60° della Dichiarazione: tutti i diritti umani per tutti

10 Dicembre 2008
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Andrea Raggio

Oggi ricorre il 60° della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, una Carta fondamentale nel difficile moto per l’affermazione dell’uguaglianza e della dignità umana. In questi ultimi due decenni sono proprio questi principi ad essere  posti sotto tiro dal neoliberismo e dalla globalizzazione. Ricordare oggi la Dichiarazione non è, dunque, un atto di doverosa celebrazione ma è una chiamata alla lotta per renderne effettivi i principi. Democraziaoggi è nata per dare un contributo (certo molto minuto) a questa battaglia; di fronte alla tragedia che colpisce nel mondo milioni di uomini e donne,  privati dei più elementari diritti,  di un lavoro dignitoso e perfino del cibo e dell’acqua,   come il vecchio capo Sioux del film “Balla coi lupi” continuiamo a credere “che tra tutte le piste di questa vita, la più importante è quella che conduce all’essere umano”. Crediamo che la Dichiarazione si muova su questa strada. Ecco perché pubblichiamo con piacere una scheda sulla Dichiarazione, seguita da un articolo di Andrea Raggio.

[Scheda tratta da Wikipedia]

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è un documento, firmato a Parigi il 10 dicembre 1948, la cui redazione fu promossa dalle Nazioni Unite perché avesse applicazione in tutti gli stati membri.
Documento storico, molto importante, prodotto sull’onda dell’indignazione per le atrocità commesse nella seconda guerra mondiale, la Dichiarazione fa parte dei documenti di base delle Nazioni Unite insieme al suo Statuto steso nel 1945.
In quanto Dichiarazione di principi dell’Assemblea generale, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani non è giuridicamente vincolante per gli Stati membri dell’organizzazione. Tuttavia ai diritti ed alle libertà in essa riconosciuti va attribuito un valore giuridico autonomo nell’ambito della comunità internazionale, dal momento che sono ormai considerati dalla gran parte delle nazioni civili alle stregua di principi inalienabili del diritto internazionale generale (jus cogens). La Dichiarazione dei Diritti Umani è un codice etico di importanza storica fondamentale: è stato infatti il primo documento a sancire universalmente (cioè in ogni epoca storica e in ogni parte del mondo) i diritti che spettano all’essere umano. Idealmente, la Dichiarazione è il punto di arrivo di un dibattito filosofico sull’etica e i diritti umani che nelle varie epoche ha visto impegnati filosofi quali John Locke, Jean-Jacques Rousseau, Voltaire, Immanuel Kant, Nietzsche fino a quelli contemporanei fra cui il filosofo Jacques Maritain che partecipò di persona alla stesura della Dichiarazione. Non si deve dimenticare poi l’importanza che ha avuto la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino stesa nel 1789 durante la Rivoluzione francese, i cui elementi di fondo (i diritti civili e politici dell’uomo) sono confluiti in larga misura in questa carta. Fondamentali infine, nel percorso che ha portato alla realizzazione della Dichiarazione, sono i Quattordici punti di Woodrow Wilson (1918) e i quattro pilastri delle libertà enunciati dalla Carta atlantica di Franklin D. Roosevelt e Winston Churchill del 1941. Alla Dichiarazione sono poi seguiti il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e il Patto internazionale sui diritti civili e politici, elaborati dalla Commissione per i Diritti dell’Uomo ed entrambi adottati all’unanimità dall’ONU il 16 dicembre 1966.
La Dichiarazione è la base di molte delle conquiste civili della seconda metà del XX secolo, e costituisce l’orizzonte ideale della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, confluita poi nel 2004 nella Costituzione europea.

