Carlo Smuraglia, Presidente Naz. ANPI
da Anpinews n. 162 – 5/12 maggio 2015
Scrivo queste note mentre sta per concludersi, alla Camera, la vicenda della legge elettorale.
Ma posso permettermi di prescindere da quello che sarà l’esito finale, per anticipare la mia opinione e cioè che questa è e sarà, comunque, una brutta storia.
Spieghiamoci subito; non esistono solo leggi “costituzionali “sul piano formale e in senso stretto, così come non esiste una disciplina specifica del voto di fiducia, che esaurisca tutte le ipotesi possibili, così come, ancora, non sono vietati regolamenti di conti interni fra maggioranza ed ex maggioranze, oppure nell’ambito di singoli partiti.
La legalità, nel senso ampio dell’espressione, non è fatta solo di rispetto delle leggi, ma corrisponde ad una concezione assai più ampia, che comprende anche una buona dose di etica e di correttezza politica; naturalmente, sempre all’interno della ricerca, obbligatoria per coloro che dirigono governi e partiti, della realizzazione del bene comune.
Una premessa necessaria per evitare una discussione inutile.
Se mi chiedono se la legge elettorale corrisponde ad una riforma costituzionale in senso stretto, rispondo di no, anche se la “vicinanza” è facilmente percepibile.
Se mi chiedono se sulla legge elettorale si può porre la fiducia, rispondo, sul piano formale, di si.
Ma, come ho detto, non è questo (o solo questo) il problema.
La legge elettorale è la più vicina al sistema costituzionale fra tutte le leggi; e soprattutto è la legge che detta le regole del gioco, quelle di base, che consentono agli elettori di esprimersi ed ai partiti di trarne le conseguenze.
Se questo è vero (e credo che nessuno ne possa dubitare), la legge elettorale va trattata col massimo rispetto, modificata con oculatezza e approvata con maggioranze il più possibile qualificate, quasi come una legge costituzionale. Ed è chiaro che non è vietato, al Governo, di porre la fiducia sull’approvazione di una legge elettorale; ma è altrettanto evidente che a questa, un Governo, dovrebbe ricorrere come ad un estremo rimedio, quando non c’è altra soluzione o quando si rischierebbe di restare senza una valida legge elettorale.
Nel nostro caso specifico, alcune cose saltano agli occhi e vanno subito ricordate: la nuova legge elettorale, dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale che ha bocciato la precedente (salvando, però, un sistema elettorale agibile) è stata approvata, per la prima volta, un anno fa, con una notevole maggioranza. Dopodiché, tutti si sono “pentiti” e hanno cominciato a parlarne male; ma non essendo sicuri di come riuscire a migliorarla, l’hanno accantonata per un anno, restando critici, tutti e dico tutti, compreso il Governo, che ne era il più tenace propugnatore. Passati alcuni mesi, il Presidente del Consiglio ha annunciato di aver cambiato idea: il premio di maggioranza doveva essere assegnato non ad una coalizione, ma ad una lista. Il perché, il Presidente del Consiglio non lo ha detto, ma appariva piuttosto chiaro che stava pensando ad un sistema bipolare, in cui uno dei due poli (presumibilmente il suo) dovesse vincere e quindi meritare il premio di maggioranza; così riferendosi - in pratica - ad un Partito e, sicuramente, al suo.
Poi ci furono alcune proposte di modifica, anche da parte delle opposizioni, per evitare i più clamorosi sospetti di incostituzionalità; ed alcune di queste furono accettate, non per benevolenza, ma perché tutti stavano già pensando al futuro di una simile legge quando fosse giunta al cospetto della Corte Costituzionale.
Intanto si eleggeva il Presidente della Repubblica ed una componente della precedente
“maggioranza”, si riteneva offesa (per il metodo) e passava all’opposizione. Ed allora, mentre molti insistevano per apportare quelle poche modifiche che apparivano necessarie per restituire finalmente la parola ai cittadini, è sorta, in qualcuno, la voglia, non di ottenere l’approvazione di una buona legge elettorale, ma di mettere a posto, con un colpo solo, la nuova e la vecchia opposizione, magari regolando anche alcuni conti, all’interno del proprio partito.
Di lì la fretta, il rifiuto di qualsiasi ulteriore trattativa, l’accelerazione impressa alla legge, nonostante non ce ne fosse alcun bisogno, visto che essa è destinata ad entrare in vigore nel luglio 2016; e perfino il ricorso al voto di fiducia, addirittura non necessario perché dai primi assi conclusivi della legge in aula, si deduceva con facilità che la maggioranza c’era, per farla passare così come era.
