Andrea Pubusa
Cosa succede nei nostri comuni? Ad Orune si ammazza un giovane che va a scuola, li si spara, di là si mette una bomba nel municipio, di là ancora s’imviano pallottole all’assessore. Ma non basta. In alcuni per le elezioni si presenta solo una lista, in altri nessuna. Come ad Austis, dove, peraltro nei dieci anni della sindacatura della Prof.ssa Lucia Chessa, non sono mancate le turbolenze. Dice la ormai ex sindaca: “Non me lo aspettavo. Dopo anni di attacchi, raccolte di firme, occupazioni comunali, insulti per i quali sono dovuta ricorrere alle querele, pensavo che questo dissenso venisse canalizzato verso una proposta civile, innovativa e in grado di dare risposte al paese. Mi sono sbagliata evidentemente“. Ecco il punto. Il dissenso si esprime in forme deviate, spesso da codice penale, ma quando si tratta di fare una proposta e mettere su una squadra di governo, ci si tira indietro. Vita democratica piatta. Nessun impegno organizzato. Dice ancora la Chessa: “Spiace constatare che non si è stati capaci di mettersi di impegno per una proposta politica per il paese. È forse mancato l’interesse ad amministrare un piccolo comune?”
Non molto più incoraggiante è la situazione dei molti comuni a lista unica. Il più noto è Gavoi, centro culturale rinomato, paese dove in passato c’è stata una vivace vita democratica, che ha fatto emergere dirigenti politici a livello provinciale e regionale. Uno di questi paesi a lista unica è Atzara, dove un ex sindaco, Alessandro Corona, senza competitori, prova a conquistare il municipio.
Corona centra la questione quando parla di “problema democratico” nei territori più marginali. “Qui - dice - tanta, troppa gente da lungo tempo non segue piu la politica e di riflesso le sorti della comunità“. E tenta una spiegazione: ”Candidarsi ad amministrare la miseria è veramente difficile“. Ma anche lui più che incitare al volontarismo non può fare: “Non dobbiamo dare segnali di resa. E’ dovere di ogni cittadino partecipare alla vita civile e dare, anche con il voto, un segnale chiaro di partecipazione“. Cosa c’è in prospettiva dopo questo ritrarsi della partecipazione? C’è ”l’horror vacui di non avere un giorno candidati a sindaco, espressione di una mancanza di idee; sarebbe la morte per i nostri piccoli territorio, ove ci sono intelligenze e progettualità che però non trovano ascolto presso gli enti centrali“.
In queste parole c’è un po’ la spiegazione di tutto. Al fondo di questo disastro c’è la mancanza di democrazia, l’uccisione della vita politica comunale. Si voleva il sindaco podestà? Eccolo! Si voleva la governabilità dei premi di maggioranza? Eccola, servita! E’ così efficace ed efficente, che ha mangiato se stessa. Si è prosciugata la dialettica democartica a tal punto, da non avere più candidati e liste. Perché dovrebbe candidarsi al consiglio comunale una persona sensata? Per dire sì al sindaco? E chi ragionevolmente pensa di dover stare in minoranza? Cosa va a fare in consiglio? Nulla, neanche l’opposizione, perché la legge elettorale, tra premi e sottrazioni, riduce la minoranza al nulla, le toglie voce. In queste condizioni l’homo civicus, quella mitica persona che vuol spendere un poco del suo tempo e della sua intelligenza per la comunità, che fa? Rimane a casa. Non si candida a sindaco perché non gli interessa comandare, vorrebbe solo governare col consenso e il supporto dei cittadini. Non vede utilità nell’eventuale collocazione all’opposizione perché sa di non poter incidere in nulla. E’ la dinamica visibile anche a livello regionale e nazionale. E gli esiti si vedono: infima qualità dei governanti, mancanza di coinvolgimento e spinta popolare, incapacità di risolvere i problemi. Il contrario della governabilità, che si misura non sui premi di maggioranza ma sulla soluzione delle questioni che interessano le comunità di riferimento.
Cosa poi da questa morte della dialettica democratica consegua a livello sociale lo leggiamo tutti i giorni nelle cronache nera: retate di sindaci-podestà, invischiati nel malaffare, etica pubblica dimenticata, giovani senza occupazione nè studio, dediti all’alcool o ad altre droghe, o preda della depressione, atti di vandalismo e di violenza gratuita. Esplosioni, di tanto in tanto, di follia omicida. Certo, ci sono anche i bravi ragazzi che studiano o vogliono lavorare…ma questi scappano, vanno altrove, si trasferiscono in città e a tornare in paese proprio non ci pensano. E anche i sindaci seri spesso, come l’ex sindaca di Austis, alla fine mollano.
Certo la democrazia non elimina tutti i mali, ma ne guarisce molti, almeno quelli che impediscono un normale impegno civico delle persone. Dovremo iniziare a rifare leggi elettorali in funzione della partecipazione dei cittadini. Sarebbe un primo passo in avanti. Poi ci sono gli altri problemi: l’occupazione, la scuola, la cultura e via elencando.
Dimenticavo, nei comuni a lista unica, non è detto che il sindaco, candidato solitario venga eletto. C’è un ostacolo non lieve. Occorre che si rechi alle urne e voti validamente la maggioranza assoluta degli elettori. Ma in questa situazione, quanti si recheranno alle urne e quanti rimarranno a casa?
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