Carlo Dore jr.
Prosegue il dibattito sulle dimissioni di Soru e la prospettiva politica con un nuovo contributo. Invitiamo il lettori ad intervenire.
Le dimissioni del Presidente Soru costituiscono l’ennesima conferma della frattura che da mesi divide il centro-sinistra sardo, frattura venuta in essere a seguito della vittoria di Antonello Cabras alle primarie per la leadership del PD svoltesi nell’ottobre del 2007, ed ulteriormente alimentata dalla “guerra delle carte bollate” divampata dopo elezione di Francesca Barracciu alla segreteria regionale del nuovo soggetto politico.
Indipendentemente da ogni valutazione relativa al merito del provvedimento in ordine al quale si è consumato l’ultimo (e forse definitivo) strappo tra il Governatore e l’ala riformista della maggioranza di governo, una seria analisi dei fatti che stanno animando la fase conclusiva dell’attuale legislatura non può che muovere da due considerazioni fondamentali.
In primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto da Paolo Maninchedda nel suo intervento sul “Giornale di Sardegna” dello scorso giovedì, le dimissioni del Presidente della Giunta non devono essere interpretate come la reazione incontrollata ed un po’ isterica di un monarca ormai senza corona, urtato nel suo smisurato ego dall’atteggiamento di quei sudditi che si sono, per una volta, rifiutati “di fare la Sua volontà”. Al contrario, queste dimissioni rappresentano un atto dovuto, alla luce delle regole che presiedono al funzionamento di una democrazia degna di tale nome: posto che l’Esecutivo risponde al Consiglio delle scelte che ispirano il suo operato, il Presidente della Giunta è tenuto a dimettersi se riscontra una rottura del vincolo fiduciario in relazione ad un profilo qualificante del suo programma come il governo del territorio.
In secondo luogo, si deve rilevare come una parte consistente dell’area democratica isolana sembra avere ormai sposato quella che potremmo definire “la teoria del calcione”: in base a questa corrente di pensiero, per la sinistra sarda sarebbe preferibile sopportare cinque (o dieci) lunghi anni di opposizione piuttosto che sostenere la corsa di Soru verso la riconferma a Villa Devoto. In altri termini, sarebbe auspicabile che l’elettorato tirasse il classico calcione a Mr. Tiscali ed alla sua vocazione di Uomo solo al comando, e pazienza se questa operazione finirà con lo spianare alla destra la strada verso il Governo della Regione. Le responsabilità della sconfitta non sarebbero imputabili a chi ha manifestato dissenso verso la politica dell’Esecutivo, ma a chi ha generato questo dissenso deludendo puntualmente tutte le aspettative maturate dopo la travolgente vittoria del 2004.
Premesso che, specie in questa particolare fase storica, tutte le opinioni meritano di essere esaminate con grande rispetto e senso dell’equilibrio, quella fetta di popolo progressista che ancora dispone della forza necessaria per non voltare le spalle alla politica ora ha il dovere di domandarsi: possiamo accettare una simile costruzione? Possiamo chiudere gli occhi e contribuire, seppure tramite una mera omissione, a riconsegnare la Sardegna nelle mani dei sodali del Caimano?
La risposta è: no, non possiamo. Lo impedisce la nostra storia, la storia delle tante battaglie combattute dalle forze della sinistra sarda (in cui rientra a pieno diritto anche quella componente del Partito Sardo d’Azione che tuttora rifiuta di recepire l’assunto in base al quale la differenza tra destra e sinistra sarebbe definitivamente venuta meno) a difesa dei valori della democrazia, del lavoro e della giustizia sociale. Lo impedisce ancor più il nostro presente, un presente in cui siamo chiamati a mobilitarci contro la destra delle leggi ad personam e del razzismo strisciante, della demolizione dell’istruzione pubblica e dello smantellamento di ogni forma di welfare state.
Tutto ciò premesso, la crisi del centro-sinistra in Sardegna non può essere risolta con la costante delegittimazione del Governatore in carica, con la guerra delle carte bollate o con la teoria del calcione: questa crisi si risolve, più semplicemente, operando con metodo democratico. Al termine di un’esperienza di governo caratterizzata da ombre e luci, Soru si propone per il secondo mandato, sulla base di un progetto politico non condiviso da parte della sua attuale maggioranza. Bene: le varie anime del fronte anti-soriano riflettano sull’opportunità di avanzare una candidatura credibile, capace come tale di declinare una proposta alternativa rispetto a quella prospettata da Mr. Tiscali.
