Sardi, emigrati e partigiani: il contributo dell’Isola alla Resistenza

13 Agosto 2015
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Marcello Fadda

 

Lario, Bozambo, Cavallino Bianco. Sono nomi di battaglia. Dietro ciascuna di queste parole risiede una storia. Lario in realtà si chiama Bruno Mulas, farmacista, diventerà il primo questore di Torino dopo la Liberazione. Bozambo è Leonardo Correddu,un contadino, mentre Cavallino Bianco è Quirino Mascia, sarto, vittima del più grave atto di rappresaglia tedesca nell’area torinese, la strage di Pian del Lot. Cosa hanno in comune questi personaggi? Mulas è nato a Lanusei, Correddu a Villanova Monteleone, Quirino Mascia è di Senorbì. Tutti sardi, tutti emigrati in Piemonte, tutti partigiani.

Il fenomeno della Resistenza al nazifascismo è stata a lungo considerata una questione di pertinenza “non nazionale”. Si è sempre considerata l’Italia come divisa in due. Il Nord partigiano permeato dei valori della Resistenza e il Sud disinteressato al limite del filofascismo. Eppure si sente muoversi un’idea che dopo quasi settant’anni cerca di ricollegare la Resistenza al percorso dei grandi eventi politici che hanno costruito l’Italia. L’ultima voce in ordine di tempo è quella del Consiglio Regionale del Piemonte che, nella persona del vicepresidente del Consiglio Regionale Roberto Placido, ha portato alle stampe un’opera intitolata “Meridionali e Resistenza. Il contributo del Sud alla lotta di Liberazione in Piemonte”.
Presentato nell’elegante cornice del Teatro Carignano, in pieno centro a Torino, alla presenza delle istituzioni e delle Associazioni coinvolte nel lavoro di ricerca, il progetto si propone di definire lo “spirito unitario della Resistenza. Il filo comune che lega Risorgimento, Guerre Mondiali e Liberazione” dice il Presidente Placido. La Sardegna è rappresentata dal vicepresidente de Consiglio Regionale Michele Cossa e dall’associazione Kinthales dei sardi in Torino. “La Sardegna è stata l’unica parte d’Italia in cui non vi fu una vera e propria lotta di Liberazione eppure in ogni formazione partigiana c’era un sardo” dice Cossa. “La maggior parte erano ex militari che dopo l’8 settembre si trovavano senza un punto di riferimento e impossibilitati a tornare a casa. Ma ci sono anche tanti personaggi che hanno scelto di lasciare l’Isola per un sentimento patriottico che li spingeva a voler lottare per i valori della Democrazia e della Libertà”. Il contributo dei Meridionali alla lotta di Liberazione nel Piemonte è stato importante.

Un quarto del totale dei partigiani era meridionale, circa settemila unità.”Non sempre il Piemonte è stato accogliente con i meridionali” dice Diego Novelli, Presidente ANPI Torino ” ma questo lavoro dimostra come gli italiani, per quanto diversi, davanti alla necessità di collaborare nel nome di valori più alti, si siano uniti, senza distinzione territoriale”. Tanti i sardi, soprattutto giovani. Questo evento è in particolare per loro, precisa Placido. Giovani come Mario Careddu di Luras, nome di battaglia Diana, fucilato dai nazisti a 23 anni. Come Salvatore Cubedu, Sassari, che un nome di battaglia non ha forse avuto il tempo di scegliere, ucciso a 16 anni nel comune di Clavesana. “Ma anche donne e anziani, tutti uniti nella lotta per la Libertà” conclude Cossa “questo lavoro è dedicato alla loro memoria, una memoria che unisce la storia con i valori fondanti della Nazione”.


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