In memoria del Primo Maggio

4 Maggio 2015
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Lucia Pagella


E’ dal 1891 che in Italia si festeggia il primo maggio in modo continuativo: all’inizio, più che una festa, fu un’occasione per commemorare alcuni fatti luttuosi che avevano coinvolto i lavoratori; successivamente, con il migliorare della situazione economica e con l’acquisizione di diritti molto significativi, esso assunse sempre più il carattere di una festa.
Il primo maggio di quest’anno sembra aver perso i suoi connotati festosi : più che festa dei lavoratori si dovrebbe chiamarla festa dei disoccupati. In questi giorni è giunta la notizia che il governo ha fatto 13 e, cioè, che la disoccupazione ha ormai raggiunto la percentuale del 13% e che i nuovi disoccupati sono ben 59.000: miracoli del Jobs act!! Si potrebbe obbiettare  che è ingeneroso addossare a questa nuova legge tale risultato se non fosse stato lo stesso ministro del lavoro Poletti a parlare dei miracoli della nuova normativa attribuendole migliaia di posti in più persino prima della sua entrata in vigore.
Ma non è solo questo il motivo per cui potremmo intonare il “de profundis” per il primo maggio : questo governo di una sinistra priva di ideali, rappresentata da soggetti che sembrano avere a cuore solo le loro poltrone è ormai il governo di Marchionne e della Confindustria e guai a protestare : si è tacciati di essere gufi, parrucconi, passatisti, oggetti da rottamare perché non apprezziamo le luminose idee che animano il giovane premier e non ne comprendiamo le mete gloriose che esso ci addita.
In questi giorni è stata posta la fiducia sulla legge elettorale, ed anche la cosiddetta sinistra PD si è sfaldata. Solo in trentasette hanno trovato il coraggio di non votare contro questo obbrobrio ma lo hanno fatto solo abbandonando l’aula. Uno di quelli che più strillavano ha giustificato la sua piroetta dicendo: “si tratta del mio partito, del mio premier, come non votare a favore anche se non se ne  condivide l’operato?” Di questo passo, ignorando il contenuto delle proposte e ragionando solo in termini di appartenenza formali,  potremmo assistere impotenti a voti che ripristinino orari di 12 ore, l’abrogazione delle leggi a tutela dell’incolumità dei lavoratori, la regolamentazione della tortura e via dicendo. L’importante è che a proporle sia il capo del partito di appartenenza con buone prospettive di vincere le elezioni e così tenere saldamente in mano i destini di quelli che, secondo la Costituzione, sono ancora chiamati rappresentanti del popolo sovrano ma che in effetti sono i corifei del potere.
Che il capo si chiami Pinco Pallino, Berlicche o Belzebù poco importa. Quello che è importante e che al momento di redigere le liste sappia che il tal dei tali non voterà mai contro la legge del capo! Del resto, di fatto, le dodici ore esistono già (chiedere agli operai che hanno lavorato per truccare i vuoti dell’Expo), le norme di protezione dei lavoratori, di fatto, sono ormai lettera morta; quanti incidenti sconosciuti, magari gabellati per altro, sono avvenuti nel corso degli ultimi mesi? E chi ha commemorato il povero albanese che è volato giù da un ponteggio non protetto perché il tempo stringeva? Ed infine, sempre di fatto, la tortura esiste nel nostro paese ed i fatti di Genova sono lì a testimoniarlo.
Tutto ciò accade perché la costituzione materiale è stata profondamente cambiata: L’art. 1 recita “l’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro” e Piero Calamandrei sosteneva che il lavoro deve essere ciò che da dignità alla persona, il vero cuore pulsante della Costituzione. Oggi il lavoro, privato delle sue tutele, esposto a qualsiasi ricatto non è neppure più un interesse legittimo. Esso è mero strumento di sostentamento e nulla ha a che fare con il lavoro che dà dignità. In queste condizioni il primo maggio è solo il funerale delle conquiste di un secolo.
Ieri a Milano, mentre si celebrava quella fiera delle vanità che è l’Expo, e i misteriosi black block mettevano a ferro e fuoco il centro cittadino, seimila lavoratori - di cui nessuno ha parlato- sfilavano in mesto corteo ed in numero esiguo rispetto al passato: erano gli orfani del primo maggio.  Per questo verrebbe voglia di dire : “Alzatevi in piedi, osservate un minuto di silenzio ed ammainate a mezz’asta le vostre bandiere !

1 commento

  • 1 Francesco Cocco
    4 Maggio 2015 - 09:16

    La definizione “misteriosi black block” credo ponga un interrogativo. Forse una qualche risposta ci può venire dall’ interrogativo ” a chi giovano….di chi fanno il gioco” ? Non certo agli “orfani del primo maggio”

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