Se questa alternativa esiste, ben vengano le primarie di coalizione, se aperte ai soli tesserati dei partiti di riferimento e soprattutto se regolate in modo tale da risultare impermeabili alle eventuali azioni di disturbo di qualche manipolo di berluscones in libera uscita. Ma se questa alternativa non è al momento configurabile, allora la leadership di Soru deve essere riconosciuta come l’unica strada percorribile per affrontare una tornata elettorale che i democratici potrebbero paradossalmente vincere, una volta superate divisioni e lotte intestine.
Dinanzi ad un simile status quo, anche i principali oppositori del Presidente sarebbero chiamati a favorire quel “ritorno alla politica” di cui la Sardegna avverte disperatamente bisogno, concorrendo all’elaborazione di un programma di governo in grado di ricompattare l’elettorato progressista sulle grandi questioni di rilevanza regionale, e contribuendo soprattutto alla formazione di liste finalmente aperte ai principali settori della società civile, presupposto indispensabile per avviare un effettivo rinnovamento di quella classe dirigente che da troppo tempo regge le sorti dell’Isola. Nella piena consapevolezza del fatto che il metodo democratico risulta, alla lunga, poco compatibile con la “teoria del calcione”.
8 commenti
1 Tore Melis
3 Dicembre 2008 - 12:32
Nessuno scambi per qualunquismo la battaglia per la Democrazia. Esprimere una critica, contestando il continuo arretramento delle mediazioni e dissentire sulla mortificazione della collegialità nelle decisioni, non significa affatto confondere la destra con la sinistra. Tuttavia, respingo l’idea secondo la quale per essere di sinistra sia sufficiente governare un partito che si definisca tale. Abbiamo assistito, nel recente passato, all’alleanza fra il nuovo PSI e il Polo delle libertà, così come ora sembra non scandalizzare l’accordo a Torino fra PD e Lega (quella razzista, xenofoba, omofoba ecc…). Non parliamo poi del grande trasformismo a cui è soggetta la classe politica italiana. Se la domanda fosse, preferite un governo di destra o uno di sinistra? Risponderei senza esitazione, non c’è dubbio! Ma se mi chiedessero di scegliere fra due blocchi di potere, esclusivamente sulla base di enunciati o di posizionamenti più confacenti con la longitudine che non con politica, beh mi sia consentito di esprimere qualche riflessione! Il problema non è Soru, su questo sono d’accordo, semmai è inconcepibile (per un democratico) il fatto che un uomo possa avere il suo potere in democrazia! Dovremmo tacere, mentre si consuma la morte lenta e inesorabile dei capisaldi democratici? Si è partiti con la Legge 142/90 (riforma degli enti locali), poi si è passati alla Legge 81/93 (elezione diretta dei sindaci) sino a giungere al T.U. Dlgs 267/2000. Infine, il colpo più duro è stato assestato con la modifica del titolo V della Costituzione, che di fatto ha trasformato le regioni in enti amministrativi, totalmente avulsi dalla politica. La democrazia è stata inclinata sino all’instaurazione di un regime soft. Il principe parla al popolo senza mediazioni e la politica non discende più dall’elaborazione delle rappresentanze del popolo, ma dai colpi di scena, dal carattere di chi governa, dalla battuta fatta al talk-show, dal fatto che un governante possa avere più o meno sensibilità per l’ambiente, più o meno buon gusto estetico, più o meno a cuore le sorti dello sviluppo sostenibile, ecc. ecc.. Ciò che maggiormente mi preoccupa, e mi sembra di scorgerlo in più d’un intervento anche in questo blog, è il ritorno all’idea del pensiero unico, concetto che sembrava tramontato dopo il declino dei grandi totalitarismi del XX secolo. Da una parte abbiamo un Vaticano che lancia la sua crociata contro il relativismo e dall’altra abbiamo i “nuovi” partiti, che tentano di semplificare una società che è invece complessa. Le classi dirigenti cercano di convincerci che le minoranza siano un peso per lo sviluppo e per la crescita dell’Italia. Da ciò la continua forzatura nei confronti di coloro che non si riconoscono negli stereotipi ad essi funzionali. Non accetto di essere incluso nella categoria del “se sei contro Soru aiuti la destra”. Né è tollerabile che si pretenda di addomesticare il proprio pensiero politico sulla base della contingenza (la famosa opportunità politica). Perciò concludo, chiarendo a coloro che vorrebbero si tacesse almeno sino alle elezioni, che fra le varie categorie della società, ve n’è una che si chiama LIBERO PENSIERO, ci sia consentito difenderlo!
