governo francese firmò la convenzione d’armistizio con la Germania la cui clausola più odiosa e disonorevole era quella che prevedeva la consegna da parte francese di tutti i profughi tedeschi antinazisti. Il generale Weygand protestò, la clausola ledeva “l’onore della Francia” in quanto violava lo storico principio del diritto d’asilo, e ne domandò la cancellazione. I tedeschi rifiutarono, i francesi chiesero allora di modificare la clausola in: “La posizione dei cittadini stranieri che hanno cercato asilo in Francia formerà oggetto di un successivo accordo sulla base dell’onore e dell’umanità”. Forse inconsciamente per salvare i fuoriusciti tedeschi, i francesi introdussero il concetto di “cittadini stranieri” che finiva per comprendere tutti gli esuli. Sulla base del trattato i nazisti pretesero la consegna di tutti i tedeschi, austriaci e cecoslovacchi internati, e la stessa richiesta fu avanzata dalle autorità militari che occupavano i Dipartimenti Marittimi nei confronti dei nostri connazionali privi del permesso di residenza in Francia. Essi vennero tradotti in patria e di massima condannati al confino nell’isola di Ventotene, da cui sarebbero stati liberati dopo la caduta del fascismo del 25 luglio 1943. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, furono tra i primi organizzatori delle bande partigiane sorte per combattere i tedeschi ed i repubblichini di Salò; molti caddero sul campo o furono fucilati, altri, catturati dai tedeschi, conobbero la terribile esperienza dell’internamento nei campi di sterminio. Uguale sorte toccò a quanti, rientrati nei paesi europei di provenienza, in seguito occupati dai nazisti, furono arrestati per appartenenza alla Resistenza.

Dalle “Biografie degli antifascisti italiani in Spagna” riportate sul volume “La Spagna nel nostro cuore – 1936/1939″ edito dall’Associazione Italiana Combattenti Antifascisti di Spagna” si rileva che 111 (tra cui due donne) furono i deportati nei campi di sterminio nazisti da cui 38 (pari ad un terzo) non fecero ritorno. Le biografie malgrado il consistente lavoro di ricerca non hanno potuto, tenuto conto delle difficoltà derivanti dal tempo trascorso, essere esaurientemente complete, per cui di molti non si conosce dove furono arrestati ed i lager in cui furono internati in Germania.

Di 66 conosciamo il campo di internamento:

n. 15 a Buchenwald, da cui non tornarono:

Allocca Tommaso di Giovanni e Minervini Assunta, 8/9/1908, Campobasso.
Gardenal Giovanni di Egidio e Sandrigo Giulia, 22/2/1908, Aquileia (Ud).
Marcucci Vittore di Michele, 19/91983, Lucca.
Spilzi Giovanni di Giovanni, 31/5/1915, Caldogno (Vi).

n. 20 a Dachau da cui non tornarono:

Appolloni Crispino di Giuseppe e Rigotti Paolina, 5/3/1909, S. Lorenzo in Barale (Tn).
Bravin Italico di Giovanni e Zanolin Caterina, 12/10/193, Polcenigo (Pn).
Chucci Aristide di Domenico, 4.2.1909, Milano.
Getti Renato di Angelo, 1910, Langleville (Francia).
Mazzi/Strauss Umberto di Enrico e Davanzo Maria, 2/2/1885, Trieste.
Olivo Gino di Domenico, 1913, Torino (prov.)
Plozner Benedetto di Ferdinando e Primus Maria, 21/3/1899, Paluzza (Ud.).

n. 21 a Mauthausen, da cui non tornarono:

- Bono Antonio di Giuseppe e Agnese Margherita, 23.2.1894, Busca (Cn).

