L’equilibrio dei poteri? Una tutela per i cittadini
10 Giugno 2015
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Lucia Pagella
La Corte Costituzionale ha la funzione di accertare che le leggi garantiscano i diritti previsti e regolati dalla Costituzione e di dichiararle incostituzionali quando ravvisi un vulnus per i cittadini. In questi casi non si può parlare di invasione del campo della politica, eppure è in corso una polemica sempre più accesa fra il governo e la Corte come messo in risalto da Massimo Villone nell’editoriale pubblicato anche su questo blog e da Stefano Rodotà nell’intervista rilasciata al Fatto quotidiano a proposito delle ultime sentenze emesse in materia di pensioni. Vi è dunque un tentativo di condizionamento che è figlio di una concezione dello stato che prevede “l’uomo solo al comando”, espressione del “partito della nazione” che tratta con un “sindacato unico”: un premier uno e trino che assomma in sé anche la carica di segretario del suo partito e che si circonda di ministri che ricordano i pupazzi dei ventriloqui.
La situazione manifesta la sua pericolosità anche perché è in corso uno scardinamento del sistema democratico con un parlamento ridotto a svolgere una funzione notarile nel silenzio di un Presidente della Repubblica che ancora non ha dato significativa prova della sua esistenza. Il sogno di poter modificare lo Stato a proprio piacimento sembrava di la da venire perché il processo di modifica della Costituzione non è ancora terminato, ma, siccome siamo la patria del diritto, un sistema è stato presto trovato: quello appunto di ignorare le sentenze della Corte, oppure di contestarle e di darne, come nel caso delle pensioni, una attuazione che si sostanzia in una elemosina che viene chiamata bonus.
La madre di tutte le manipolazioni poste in atto al fine di disinnescare la Corte riguarda la sentenza sul porcellum (l’italicum non è certo migliore), continuando a legiferare come se niente fosse e rimandando le elezioni al 2018! Penso che sia utile indagare il problema sia del dies a quo, ossia da quando una sentenza della Corte produca i suoi effetti sia del dies ad quem, cioè fino a quando possa continuare ad operare questo parlamento delegittimato. Per quanto riguarda il dies a quo, in questo caso, non vi è dubbio che, ai sensi dell’art. 136 della Costituzione, la legge elettorale è divenuta inefficace dal giorno successivo a quello della pubblicazione della sentenza. Prima che se ne conoscessero le motivazioni, il giurista Gianluigi Pellegrino aveva sostenuto la necessità che le camere venissero sciolte immediatamente in quanto lo scioglimento di un parlamento delegittimato é un dovere civico. Nel caso fosse stata concessa una prorogatio, come poi è accaduto, il dies ad quem della prorogatio, in mancanza di una specifica disposizione in materia, sembra ragionevole che derivi dalla ragione per cui la stessa è stata concessa. La Corte si è preoccupata di individuare in modo compiuto la legge elettorale che, in caso di mancato accordo fra i partiti, avrebbe consentito un ricorso alle urne immediato. La prorogatio, in base al principio di continuità dello stato, è stata concessa solo per consentire l’approvazione di una nuova legge elettorale con la più ampia condivisione possibile atteso che una maggioranza incostituzionale non può legiferare in materia. Ovviamente nulla di tutto questo è accaduto: l’italicum è stato approvato solo dagli intimi e. nel frattempo, si è impugnato il machete per modificare la Costituzione anche in quella che è la sua concezione più profonda per non parlare di tutte le altre leggi dello stesso segno che sono state emanate come quella sulla scuola. Se ciò è legittimo possiamo concludere che la Corte Costituzionale è stata di fatto cancellata e ci avviamo rapidamente verso un sistema in cui tutto ruota intorno al capitale.
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