2 Enea
3 Dicembre 2008 - 12:43
Scusi Dore, ma non le sembra che a questo punto sia meglio parlare di gente perbene e non di destra o sinistra? E guardi che di gente perbene ce n’è tanta anche a destra. Ci vogliono progetti e programmi e, non me ne voglia, il progetto e il programma di Soru non lo condivido per niente. Su democrazia, conflitto d’interessi, comportamenti, umiltà e dedizione ai più bisognosi siamo veramente molto, molto lontani. Al nostro presidente piace l’alta finanza, l’azzardo e la speculazione (anche quella più feroce). Se quella che ha governato la Sardegna in questi 5 anni lei la chiama sinistra davvero non ci siamo. Einaudi e Montanelli erano di destra? Benvengano dei nuovi Einaudi e Montanelli. Etica, caro Dore, si ricominci da questo principio.
3 marco aurelio
3 Dicembre 2008 - 14:06
Gente per bene a destra? In questo periodo storico? faccia i nomi, prego!
4 Quesada
3 Dicembre 2008 - 14:24
Quesito da un milione di dollari:
E’ più di destra Emilio Floris o Renato Soru?
5 Antonio Figus
3 Dicembre 2008 - 15:14
Anzitutto, nell’esprimere i giudizi e nel decidere il che fare, occorre valutare i tempi. Dire che si vota Soru il giorno delle elezioni, magari turandosi il mitico organo olfativo ormai arrossato per il continuo uso improprio, è un conto. Dirlo quando la decisione sulle candidature è in corso, e c’è una grossa parte dell’opinione democratica che vuole le primarie, è un altro conto: vuol dire schierarsi contro una scelta partecipata del candidato del centro sinistra.
Basta poi sui distinguo astratti destra/sinistra: non è di sinistra chi non agisce con metodo democratico. Punto. Lo disse il PSI da sempre, lo disse il PCI a partire almeno dagli anni ‘60: la c.d. via italiana e democratica al socialismo! Da questo punto di vista i metodi di Soru non sono accettabili, perché non democratici.
Non è neppure esatto che Soru fosse tenuto a dimettersi. Dore ben sà - lo dice anche la Costituzione - che la mancata approvazione di una proposta del governo non obbliga alle dimissioni. Per di più l’emendamento bocciato non riguardava il merito della legge, la tutela del territorio, che sarebbe rimasta immutata. Nessun obbligo di dimissioni, ma solo una mossa politica per essere candidato senza primarie.
Infine, il giovane Dore, a conclusione del suo intervento, dopo aver detto che non c’è alternativa a Soru, afferma che, accettata da tutti la leadership di quest’ultimo, “anche i principali oppositori del Presidente sarebbero chiamati a favorire quel “ritorno alla politica” di cui la Sardegna avverte disperatamente bisogno, concorrendo all’elaborazione di un programma di governo in grado di ricompattare l’elettorato progressista sulle grandi questioni di rilevanza regionale, e contribuendo soprattutto alla formazione di liste finalmente aperte ai principali settori della società civile”. Chiamati da chi, caro Dore? Dallo Spirito santo? Certamente, non da Soru, che si è dimesso al solo fine di evitare proprio questa partecipazione! La posizione di Dore è legittima, ma le conseguenze che ne trae sono a dir poco contraddittorie e prive di logica. Da un gesto volto a evitare una scelta partecipata vuol far discendere nientemeno che un nuovo avvio della vita democratica nell’Isola! Questo, francamente, è troppo.
6 Manuela Scroccu
3 Dicembre 2008 - 16:38
Siete fan di Soru oppure no? Siete per i cattivi “burosauri” della sinistra o per il rinnovamento?
Si può scegliere di rispondere ad una di queste domande chiaramente falsate (come certe interviste a Berlusconi fatte dai “suoi giornalisti”: ha ragione la destra o torto la sinistra), oppure fare come quel mio caro amico che mi ha detto “non mi occupo più di politica regionale, faccio finta che non esistano e attendo tempi migliori”. E’ pur sempre una soluzione.
In suo recente intervento, Francesco Cocco metteva bene in evidenza i rischi di una politica regionale ridotta alle dispute attorno al tema “soriani o antisoriani”. Soprattutto quando da più parti si vuole ridurre la vicenda ad una sorta di conflitto tra i vecchi “oligarchi” ed il “principe” innovatore. Chiaramente questo sistema fa comodo a molti. Cosa c’è di meglio per ammazzare il pensiero critico di chi ti dice “sei con me o contro di me? ”.
Chi di noi può veramente dirsi vaccinato contro questa “malattia” della democrazia? Io, lo ammetto, non mi sento al sicuro da certe semplificazioni. Anzi, mi sento abbastanza confusa e spaventata e di certo queste sensazioni renderanno meno lucidi i miei ragionamenti. Ne sono consapevole.
Non credo, peraltro, che l’autore dell’articolo volesse aderire al giochetto Soru si Soru no. Né che le sue riflessioni siano una mera riproposizione schematica dell’abusata teoria del voto utile.
