Giacomo Meloni, segr. gen. CSS
Si è svolto domenica il VII Congresso della CSS, aperto da una appassionata relazione del segretario Giacomo Meloni , di cui pubblichiamo uno stralcio, rinviando a www.confederazionesindacalesarda.it per la lettura dell’intero documento.
Di contro la classe politica isolana non reagisce e resta muta davanti a ciò che sta avvenendo in arlamento, dove il 9 marzo 2015 alla Camera dei Deputati con 357 voti favorevoli è passata la iforma costituzionale che modifica radicalmente il Titolo V della Costituzione in quanto viene rovesciato il sistema per distinguere le competenze dello Stato da quelle delle Regioni.
Addio dunque alla specialità della Regione Autonoma della Sardegna e delle altre Regioni a Statuto peciale. Infatti, a riforma approvata definitivamente dopo l’ulteriore passaggio al Senato ed il referendum confermativo, sarà lo Stato con la clausola di supremazia a delimitare la sua competenza esclusiva (politica estera, immigrazione, rapporti con la chiesa, difesa, moneta, burocrazia, ordine pubblico, ambiente e territorio, Istruzione e beni culturali).
Per una strana coincidenza, mentre la classe politica sarda non reagisce al pericolo di perdere la propria specialità regionale, in totale spregio della Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza, di cui quest’anno si celebrano i 70 anni (1945-2015 ), Pigliaru proprio il 10 marzo 2015, un giorno dopo l’approvazione della modifica costituzionale alla Camera dei Deputati, decide di ritirare i sei ricorsi - tre del 2012, due del 2013 e uno del 2014 - ancora pendenti con il Governo di fronte alla Corte Costituzionale in materia di riserve erariali, accantonamenti e patto di stabilità.
Sebbene il ritiro di questi ricorsi fosse contenuto nell’accordo sul pareggio di bilancio e
sull’eliminazione dei vincoli di spesa legati al patto di stabilità a partire da quest’anno, firmato dal Presidente della Regione, Francesco Pigliaru, e dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, quest’ultimo atto e’stato recepito dall’opinione pubblica e dai maggiori quotidiani isolani non solo come segno di debolezza, ma come un vero e proprio atto di sottomissione, diversamente da quanto sottolineato dal governatore che insiste nel dichiarare: “Il Governo Renzi sinora ha mantenuto gli impegni presi con noi a luglio e noi oggi manteniamo i nostri, chiudendo il contenzioso che riguarda le materie oggetto di quell’accordo, come già hanno fatto le altre Regioni a Statuto speciale (Alto Adige, Trentino e Friuli). Tutto il nostro impegno ora va sulla vertenza entrate - prosegue Pigliaru - Sono due i fronti su cui stiamo lavorando: “un costante confronto con lo Stato per la definizione delle norme di attuazione che portino al pieno riconoscimento e alla quantificazione delle nostre entrate e la predisposizione di un disegno di legge sull’Agenzia regionale delle Entrate. Questa vertenza è una partita aperta” - conclude Pigliaru - ma gli importanti risultati che abbiamo ottenuto sino a questo momento ci fanno essere ottimisti.
Nell’incontro del 19 dicembre 2014, infatti, al ministero dell’Economia e delle Finanze, la Sardegna ha ottenuto il pieno diritto al riconoscimento delle somme mai pagate fra il 2010 e il 2014 all’interno della vertenza entrate per la partita che comprende gli arretrati Ires, riserve finanziarie e giochi. Il 16 gennaio, in attesa di quantificare esattamente il dovuto, il Governo ha staccato un assegno da 300 milioni come anticipo sugli arretrati. Tutti soldi fuori dal Patto di Stabilità, importanti “per mitigare gli effetti della crisi e per mettere ordine nel disordine ereditato”. La quantificazione esatta di quella cifra sarà fatta nei prossimi mesi all’interno dei lavori della Commissione paritetica per la definizione delle norme di attuazione dell’articolo 8 dello Statuto.