Ecco ora l’articolo di Andrea Raggio

Oggi dieci dicembre ricorre il 60° anniversario della “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il dibattito e la lotta sui diritti umani, com’è noto, hanno origini antiche ed hanno segnato una tappa significativa nel XVII secolo quando i diritti cominciarono a costituire aspetto della cittadinanza all’interno di singoli stati; particolarmente significativa la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789 francese. La Dichiarazione del 1948, sollecitata dalla drammatica esperienza della seconda guerra mondiale, sancisce la “universalità” dei diritti, nella consapevolezza che “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”, e impegna gli Stati membri a perseguirne, in cooperazione con le Nazioni Unite, “il rispetto e l’osservanza universale”.
Da allora il dibattito e la lotta per i diritti umani hanno accompagnato, con alterne vicende, il cammino dell’umanità verso il progresso. Sono seguite, su singoli aspetti, altre dichiarazioni di principi e accordi internazionali che hanno prodotto un’interpretazione dinamica e sempre più incisiva dell’Atto del 1948, ne hanno accentuato l’universalità e hanno notevolmente inciso sullo sviluppo del diritto internazionale in materia. Alla Dichiarazione del 1948 si ispira la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea” dell’anno 2000, che accompagna alla dimensione individuale dei diritti quella sociale. All’approvazione della Carta è seguita un’azione, ancora in bilico, per attribuirle valore giuridico vincolante in tutta L’Unione, prima con l’inserimento nella Costituzione europea e successivamente, fallita la ratifica della Costituzione, col richiamo nel Trattato di Lisbona. 
Col grande progresso civile del secondo novecento, l’orizzonte dei diritti è andato ampliandosi notevolmente e tende ad ampliarsi ancora, aggiungendo ai vecchi nuovi diritti in campi quali la condizione femminile e quella dell’infanzia e degli anziani, l’ecologia, la scienza e la tecnologia, la questione urbana e i cosiddetti temi eticamente sensibili. Contestualmente, soprattutto in questi primi anni del nuovo secolo, sono andati manifestandosi con crescente frequenza comportamenti politici e orientamenti di settori della pubblica opinione tendenti a sovrapporre e contrapporre diritto a diritto. Emblematico di questa contraddizione che porta a violare diritti nel nome dei diritti è l’atteggiamento degli USA dopo l’’11 settembre 2001 sfociato nella guerra all’Iraq e in gravi violazioni dei diritti umani. Altrettanto deplorevole è il comportamento del Governo Berlusconi nei confronti della minaccia della criminalità alla sicurezza dei cittadini: la preoccupazione dell’opinione pubblica è stata alimentata oltre la reale portata del fenomeno e, quindi, strumentalizzata allo scopo di adottare misure limitative dei diritti, persino di carattere razzistico. In Sardegna, nonostante la crisi politica senza precedenti alimentata anche dal presidenzialismo, sempre forte è la tendenza a privilegiare, in nome della stabilità politica e dell’efficienza amministrativa, la democrazia autoritaria su quella partecipava, forzando regole e violando diritti. Non entro nelle motivazioni politiche delle dimissioni di Renato Soru, è certo però che quest’atto ha esasperato la contrapposizione tra diritto all’ambiente e diritti democratici che ha caratterizzato questa legislatura regionale con danno per la causa sia dell’ambiente sia della democrazia.
E’ indubbio che con la crisi globale dell’economia e della finanza questi comportamenti e orientamenti negativi si accentueranno: prima l’economia poi i diritti sociali, prima l’economia poi l’ambiente, prima gli italiani poi gli immigrati e così via. Ma è anche vero che la crisi, proprio per la sua portata mondiale e perché si accompagna alla dipendenza energetica e ai mutamenti climatici, è un’occasione da cogliere, come sostengono il Partito socialista europeo e l’America di Obama, per aprire la strada a un nuovo sviluppo globale. A queste sfide, infatti, non si può più rispondere riattivando il vecchio modello di sviluppo basato sul consumismo (andate tutti a comprare, dice Berlusconi) perché alimenterebbe con esiti a questo punto insopportabili il conflitto economia-ambiente-squilibri territoriali e sociali. Si può rispondere solo con uno sviluppo nuovo, alternativo, basato sull’integrazione economia- ambiente, su una più equilibrata distribuzione della ricchezza e un diverso stile di vita. Il vecchio motore dello sviluppo, è stato detto, è oramai inservibile, deve essere sostituito da un motore nuovo, quello della ridistribuzione del reddito e del profitto a livello mondiale, dei singoli Stati e tra ceti sociali. Da qui si deve ricominciare. E serve, quindi, un nuovo ordine mondiale. E’ questo il nuovo capitalismo? E’ il socialismo del XXI secolo? Chiamiamolo come ci pare. E’ certo che questo è l’avvenire dell’umanità.
In conclusione, il tema dei diritti umani ritorna oggi come questione di viva attualità proprio in rapporto alla crisi mondiale e al suo superamento. “L’attuazione di una maggiore protezione dei diritti dell’uomo – diceva Bobbio - è connessa con lo sviluppo globale della civiltà umana”. E appare di viva attualità la svolta del 1948 sulla “universalità dei diritti” in quanto indivisibili e da tutelare tutti in ogni circostanza e ovunque.

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