Giorgio Melis

30 Marzo 2015
Nessun commento


Andrea Pubusa

A Giorgio mi legava un antico rapporto, cementato dal comune amore per la libertà, la verità e conseguentemente per la polemica verso i tanti luoghi comuni, le piccole e le grandi convenienze, di quest’Isola disgraziata, uccisa dai suoi prima che dagli altri. Non so da quando lo conosco. Certo a metà degli anni ‘70 lo conoscevo già da tempo se lui (insieme a Giacomo Mameli), in occasione di un dibattito di Lucio Magri a Cagliari, mi telefonò pregandomi di convincere questo illustre “ribelle” della sinistra italiana a recarsi in redazione per un’intervista, in un tempo in cui l’ostracismo verso Magri e il gruppo de Il Manifesto veniva in modo convergente dalla Dc e dal PCI. Dopo il dibattito e la cena, eccoci con Lucio a L’Unione. All’indomani, sul quotidiano apparve un paginone d’intervista accompagnata da una grande foto di Magri con l’immancabile sorriso beffardo.
Questo era Giorgio, un uomo contro, come è stato detto, e un polemista implacabile. Chi voglia ricostruire una credibile storia della Sardegna, dalla Rinascita ad oggi, dell’ultimo mezzo secolo potrà omettere molti giornalisti-cronisti della vulgata dominante, ma non Giorgio Melis. Non semplice narratore e testimone, ma disvelatore di misteri ed arcani, lettore acuto di ciò che le apparenze normalmente nascondono.
Come ogni uomo libero non tollerava censure. E così si dimise dal quotidiano Il Sardegna di Nichi Grauso, di cui fu direttore editoriale dal 2004 al 2006, per la mancata pubblicazione di un suo editoriale di denuncia sul caso Sismi-Abu Omar e il doppio ruolo di Renato Farina, giornalista e informatore del servizio segreto.
Questa sintonia personale lo ha portato a invitarmi a collaborare a L’Altra voce, dove lui continuò la sua battaglia contro ogni forma di malaffare e di oscurità nella vita pubblica e nell’economia. Ho così riversato su quella testata on line la mia passione per il giornalismo, coltivata fin dagli anni giovanili su Il Manifesto di Luigi Pintor. Ma lì si consumò anche la rottura con lui, non personale, s’intende, ma giornalistica. Giorgio divenne sostenitore di Soru e così come era spietato nella critica, era passionale nel sostenere il nuovo astro nascente di Sanluri. Io invece, dopo averlo anche votato nel 2004, ho preso le distanze da quella meteora, che, da un lato mi sembrava espressione di un brand costruito da un buon pubblicitario, dall’altro, un uomo proteso a un autocratismo, verso cui l’incondizionato amore per la libertà mi rende del tutto incompatibile. Rimase ferma fra noi la cordialità e la stima reciproca, tant’è che lui non mancava spesso di inviarmi i suoi pezzi o le sue impressioni su fatti importanti ed io non mancavo di rispondergli ad adiuvandum o ad opponendum, con franchezza. Non è dunque per ragioni di circostanza, che certo lui non ha mai amato, che dico che Giorgio ci mancherà, mancherà alla democrazia sarda, offesa dai governanti nostrani prima che da quelli d’oltremare. Di persone libere come lui oggi si sente più che mai il bisogno.

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento