Gianna Lai
Liberazione e ritorno. La liberazione e lo spirito del ‘45.
Così si intitola l’intervento di Claudio Natoli, del 27 gennaio all’Università di Cagliari, destinato agli studenti in occasione della Giornata della memoria.
Dice il professor Natoli che nei Balcani, all’inizio degli anni duemila, si son riprodotte le stesse efferatezze e gli stessi crimini della Seconda guerra mondiale, perciò l’impegno di tutti coloro che lavorano nella scuola e nell’Università deve essere quello di assicurare sapere e riflessione su questi avvenimenti. Parte dal presente lo studioso, e ritorna al passato e alla storia, perchè la conoscenza è già etica del buon cittadino e avere consapevolezza degli eventi serve a costruire spirito critico e partecipazione.
La continuità dopo la Liberazione, prosegue Natoli, è data dallo spirito del ‘45, che è evento fondativo della nostra Repubblica. Ma in che modo essa incide sulla costruzione dell’intera Europa democratica e quale messaggio lascia in eredità al nostro presente, dopo la grave frattura del mondo contemporaneo causata dalle due guerre? Fu rottura della civiltà Auschwitz, percezione del Novecento come il secolo di Auschwitz, mentre ritardi e rimozioni hanno ostacolato la memoria della Shoah.
Oggi abbiamo la consapevolezza che il genocidio non sia evento estraneo alla società occidentale, ma espressione della crisi dello Stato liberale, dell’imperialismo, della guerra e dell’avvento dello Stato moderno: fu espressione eclatante della lotta contro le minoranze e i nemici interni e morte di massa al tempo della Prima Guerra Mondiale. Dopo la Rivoluzione russa e dopo la crisi dei sistemi, fu l’esasperazione dei nazionalismi nell’avvento del fascismo e nella sua internazionalizzazione, con la crisi del ‘29, a far proclamare a Hitler una sedicente…. superiorità di popolo, che toglierà i diritti a un’altra parte del popolo. Razzismo e antisemitismo di Stato furono le leggi razziali in Italia e in Germania, che annienteranno i diritti, provocando una gerarchizzazione sociale presto sfociata nel moltiplicarsi dei campi di concentramento e nella pianificazione della politica di sterminio. Questo il carattere inedito di uno scontro di civiltà, parte essenziale di un contesto storicamente determinato. Infatti la disfatta dell’Asse era percepita, nella mobilitazione dell’esercito e nella Resistenza popolare, come la nascita di un mondo diverso, riscatto e autodeterminazione dei popoli, e prefigurava rapporti di cooperazione e solidarietà e di nuovo umanesimo tra gli individui e tra gli Stati. Così nelle lettere dei condannati a morte, così tra gli scrittori, ‘in questa gioventù europea, nata dalla Resistenza, l’avanguardia di una nuova società umana, diceva T. Mann. E’ rinnovamento che affonda le sue radici nelle lotte del movimento operaio, per una democrazia basata sulla preminenza della partecipazione delle classi popolari e alternativa ai regimi fascisti e liberali. Per un profondo ripensamento della crisi del ‘29 e delle responsabilità di Chiese e classi dirigenti nella nascita e nel sostegno ai fascismi. Una nuova cultura dei diritti che tende a ridefinirli in quanto allargamento del diritto di uguaglianza e costituzionalizzazione del diritto al lavoro. Diritti sociali che lo Stato deve garantire, servizi fuori dal mercato, nella lotta contro le diseguaglianze e verso una nuova democrazia partecipativa. E il ruolo dei partiti e del Pci si attestò nel ripudio della politica militare: per la pace e per i diritti umani -il binomio come punto di non ritorno- da quando Norimberga elevò a norma giuridica i crimini contro l’umanità.
Il Secondo dopoguerra fu punto di svolta delle ideologie razziste, nate dal colonialismo settecentesco, e del razzismo di Stato, nato col fascismo. Se la Guerra Fredda è ostacolo alla pace e ai diritti umani, fino a legittimare stati fascisti e sovietizzazione forzata a Est, incapace di riformarsi, Auschwitz è memoria scomoda, spettro più ampio di responsabilità, nei silenzi delle chiese, nel sostegno garantito dalle classi dirigenti, nella noncuranza popolare. Ed è responsabilità italiana e delle burocrazie e delle popolazioni nella sfera egemonica del nazismo. Anche rivolgendosi ai partiti della Sinistra si stentò a lungo ad essere ascoltati, per questo chi tornava dai campi di concentramento e dalla guerra scelse spesso il silenzio, anzichè la testimonianza. La nuova cultura dei diritti fa invece rinascere l’attenzione e sa individuare le responsabilità enormi del conflitto e del genocidio, e riprende sulla Shoah il lavoro degli storici tedeschi e dei francesi su Vichy e degli italiani su Salò. Mentre correnti di opinione pubblica condizionano le scelte degli Stati nella guerra di Algeria, in Ungheria, nel Vietnam, a Praga, battendosi per un sistema di valori nuovo fondato sulla universalità dei diritti.
Crea oggi disagio la retorica dei diritti secondo l’impostazione dei mass media, la stessa Shoah così come viene assunta dai media e dalla politica, in modo retorico e celebrativo e privata di ogni contestualizzazione. Non è un caso se intanto assistiamo alla nascita di regimi che sono il rovesciamento dei principi costituzionali e di nuove oligarchie della finanza e della burocrazia, che smantellano le politiche sociali, mentre il libero mercato aggredisce sanità e istruzione. ‘Il primato del più ricco e del più forte, dice Levi, l’uomo, una cosa agli occhi dell’uomo’. E’ la rilegittimazione del ricorso alla guerra, come soluzione dei contrasti fra Stati, mentre le immigrazioni rinnovano le ideologie della discriminazione. Non possiamo ricordare Auschwitz senza interrogarci sui pericoli che incombono sulle nostre democrazie, senza riferirci all’importanza della Liberazione, all’universalità dei diritti e alla cultura della pace e della solidarietà. La memoria viva, la memoria di Auschwitz che aiuta a orientare i comportamenti di ogni giorno, a rispondere alle esigenze più autenticamente umane.
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