La Consulta bene sui contratti, ma evoca scenari inquietanti

26 Giugno 2015
1 Commento


Andrea Pubusa

E’  illegittimo il blocco dei contratti e degli stipendi della Pubblica amministrazione“. Ecco il succo dell’attesa sentenza della Corte Costituzionale sul blocco della contrattazione sindacale nel pubblico impiego.
Stop perentorio, dunque, del giudice delle leggi al legislatore, che ha cambiato in corsa le regole del contratto nazionale sulla contrattazione e la rappresentatività dei lavoratori.
Fin qui le luci. Ma ci sono anche le ombre in questa decisione e sono gravi.
La Consulta ha stabilito che la decisione dispiegherà i suoi effetti solo dalla data di pubblicazione. Niente retroattività, com’è proprio di tutti gli annullamenti e in particolare di quelli della Corte costituzionale. Perché è grave questa decisione sulla decorrenza degli effetti della sentenza? Perché crea un precedente in una materia delicatissima. La retroattività dell’annullamento significa che la violazione della Costituzione va incontro alla più drastica delle sanzioni: la legge costituzionalmente illegittima viene espunta dll’ordinamento fin dal suo nascere, è come se non fosse mai stata approvata e mai entrata in vigore. Al contrario, dire che l’effetto dell’annullamento si produce dalla pubblicazione della sentenza, significa ammettere che il vulnus della Costituzione per il periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della legge incostituzionale e la pubblicazione della sentenza di annullamento, permane, non è cancellato.
Nella sentenza di avantieri, come in qualche precedente, la decisione ha ad oggetto diritti di natura patrimoniale (anch’essi diritti, si badi), ma il principio, una volta radicato, può estendersi ai diritti fondamentali, alle libertà. Ed allora si finisce per ammettere “lo stato d’eccezione“, la sospensione delle libertà fondamentali, rigettata dall’Assemblea Costituente, su cui era caduta, ad esempio, la Carta di Weimar. Insomma, potrà accadere che una legge che sospendesse le libertà in occasione di fatti eccezionali, oggi non ammessa, a seguito dell’annullamento ad opera della Corte,  mantenga i suoi effetti pregressi. Un vero cambio di segno del nostro ordinamento!
Di fronte a questa prospettiva, confesso che il merito di questa sentenza per me passa in secondo ordine. Anche se non sottovaluto l’importanza della sonora bocciatura del blocco contrattuale, introdotto nel 2010 dal Governo Berlusconi, confermato poi dai premier Monti, Letta e Renzi. Questa sentenza riapre la contrattazione per oltre 3 milioni di lavoratori dello Stato, riconoscendo loro un diritto che la Costituzione connette alla libertà sindacale e alla funzione normativa delle organizzazioni sindacali in relazione al trattamento economico dei lavoratori.
Ora, la partita si sposta in sede di contrattazione. E’ li che i sindacati devono tentare di sanare un gap in busta paga ingiusto e illegittimo: in questi anni gli stipendi del personale della pubblica amministrazione si sono infatti illegittimamente ridotti di 3 punti rispetto all’inflazione, quelli di chi opera nel comparto scuola di 4 punti. Inoltre, anche l’indennità di vacanza contrattuale, attraverso cui si sarebbe recuperata una parte del mancato adeguamento stipendiale, è stata congelata, almeno fino al 2018. C’è margine di trattativa: si ricordi che, nel frattempo, sempre la Consulta (investita anche dal Tar di Cagliari) ha dato ragione ai magistrati, nel 2012, e ai pensionati, quest’anno, ritenendo illegittimo il blocco degli assegni stipendiali.
C’è un altro aspetto che non va sottaciuto. La sentenza è anche il frutto avvelenato del principio del pareggio di bilancio, recentemente introdotto negli artt. 81 e 97 Cost., che rischia di dare base ad una rilettura generale  della Costituzione, con la lente defomante del liberismo in luogo della solidarietà. Un altro grave pericolo sopratutto per i diritti sociali costituzionalmente garantiti, a partire dalla sanità e a finire col diritto allo studio. Questi diritti saranno condizionati dalla pareggio di bilancio. I diritti sociali sottomessi alla finanza e non frutto del solidarismo dell’ordinamento!
Come si vede, all’orizzonte compaiono delle nubi cariche di tempesta per i nostri diritti, con un ombrello, quello della Consulta, che inizia a presentare falle preoccupanti. Se, dopo la Presidenza della repubblica, vien meno l’altro garante della Carta, la Consulta, i tempi rischiano di diventare burrascosi. E’ bene averne consapevolezza.

1 commento

  • 1 Lucia Pagella
    28 Giugno 2015 - 12:48

    Si, le nubi sono minacciose anhe perché il pareggio di bilancio infilato nella costituzione, renderà impossibile per lo stato mantenere in essere gli attuali livelli di welfar e la possbilità per il servizio sanitario nazionale di provvedere a curare i cittadini. L’ovvia conseguenza mi sembra un dilagare del privato a beneficio dei soliti pochi ed a danno della comunità.

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