Il PD si sfalda, battere Renzi e B. è possibile

16 Giugno 2015
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Andrea Pubusa

L’esito delle elezioni dice molte cose, ma fa sorgere anche tanti interrogativi; essere semplicisti è pericoloso. Volendo limitare l’analisi al PD si possono avanzare alcune ipotesi.
La prima, e forse la più sicura, è che Renzi ha già bruciato il suo credito elettorale. Ricordate Monti? Era il salvatore della patria, l’economista miracoloso, ascoltato in Europa e nel mondo, capace di salvare l’Italia. Ha fatto un po’ di lavoro sporco contro i lavoratori e i pensionati, quello che il PD d’allora non poteva permettersi, ed è uscito di scena senza lasciare rimpianti, anzi con un biasimo popolare. Poi, mischino, è stato mollato un po’ da tutti e non conta più nulla. La classica entrata da leone e uscita da pecora.
Renzi è divenuto presidente in modo non lineare, senza voler fare complottismo, si può certo dire che la sua designazione è avvenuta con procedura extraparlamentare. E’ diventato premier avendo vinto delle improbabili primarie del PD. Troppo poco, quanto a legittimazione democratica, per assurgere alla carica di capo del governo. Una procedura interna ad un partito può legittimare le cariche di quel partito, ma non può certo costituire fondamento per una premiership. A parte la disinvoltura di Napolitano (che con Bersani ha usato il metro opposto), vien da chiedersi: quali cambiali abbia firmato Renzi per questa irresistibile ascesa? Oggi vengono alla spicciolata le risposte. Innanzitutto, non ha ricondotto il PD nell’alveo del rigore morale e politico. Se la vicenda Barracciu era il sintomo di un cedimento su questo fronte, l’affaire De Luca mostra un’escalation che è segno di un indirizzo politico. Il PD di Renzi lancia il segnale di raccolta a quel magmatico mondo degli affaristi. come fece già Craxi e poi Belusconi. “Il PD - ha detto sostanzialmente il segretario - è la vostra casa”, la diversità della sinistra, di berlinguieriana memoria, già uccisa da tempo ora è anche definitivamente sepolta. Il caso di Paolo Orsoni è emblematico. L’allora sindaco di Venezia fu scaricato perché all’interrogatorio col PM ha “cantato”, cioè ha detto come sono andate le cose. Non ha seguito la regola dell’omertà, propria di tutte le associazioni che operano fuori o sul filo della legalità. Si può fare ciò che si vuole, ma nel rispetto della “famiglia”. Questo il segnale di Renzi e dei suoi, dalla Serrachiani a Orfini. Si è fuori, non se si viola il codice penale, ma se s’infrange il codice “d’onore” interno. La Barracciu, De Luca e gli altrui indagati e condannati dentro perché fedeli al capo, gli altri fuori.
Il Pd è così diventato in breve tempo un coacervo di componenti, le più disparate. Malandrini e affaristi accanto a ingenui democratici che lo vedono ancora come il partito della sinistra e del rinnovamento. Ma - come quasi sempre accade - i primi tendono a prevalere e, dovunque butta l’occhio, la magistratura scopre cose turche. Non c’è solo De Luca, c’è mafia capitale, c’è lo scandalo dell’Expò, ci sono poi, via via, tutti gli altri. C’è un trasversalismo affaristico impressionante e impensabile, che turba l’elettoraato democratico. Guardate il giudizio per evasione fiscale di Soru. Quanto ricorda l’evasione di B. e di tanti altri del centrodestra!
Man mano che la marea nera sale, chi capisce in quale equivoco è caduto, si allontana dal PD e spesso va ad infoltire i ranghi dell’astensione o del M5S. Il PD cala perché perde adepti a sinistra sia perché la tenuta della destra fa sì che non tutti gli affaristi aderiscano al richiamo renziano. Non pochi attendono un consolidamento del leader toscano e molti iniziano a pensare che anche lui, come Monti, sia una meteora. Meglio mantenere i piedi su due staffe.
Renzi, dunque, perde a sinistra, ma non sfonda e neppure compensa a destra. La tenuta della destra è sorpendente solo per chi dimentica che in Italia c’è uno zoccolo duro conesrvatore e reazionario, che si compatta rapidamente quando trova un leader. Berlusconi sarà spacciato, ma ha ancora margini di manovra per riunire le varie anime della destra, e una destra unita è un osso duro da battere. L’Italicum, fatto per coronare la vittoria di Renzi, ora gli agita i sonni. Potrà favorire la destra o, paradossalmente, la vittima predestinata il M5S, che dà forti segni di ripresa e sopratutto mostra forza attrattiva verso una sinistra critica, finora con la puzza sotto il naso.
Insomma, le elezioni ultime dicono che Renzi non ha chiuso la partita e che è già appesantito e sulla difensiva, la destra tiene e il M5S è in ripresa. Una partita a tre, dunque, dove tutto è possibile, anche battere insieme FI e PD, a condizione che le forze antagoniste alla destra e al PD, dentro e fuori il M5S, non si facciano male da sè.

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