E per Soru è tutta colpa del destino cinico e baro

17 Giugno 2015
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Amsicora

La batosta del PD in Sardegna e dintorni? Colpa del destino cinico e baro. Almeno a leggere le considerazioni di Soru, una vera fiera dell’ovvio e del banale.
“Il voto non ci ha premiato” osserva. E cosa impone? “Una riflessione approfondita”, ovviamente. Le cause? “La lunga crisi economica” e il conseguente “forte astensionismo”. Ma ci sono anche ragioni specifiche, territoriali: “l’inefficacia di una politica locale spesso autoreferenziale e divisa per appartenenze (sic!), incapace di dare risposte concrete alle comunità”. Così Soru chiama cripticamente il PD, consorteria di consorterie, sempre affacendate in deteriori tatticismi interni e lotte intestine.
Quanto è diverso mister Tiscali dagli anni ruggenti del suo esordio! Allora, usava parole nette e toni decisi, si accreditava come seguace del virtuoso “sì, sì, no, no”; oggi si è convertito al perfetto modello di politichese soft, scontato e inutile.
Continua nel proporre l’armamentario dell’ovvio: «Il calo dell’affluenza, in particolare, è un sintomo preoccupante di sfiducia a cui il Partito Democratico non può rimanere indifferente”. Guandomai! E poi evoca un distacco dal fine primario: “il Pd è nato per allargare la partecipazione, per consentire ai cittadini di avere una casa dove discutere del destino della propria comunità”. Il contrario, cioé, della consorteria di consorterie prima evocata! E con un linguaggio cifrato, da servizi segreti, ammette che c’è ormai fuori chi fa sul serio ciò che dice. La bella persona di Andrea Soddu a Nuoro o la strana figura dell’americano a P. Torres. Soru così li richiama: “Abbiamo visto all’opera nuovi catalizzatori di energie (sic!), nuovi soggetti la cui influenza è inversamente proporzionale all’efficacia della proposta politica dei poli tradizionali” (sic!, sic!). Poi plana: ”È quello che è successo a Porto Torres, dove dopo cinque anni di centrodestra, l’esigenza di cambiamento è stata interpretata dal M5S meglio di quanto non abbia saputo fare il Pd e un centro sinistra diviso”.
Soru arrischia anche ricette: “il Partito Democratico ha la responsabilità ora più che mai di costruire un cambiamento vero, coraggioso, oltre le rendite di posizione e gli equilibri interni”. E poi un fiume di buonismo: “L’unico modo per riuscirci è continuare a discutere nel merito della visione di futuro per l’isola, lavorando sui territori, sulla partecipazione, sulla formazione dei giovani, orientando le istanze delle comunità verso un progetto complessivo. La politica regionale deve fare uno scatto in avanti, insieme a tutti noi. Il PD, insieme al centro sinistra, rappresentano l’alternativa più credibile e più lungimirante per l’isola, e nei prossimi mesi saremo chiamati a dimostrarlo». Parole, parole, parole…. Caro Renato, per essere l’uomo del fare, quale - ingannandoci - dicevi di essere al tuo esordio, dovresti innanzitutto dimetterti. Il “cambiamento vero” non è uno slogan. Richiede anzitutto etica pubblica, responsabilità. E tu sei  la controprova vivente del contrario, perché sei il segretario regionale del partito che ha subito la sconfitta in ragione dei mali che tu, con linguaggio fumoso ed oscuro, descrivi. Ma di cui tu stesso sei espressione e causa. Secondariamente, perché sei stato chiamato in giudizio per il reato forse più grave per un democratico, l’evasione fiscale. Lo so, c’è la presunzione d’innocenza. Ed è sacra. Ma questa non è un’assoluzione preventiva e, in campo politico, gioca nel senso di imporre un passo indietro, quantomeno di stare dietro le quinte. Tu invece sei parlamentare europeo e segretario regionale del PD. Se non ti dimetti, credimi, tutto quello che dici sul rinnovamento è aria fritta. Parole al vento.
Poi non sei solo in questa leggiadra posizione. C’è De Luca, già condannato in primo grado, e ci sono centinaia di dirigenti PD a Roma e nelle regioni. Una massa  enorme, di solito di capibastone. Doveste dimettervi tutti. Ma cosa rimarrebbe del PD?

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