Due o tre voti di fiducia, dunque, naturalmente approvati senza fatica da un Parlamento in parte rassegnato, in parte conformista e in parte “ricattato”, mentre la dissidenza si divideva, mantenendo, peraltro, tutte le proprie riserve, espresse in varie forme.
Come finirà? c’è già quanto basta per osservare quanto accade con tristezza e preoccupazione. Sembra che si prescinda del tutto dalle qualità che dovrebbe avere la legge elettorale, per pensare ad altro, tant’è che molti giornali, anche tra quelli più “insospettabili” hanno parlato di una “prova di forza”, di un regolamento di conti all’interno del Partito democratico, per schiacciare le minoranze, e così via.
Ora, tutto questo che cosa ha a che fare con l’interesse comune, con quei comportamenti “politicamente corretti”, che tutti considerano necessari per far fronte all’anti-politica e restituire alla politica il suo vero ruolo di perseguimento, nelle forme previste dell’art. 49 della Costituzione, del bene comune?
E’ corretto, politicamente, comportarsi così, con le regole del gioco? E’ corretto, politicamente, approfittare della legge elettorale per schiacciare le minoranze e ridurre al silenzio le opposizioni? Io rispondo di no. Ed ho letto, con tristezza, una frase del Presidente del Consiglio che avrebbe commentato così l’esito positivo (per il Governo) dei voti di fiducia: “li abbiamo distrutti”.
Se davvero si pensa così, se davvero non ci si preoccupa della (ormai prevedibile) approvazione della legge elettorale con una maggioranza, non solo ristretta, ma lontanissima da quella che meriterebbe una legge di simile rango, se davvero si antepone una battaglia interna ad un partito, all’interesse del Paese di disporre di una legge elettorale valida, che consenta una vera rappresentanza dei cittadini, c’è davvero motivo non solo di tristezza, ma anche di preoccupazione.
Qualcuno ci ha chiesto se non ritenevamo che fosse il caso di rivolgere un ultimo appello ai parlamentari per un libero voto di coscienza; io penso che una operazione simile, che abbiamo fatto più volte, noi ed altri, non si giustifichi più, perché se una buona parte dei parlamentari non si rende conto della serietà di ciò che sta accadendo o sottovaluta il pericolo che ciò sta rappresentando, per quella corretta (politicamente) gestione della cosa pubblica, che invece sarebbe così necessaria in una fase delicata come quella che stiamo vivendo, non vedo come potremmo noi, legati ad antichi valori e seguaci fino all’ultimo non
solo della legalità, ma anche della correttezza politica, trovare nuovi argomenti, capaci di imprimere un corso diverso a quella amara vicenda. Sarà la storia a giudicare; e speriamo che lo faccia in tempo utile.
Qualcuno, forse, penserà, anche tra di noi, che i nostri sono giudizi troppo severi. Ma io voglio richiamare qui una frase del Presidente Mattarella che (involontariamente) ci aiuta a specificare meglio in cosa debba consistere quella “coscienza critica” cui ci ha richiamato il Congresso, come uno dei nostri principali doveri. Ha detto il Presidente, in un’intervista al Corriere della Sera del 1 maggio (pagg. 2 e 3): “dobbiamo avere coraggio; se il pensiero critico è l’antidoto al conformismo ed alla passività, il coraggio è l’antidoto al pragmatismo
furbo ma senza idee”. Noi respingiamo sia il conformismo, sia la passività, sia il pragmatismo senza idee; e non abbiamo mai mancato di coraggio. Per questo non ci piacciono il silenzio, l’inazione e sentiamo il dovere di esprimere con chiarezza il nostro pensiero.
Nota di aggiornamento:
Come si prevedeva, la legge elettorale è stata approvata con una maggioranza risicata e corrispondenti quasi ad un solo gruppo, con 61 voti contrarti e tutte le opposizioni fuori dall’aula.
“Missione compiuta”, ha commentato, soddisfatta, la Ministra Boschi. Contenta lei! A me sembra che si tratti, come già spiegato, di una brutta pagina conclusa con una altrettanto brutta e pericolosa legge e con un Parlamento “schierato” peggio che su una legge qualsiasi.
Ha ragione chi parla di una “vittoria” del Presidente del Consiglio,” su un cumulo di macerie.”
Vedremo (forse) cosa ne penserà la Corte Costituzionale. La speranza è che, in qualche modo, questa legge venga fermata, proprio per la sua pericolosità.
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