Bresovec Francesco di Giuseppe e Kljm Teresa, 20/11/1891, Trieste.
Briscolini Amido di Sante, 12/3/1902, Pergola (Ps).
Brusadin Giovanni Battista di Antonio, 18/8/1898, Pordenone.
Corradini Guglielmo di Anselmo e Prampolini Benvenuta, 6/6/1896, Scandiano (Re).
Crozzoli Ubaldo di Albino e Tamanini Maria, 12/4/1899, Trento.
Donati Enzo di Giovanni e Leurieri Aida, 23/6/1903, Parma.
Graziani Rino di Giacomo e Martini Apollonia, 5/1/1904, Lugo (Ra).
Jlic/Gilli Antonio di Stefano e Cettina Caterina, 24/1/1896, Fasana d’Istria (Croazia).
Roncatti Vittorio, 25/9/1901, Trento.
Sartirani Francesco di Alessandro e Corna Maria Teresa, 4/19/1899, Alzano Lombardo (Bg).

n. 10 in altri campi, da cui non tornarono:

- Formento Arnaldo di Angelo, 9/4/1901, Ormea (Cn).

- Mastrodicasa Leonida di Liborio e Santovecchio Rosa, 23/1/1888, Ponte Felcino (Pg).

Mlinar Giuseppe di Sante, 26/11/1895, Zara (Croazia).
Negri Carlo di Enrico e Liffert Rachele, 16/6/1896, Novara.
Vedova Luigi di Pietro e Rubianca Angela, 7/10/1904, Castelnuovo del Friuli (Pn).

Dei 45 di cui non conosciamo il campo dove furono internati, sappiamo che non sono tornati:

Baratto Leopoldo di Antonio e Sandri Teresa, 24/11/1910, Strigno (Tn).
Benussi Carlo di Stefano e Smolle Anna, 25/10!1883, Zara.
Bortolotti Giuseppe di Luigi e Malagoli Roberta, 26/9/1898, Modena.
Carcano Giambattista di Luigi e Fiorina Esella, 7/1/1895, Biandronno (Va).
Cosulich Carlo Umberto di Dante, 22/5/1901, Austria.
Dessimoni Mansueto di Francesco, 20/5/1903, Valfioriana (Tn).
De Zolt Giacinto di Giaicnto, 3/5/1902, S. Stefano di Comelico (Bl).
Pilotto Antonio di Gregorio e Turrini Angelo, 5/6/1899, Villafranca (Vr).
Rasera Giuseppe di Giuseppe e Dal Bo Caterina, 3/5/1899, Vittorio Veneto (Tv).
Spagolla Pietro di Luigi, 17/12/1901, Telve di Valsugana (Tn).
Tommasini Guido di Giovanni e Bee Bertola Clorinda, 22/12/1913, Dudelange (Luss.).

Biografie di combattenti “spagnoli” deportati in Germania:

Bardini Vittorio di Gaetano, 15/9/1903, Sovicille (Si). Muratore, comunista. Attivo fin dal primo dopoguerra, viene condannato dal Tribunale Speciale a cinque anni di confino. Scontata la pena, espatria clandestinamente, recandosi in Svizzera, Francia e Unione Sovietica. In Spagna è tenente della Batteria Antonio Gramsci. Internato a St. Cyprien, Gurs e Le Vernet, tradotto in Italia viene confinato a Ventotene. Dopo l’armistizio è partigiano , comandante di brigata GAP a Milano, arrestato e deportato a Mauthausen. Deputato alla Costituente e Senatore di diritto.

Noce Teresa di Pietro, 31/7/1900, Torino.Stiratrice, sarta, comunista. Inizia l’attività politica a quindici anni e otto anni dopo assume la direzione del movimento giovanile. Ripetutamente fermata, nel 1926 espatria una prima volta in U.R.S.S. e poi in Francia da cui rientra molte volte in Italia per svolgere lavoro politico clandestino. Nel 1935 partecipa al VII Congresso dell’Internazionale Comunista. Un anno dopo è in Spagna dove entra a far parte del Commissariato delle Brigate Internazionali. Dirige il giornale della Brigata Garibaldi ed è redattrice del volume “Garibaldini in Spagna” del 1937. Rientrata in Francia viene internata. Partecipa alla resistenza e nel 1943 viene arrestata ed internata nel campo di concentramento di Ravensbruck. Racconterà la sua esperienza nel libro “Rivoluzionaria di professione”. Deputato per diverse legislature.