“Adesso continueremo a usare tutti gli strumenti necessari per chiudere positivamente questa vertenza - assicura l’assessore della Programmazione, Raffaele Paci - Allo stesso tempo, la Giunta sta lavorando a un disegno di legge sull’Agenzia Sarda delle Entrate che abbia compiti di accertamento e riscossione delle proprie entrate, a garanzia dell’autonomia della Sardegna e del controllo su entrate proprie e compartecipazioni erariali (ansa).
A queste dichiarazioni ottimistiche della Giunta Pigliaru sembra contrapporsi la recentissima mozione di tutti i parlamentari sardi, che, come risvegliati da un sonno profondo - è il caso di dire meglio tardi che mai - si ritrovano uniti nella mozione “SALVIAMO LA SARDEGNA”.
La Sardegna, affermano, è «una questione nazionale». Lo è diventata ed «è impossibile negarlo». I
numeri della crisi peggiorano giorno dopo giorno. Sempre più neri. Eppure il Governo di Roma continua ad ignorare la Sardegna e l’Europa taglia fuori l’Isola dai nuovi finanziamenti. La mozione presentata al Senato e alla Camera, con accorate lettere ai presidenti Grasso e Boldrini per chiedere una positiva azione di convincimento», è rigorosamente «bipartisan» e da discutere «con tutta urgenza». L’obiettivo di fondo resta quello di aprire un tavolo di trattative col Governo Renzi.
La mozione è un dettagliato dossier dei disastri della Sardegna dalla diminuzione del Pil (del 4,4% in meno rispetto al 2013), alla occupazione diminuita del 7,3% nel biennio 2012-2013, al tasso di disoccupazione generale oltre il 19% fino al 54% di disoccupazione giovanile. A cascata: le servitù militari, le calamità naturali, l’energia, i trasporti, le industrie, l’agricoltura, la scuola. E ora anche il rischio che l’Isola venga scelta come deposito nazionale delle scorie nucleari.
Ho voluto citare questi fatti per evidenziare l’assoluta inadeguatezza della nostra classe politica, intendendo con essa anche gran parte della classe dirigente imprenditoriale pubblica e privata, tutta o quasi, appiattita e silente, in un certo modo narcotizzata dal Governo Renzi e da un Parlamento di nominati che, a colpi di maggioranza, sta modificando le regole fondamentali del nostro vivere civile e sociale. In questi fatti ci sembra evidente una pericolosa deriva a destra, di cui la Lega di Salvini è solo un aspetto preoccupante.
Occorre, però, reagire e allontanare da noi questa visione pessimistica della nostra realtà,
rilanciando la ribellione e la lotta per la difesa e l’affermazione dei nostri diritti, come bene sta facendo - purtroppo quasi in solitudine anche rispetto alla CGIL della Segretaria Camusso - Maurizio Landini, Segretario Nazionale della FIOM che lancia la proposta di una coalizione sociale per difendere “i diritti di cittadinanza a partire da quello del lavoro, non solo quello salariato, ma il lavoro in tutte le sue forme “Landini sottolinea che, di fronte al processo di “fortissima svalorizzazione” del lavoro serve anche “un rinnovamento del sindacato”:
“Riunificare il lavoro per estendere i diritti a tutti” è la parola d’ordine della manifestazione nazionale del 28 marzo 2015 a Roma.
Ma il sogno moderno, a cui come CSS ci ispiriamo da sempre, è il sogno popolare di Martin Luther ing (15/01/1929 – 04/04/1968), che sembra esortarci, a distanza di 50 anni dal 7 marzo 1965, data storica nel cammino per i diritti civili, quando 500 dimostranti diedero inizio in Alabama alla marcia da Selma a Montgomery, bloccata brutalmente dalle forze dell’ordine sul ponte dell’’Edmund Pettus Bridge:
“I sogni non sempre si realizzano. Ma non perché siano troppo grandi o impossibili.
Quasi sempre non si realizzano perché noi smettiamo di crederci…”
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