Andrea Pubusa
Ieri, ascoltando la bella trasmissione di Vito Biolchini e d Elio Turno Arthemale “Buongiorno Cagliari”, mi sono reso conto, sopratutto dal tenore degli sms degli ascoltatori, di quanto le questioni della giustizia siano poco comprese dai cittadini. Sarà per l’antica convinzione dei sardi secondo cui sa justitzia ti rincorre per colpirti (ti currat sa justitzia), ti crocifigge (sa justitzia ti cruxat) e ti colpisce calando dall’alto (d’esti calau sententzia). E’ accaduto così per l’assoluzione di Balia e Lai nella vicenda dei fondi dei gruppi del Consiglio regionale. Eppure dal punto di vista delle garanzie il processo di martedì al Palazzo di giustizia di Cagliari può considerarsi una bella pagina di giustizia. E stato lo stesso pm Marco Cocco a sollecitare l’assoluzione per entrambi gli imputati. Il magistrato ha ritenuto mancante l’elemento soggettivo, elemento questo comprovato dal comportamento dei due ex consiglieri. sempre contraddistinto da correttezza processuale. Poi niente acquisti di auto o beni personali coi fondi ricevuti dal gruppo. Pur essendoci delle spese non perfettamente rientranti nelle finalità istituzionali, si trattava pur sempre di una destinazione latamente politica, non personale. Dunque, data l’incertezza della disciplina consiliare, pur non potendosi del tutto escludere il fatto di reato, esula il reato per mancanza di dolo.
Anche su questo punto ho avvertito difficoltà di comprensione. Ma il reato si compone della condotta, del fatto di reato e dell’elemento psicologico, dolo o colpa. Sì, proprio così, il reato si compone del fatto previsto dalla norma incriminatrice, ma anche dell’elemento soggettivo, e spesso accade che la condotta, pur rientranbdo nella fattispecie criminosa, non integra gli estremi del reato per la mancanza di dolo o colpa. Insomma il fatto non costituisce reato, la condotta , il fatto esiste ma non integra gli estremi del reato. Si tratta di un’assoluzione piena, anche se è più esaustiva per l’imputato la formula “il fatto non sussiste“, perché in questo caso manca anche il fatto previsto dalla norma incriminatrice.
Forse anziché chiarire, ho confuso le idee del lettore non giurista. Ma in questa vicenda va apprezzata l’onestà intellettuale del PM, che, valorizzando le risultanze dibattimentali, ha chiesto l’assoluzione, che poi il Tribunale ha sancito con la sentenza.
Una bella pagina di giustizia, ma anche di giustizia ingiusta, perché non è giusta una giustizia tardiva, che giunge dopo anni. Quale tormento vive l’imputato nella lunga attesa del giudizio! E qui vengono in risalto due distorsioni del nostro processo: i tempi infiniti, imputabili forse sopratutto alla carenza degli organici e dunque addebitabili generalmente, più che ai magistrati, al ministero della giustizia, cui compete l’organizzazione degli uffici giudiziari. Viene però in risalto la distorsione dell’udienza di filtro: l’udienza preliminare raramente contempla l’assoluzione, anche quando questa è possibile. Il GIP preferisce, pilatescamente, rimandare l’accertamento al dibattimento vanificando la sua funzione di filtro.
C’è poi la malastampa. Questa è la vera condanna dell’imputato in attesa di giudizio. Salvi rari casi, i giornalisti hanno perso consapevolezza della loro funzione primaria di ”controllori” di chi esercuta il potere, di attenti indagatori dei fatti e di critici rigorosi dell’attività d’indagine delle Procure. Oggi chi fa cronaca giudiziaria spesso trasmette le veline di chi svolge le indagini, senza alcuna funzione critica, quasi sempre senza neppure sentire l’opinone delle difese. L’indagato è condannato dai titoli ad effetto dei giornali e questo è il suo tormento, e, se assolto, la sua vera pena.
Anche nella vicenda dei fondi ai gruppi consiliari la stampa tende a fare di tutta l’erba un fascio, anziché seguire la via più faticosa, ma eticamente corretta, dell’approfondimento di ciascun caso, in modo da distinguere le condotte scorrette da quelle corrette o comunque poste in essere in buona fede e senza lucro.
Insomma, martedì al Palazzo di giustizia di Cagliari abbiamo avuto in contemporanea una bella pagina di giustizia a conclusione di una procedura ingiusta per i tempi inaccettabili e un pessimo esempio di giornalismo, che alla posizione specifica di Balia e Lai non aveva dato, con continuità e puntiglio, il doveroso risalto.
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