Pajetta Giuliano di Carlo e Berrini Elvira, 1/10/1915, Torino. Studente, comunista. Arrestato una prima volta a quindici anni perché sospettato di svolgere propaganda comunista, nel 1931 espatria in Francia per sfuggire ad un nuovo mandato di cattura. Va nell’ U.R.S.S., poi nel 1934 ritorna in Francia. Il 5 gennaio 1937 si porta in Spagna ed è commissario politico (sotto lo pseudonimo di Giorgio Camen) della XIV Brigata Internazionale. Ferito a Brunete, esce dalla Spagna nel febbraio 1939 e viene internato. Evaso nel 1941 è tra gli organizzatori della Resistenza nel Sud della Francia. Rientra in Italia quale ispettore delle Brigate Garibaldi, arrestato viene deportato a Mauthausen. Lascierà una breve memoria dell’internamento in “Mauthausen ” ed. Picardi, Milano.

Pollastrini Elettra di Guido e Arceri Giuseppa, 15/7/1908, Rieti. Operaia, comunista. A soli sedici emigra in Francia dove diventa dirigente delle organizzazioni femminili comuniste e redattrice dei periodici “Noi Donne” e “La Voce degli Italiani”. Nel 1937 entra in Spagna dove si ferma in forma clandestina anche dopo la caduta della Repubblica, nel 1941 viene arrestata e tradotta in Italia. Nel 1943 viene deportata in Germania e condannata ai lavori forzati. Deputato.

Occorre ricordare che tra gli oppositori della dittatura gli internati provenienti dalla Brigate Internazionali furono quelli che più duramente pagarono l’opposizione al regime: perseguitati ed incarcerati in patria, costretti all’esilio, esposti ai pericoli della Guerra di Spagna e lotta di Liberazione, infine deportati nei campi di sterminio. Per questo motivo ritengo giusto definirli “Precursori della Resistenza” per significare che fu in Spagna che iniziò il cammino della Resistenza, che si sarebbe sviluppata anni dopo in Europa ed Italia, così come fecero gli americani, che coinvolti alla fine del 1941 nella guerra contro le potenze dell’Asse, definirono “Premature Anti-Fascists” (precursori antifascisti) i loro connazionali che avevano lottato per la democrazia spagnola nelle Brigate Internazionali e che si arruolarono e combatterono nell’U.S. Army.

Scarse le notizie trovate sugli interbrigatisti europei deportati.

Germania. Il 1° maggio 1941 vennero rimpatriati dalla Francia i tedeschi in ossequio al trattato di armistizio citato nelle pagine precedenti. Essi furono internati a Dachau o arruolati nei battaglioni di disciplina della Wehrmacht. Fra loro vanno ricordati Franz Dahlem, deputato e numero due del K.D.P., che nel dopoguerra diverrà Vice Ministro dell’Educazione della R.D.T. e Heinrich Rau futuro Ministro dell’Economia e Vice Premier della R.D.T.
Austria. Seguirono la stessa sorte dei compagni tedeschi. I superstiti hanno ricordato in una lapide posta nel campo di Mauthausen 38 loro compagni morti nei diversi campi.
Francia. Molti gli interbrigatisti appartenenti alla Resistenza deportati Fra loro i componenti del Battaglione F.F.I. d’Eysses che tentarono nel febbraio 1944 un’evasione dal carcere di massima sicurezza: Marc Perrin, Henry Neveu e Jourdan.
Polonia. Vanno ricordati tra gli altri quarantasette medici ebrei che avevano operato nei servizi sanitari in Spagna che arrestati dalla Gestapo in patria vennero uccisi pochi giorni dopo il loro internamento.
Romania. Christian Bernadac ricorda in “Morti viventi a “Mauthausen” sette interbrigatisti ebrei che dopo l’uccisione di un loro compagno volontariamente affrontarono il fuoco delle mitragliatrici dei posti di guardia al canto dell’ “Internazionale”.

(in TRIANGOLO ROSSO, n. 3 dicembre 2000 – pag. 44)

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