Tonino Dessì
“È morto Luigi Cogodi. Uno dei due dioscuri del Partito Comunista cagliaritano e sardo con i quali mi sono confrontato per lunghi anni. L’altro era Emanuele Sanna, scomparso tre anni fa, anche lui all’improvviso. Entrambi diventarono dirigenti di partito e uomini delle istituzioni, prima a livello comunale, poi a livello regionale, da giovanissimi, come era possibile in tempi nei quali il Partito ancora programmava e gestiva il ricambio generazionale. Ebbero anche, conclusivamente, un’esperienza parlamentare. Profondamente radicati nel cuore popolare delle sezioni, facevano parte di una leva qualitativamente diversa dai quadri di apparato. L’impegno politico lo avevano dispiegato prima da studenti universitari, poi nelle professioni. Emanuele era medico, pediatra. Luigi avvocato. A me piaceva questo, di loro. Non erano una proiezione del partito nel corpo sociale: erano insieme persone riconosciute nella società civile e dirigenti di partito. Anche elettoralmente portavano un patrimonio proprio, capace di reggere persino alle alchimie (e alle trappole) delle liste combinate dalle segreterie del partito col sistema delle preferenze. Culturalmente di originaria matrice autonomista, ne prefigurarono pratiche istituzionali avanzate e progressivamente palesarono orientamenti convintamente federalisti: entrambi si professavano seguaci, in questo, di Umberto Cardia. Erano combattenti di gran classe, uomini di realizzazioni. Emanuele non fu solo l’Assessore regionale della sanità che con un colpo di mano aprì l’Ospedale Brotzu, allora bloccato da guerre intestine al mondo politico e dai grandi poteri regionali. Fu anche l’Assessore che fece approvare la prima riforma della sanità in Sardegna, dove ancora nel 1981 non esisteva il Servizio Sanitario nazionale, ma sopravvivevano transitoriamente le mutue e i consigli di amministrazione ospedalieri. Avvenne con una Giunta minoritaria di sinistra e laica, presieduta dal socialista Franco Rais, che si resse per appena un anno in Consiglio regionale appesa a un voto, quello del repubblicano Armando Corona, il quale a un certo punto fece mancare il suo sostegno, determinandone la caduta. Con le Giunte di sinistra e sardiste guidate da Mario Melis, entrò al governo regionale Luigi, mentre Emanuele assunse la Presidenza dell’Assemblea legislativa. Luigi è stato il padre della legislazione urbanistica, in una Sardegna che fino al 1989 ne era priva. Ed è stato l’Assessore che introdusse la pianificazione paesaggistica estendendola dal minimo dei 300 metri previsti dalla legge 431 del 1985 ai due chilometri dal mare, con una scelta del tutto originale e autonoma della Regione sarda. Diventato poi Assessore del lavoro, avviò la controversa legislazione straordinaria per l’occupazione. A lui si deve l’istituzione dell’Agenzia regionale del lavoro. Fu il 1989 a segnare distinzioni che avrebbero avuto conseguenze. Emanuele fu pienamente favorevole alla svolta di Occhetto e seguì l’evoluzione del partito fino alla costruzione del PD. Luigi, schieratosi su posizioni terziste, con Bassolino, fuoriuscì dal PDS prima che si trasformasse in DS, diede vita a una formazione autonomista e infine approdò a Rifondazione Comunista, per uscirne e contribuire alla costruzione di SEL in Sardegna.
L’uno e l’altro, nella fase giovanile e in quella matura della rispettiva vicenda politica e istituzionale, furono personalità originali, forti, innovative. La fase meno apprezzabile della loro storia e del rispettivo ruolo, in particolare nel PCI e nel PDS, fu più tardivamente caratterizzata dal collocarsi su posizioni di marcato conservatorismo rispetto alle esigenze di ricambio e di rinnovamento e dal loro divenire dei capicorrente, più leader di clan fidelizzati, ormai, che dirigenti unitari di partito. Questo causò con molti di noi uno strutturale, mai del tutto risolto conflitto, che non giovò alla sinistra sarda. Negli anni ‘90 la marcata composizione oligarchica della politica regionale causò l’indebolimento delle forze del centrosinistra di fronte al sopravvenire del berlusconismo e successivamente, nel 2004, provocò il ricorso all’ambiguo cesarismo soriano come rimedio esterno alla frantumazione dei gruppi dirigenti.
La generazione dei Sanna e dei Cogodi progressivamente scompare, come è naturale che sia. Se è rimasta senza eredi, una non irrilevante responsabilità l’hanno avuta proprio loro, che pure altrimenti sarebbero ricordati in prevalenza per quanto di indubbiamente positivo hanno dato alla Sardegna. E tuttavia, man mano che se ne vanno, avverto allargarsi un vuoto che mi coinvolge personalmente, perché se ne va con loro un pezzo della mia storia.”.
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