Mary Dettori
Una lettrice trae spunto dall’articolo sulla vicenda Balia-Lai, qui pubblicato, e scrive le sue riflessioni sulla giustizia Chiede lumi, ma, in realtà, non pone solo quesiti, dà anche risposte.
Caro professore,
non posso che rimarcare la correttezza e lucidità del suo pensiero. Oltre ad una straordinaria e mai udita dose di onesta etica e professionale. La giustizia è ingiusta quasi sempre. Che dire dei casi più eclatanti, ultimo esempio quello di Raffaele e Amanda? Ho pianto per loro e mi sono immedesimata in una persona a loro vicina che percepisce la drammaticità di una tragedia che rovina l’esistenza.
Alcune riflessioni sono d’obbligo:
1) che pari dignità c’è tra accusa e difesa quando l’accusa può fare indagini fino a un anno e mezzo e anche più mentre l’indagato ha venti giorni per le memorie difensive?
2) perché gli avvocati sono quasi sempre propensi ad andare in giudizio senza dare elementi all’accusa? Io un’idea ce l’ho, ma non la dico.
3) perché la Procura, nonostante debba cercare elementi sia contro che a favore degli indagati, è più propensa a valutare gli elementi contro l’indagato, sottovalutando quelli della difesa, anche se ci sono per fortuna episodi differenti?
4) nel caso specifico di Balia e Lai, da lei raccontato, perché il PM, dopo aver raccolto le carte, non ha proposto l’archiviazione prima di chiedere il rinvio a giudizio? Forse perché, come ho detto prima, gli avvocati hanno presentato le risposte alle accuse solo in aula davanti alla corte, dando così credito all’opinione comune che c’è un interesse generale a celebrare il processo sempre e comunque e quindi riducendo gli indagati prima e imputati dopo ad essere una delle tante gocce nell’oceano della giustizia che senza imputati si fermerebbe?
6) qual’è il senso di un’altalena così macabra dei tre gradi di giudizio: il primo grado ti condanna e il secondo grado ti assolve o viceversa per terminare la corsa con la roulette russa della Cassazione? Come è possibile che con i medesimi elementi processuali una corte ti assolva e un ‘altra ti condanni? Che fiducia ci può essere in un sistema del genere?
7) perché la stampa assume quasi sempre un comportamento colpevolista con titoli che rappresentano una condanna certa anche in fase di inchiesta, come ha rimarcato benissimo lei? Molti dicono perché la colpa fa vendere più della discolpa. Ma ai danni cagionati a chi, entrato in questo meccanismo infernale, ne esce assolto al terzo grado di giudizio, dopo aver speso un mare di soldi e forse aver perso la salute, come si rimedia? Non sarà diritto alla disinformazione tutto ciò? E’ possibile obbligare la stampa a citare sempre le due campane pena la chiusura della testata? E’ possibile proibire le notizie in fase di inchiesta cosa dannosa anche per l’inchiesta stessa che viene inquinata per la fuoriuscita di notizie e che a volte si conclude con l’archiviazione dei destinatari degli avvisi di garanzia?
La risposta è comunque singolare dato che chi fa il codice penale è il Parlamento, quindi i politici, quindi le persone che noi mandiamo a rappresentarci e che poi legiferano per danneggiare chi li ha eletti e, in questo caso, anche loro stessi (in senso lato, perché non sono stati certo Lai e Balia a votare il codice penale ma i loro partiti a livello nazionale si).
2 commenti
1 antonio cantagelli
16 Aprile 2015 - 23:48
Gentile Mary, dovrebbe rivolgere i suoi interrogativi a un avvocato penalista. Non possiamo ridurre il diritto a un prontuario per cittadini volenterosi, Ci sono anni e anni di studio e di specializzazione dietro a un processo penale con tantissime responsabilità.
Se la materia è complessa lo si deve alla molteplicità dei casi che la vita, la sorte, il destino e la volontà del singolo riserva all’essere umano. La politica non aiuta, questo è un dato assodato. Certo su alcuni punti specifici le posso anche dare ragione, però non “bignamizziamo” il tutto ad un vademecum di “pronto diritto”. Sicuramente il Prof. Pubusa potrebbe essere illuminante grazie alla sua esperienza e professionalità, che emerge chiara nell’intervento oltre che nella sua specchiata carriera forense.
2 mary
19 Aprile 2015 - 01:19
Dalla presentazione della mia riflessione credo che il prof. Pubusa abbia compreso la ratio del mio intervento.
Del resto, anche lei, caro Antonio, dice cose molto sensate.
Credo che i magistrati applichino le leggi e cioè il codice di procedura penale e da lì non si possono discostare.
Gli avvocati chi più chi meno mandano avanti la baracca e ci devono campare.
La colpa quindi non può che essere dei politici che fanno leggi contorte, astruse, inutilmente cervellotiche per il cittadino.
Alcune volte però tornano indietro come boomerang violentissimi.
Semplificare il codice penale in base ai fatti concreti, garantire maggiore equità fra accusa e difesa, proibire i processi mediatici preventivi evitando di distruggere le persone con la pubblicazione sulla stampa delle sole tesi accusatorie, è così difficile???? Non mi sembra. Ci vuole orecchio, diceva Iannacci. Esatto orecchio, anche nelle idee, cioè buon senso. E la politica, mi sa, ne ha molto poco. Ne sanno qualcosa Balia e Lai. Auguri a loro per l’assoluzione
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