Semplicemente si è limitato ad evidenziare la circostanza che un movimento alternativo rappresentativo di una nuova sinistra popolare e di massa (auspicato in tutti gli interventi sul blog) non è attualmente all’orizzonte e non lo sarà per un bel pezzo. Mentre avanzano forze più inquietanti che bramano la conquista della Regione: la famosa fogna di cui parla Marco Biancu in un suo commento all’ultimo articolo di Andrea Pubusa. Non mi sembra un pensiero campato per aria.
Questo non significa che un’alternativa non ci sarà mai: forse dovremmo uscire dalle guerre fratricide all’interno del PD (al quale, tra l’altro, molti di noi hanno scelto di non aderire, e non a caso) e concentrarci su un lavoro ben più lungo e complicato, la costruzione di nuovi spazi per esercitare in modo democratico e inclusivo la partecipazione politica. Da questa prospettiva la stessa figura di Soru potrebbe apparire meno ingombrante.
Mi rifiuto, però, di accendere bacchette d’incenso propiziatorie di fronte alla purezza della “divinità” Renato Soru. La politica in Sardegna non è iniziata con lui e non finirà con lui.
Non partecipo al tiro al piccione ma sicuramente non faccio come le tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo.
7 Enea
3 Dicembre 2008 - 16:59
Per Marco Aurelio. Non mi dica che non ha amici che votano a destra e le considera persone per bene. Se vuole persone di spicco posso dire che il ministro Frattini è una persona perbene. Comunque credo in una San Marino del Mediterraneo e credo che a suon di destra e sinistra si va avanti poco. Mi batterò perchè i sardi diano un voto per la Sardegna e non per legittimare lo sfascio che si annida nel parlamento italiano. Se vuole un consiglio lo abbandoni il parlamento italiano, abbandoni i suoi partiti, non meritano più un solo voto.
8 Stefano Deplano
4 Dicembre 2008 - 16:41
Gentili lettori,
Intervengo a commento dell’articolo di Carlo Dore JR per esprimere alcuni pensieri, mi auguro utili a stimolare il dibattito.
In primo luogo desidero elogiare l’equilibrio ed il buonsenso dell’autore dell’articolo. Egli ha infatti il grosso merito di rendere pubblica una evidente verità: una sinistra divisa fa comodo soltanto ai conservatori.
Nel 2004, quando ampie aree dell’elettorato italiano erano già in evidente rotta con il Governo guidato da Silvio Berlusconi, il centro sinistra sardo è riuscito a portare a casa una vittoria storica, sia per distacco elettorale che per i risultati politici importanti ottenuti nel corso del ( quasi ) quinquennio successivo.
Risultati importanti, ottenuti insieme: la dismissione delle servitù militari, il risanamento del Bilancio, il successo della vertenza sulle entrate, stanziamenti eccezionali sull’istruzione universitaria, uno sviluppo virtuoso della raccolta differenziata, l’eliminazione di innumerevoli voci di spesa clientelari, una efficiente tutela del paesaggio.
Progetti che fino a pochi anni prima erano addirittura impensabili oggi sono realtà, oggetto di studio da parte di tante altre Regioni italiane ed europee.
Mi preoccupa, ed in ciò mi allineo al pensiero di M.Scroccu, notare come la polarizzarione fra Soriani ed Antisoriani abbia fatto passare del tutto in secondo piano gli ottimi risultati conseguiti.
Mi preoccupa notare come all’invito di Soru di tenere le primarie anzitutto dentro il PD e poi anche a livello di coalizione, oggi chi gli si oppone non dia risposta, ma tergiversi.
Da sostenitore di Renato Soru e da convinto elettore di sinistra, vi chiedo:
Le forze di sinistra che si oppongono alla ricandidatura di Renato Soru sono in grado di motivare unitariamente la loro posizione? Cosa è oggetto di contestazione? Una impopolare azione di governo? Gli scarsi risultati ottenuti?
Il carattere del Presidente?
I tanti sardi che seguono il progetto di rinnovamento di Renato Soru oggi si collocano principalmente nel Centro-Sinistra.
Queste persone sono smarrite perchè lo stesso centro sinistra che fino a ieri ha ben governato l’Isola oggi è perso in una lotta contro la persona di Renato Soru.
Ma questa lotta non propone nessuna alternativa, solo attacchi personali e promesse di ” calcioni”.
Una cosa sola è certa. Non derogando al principio per cui noi sardi siamo ” pocos, locos y mal unidos” ci prepariamo a perdere.
Con quali occhi l’elettorato progressista guarderà i suoi rappresentanti regionali quando anche il Bastione Sardo sarà caduto nelle mani di un proconsole di Berlusconi?
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