Per questo c’è bisogno, qui e ora, di un percorso di lavoro pratico, concreto e quotidiano per il progresso delle condizioni di vita delle persone. Non manca peraltro chi già lo fa egregiamente, le associazioni come l’Arci, Emergency, Libera e tante altre meno note ma non meno efficaci, o i gruppi di persone che ragionano sulla necessità di una nuova Europa, come gli economisti che hanno firmato l’appello per una nuova Bretton Woods. Giusto dunque coinvolgere chi già oggi lavora, concretamente, all’estensione di diritti e alla costruzione di nuove forme di fratellanza (o solidarietà, o mutualismo che dir si voglia) per costruire un programma pratico e di lavoro efficace, ma il coinvolgimento deve portare a un programma politico.
Da Voltaire a Gramsci fino alla Teologia della Liberazione non mancano certo le basi teoriche. Sarebbe utile aggiornarle alla luce delle nuove conquiste dell’etologia, da Lorenz passando per Goffman per finire a Bateson, che ci aiutano a dire che diritti, fratellanza, redistribuzione della ricchezza sono specie-specifiche e indispensabili alla permanenza dell’essere umano sul pianeta terra. Non sono le “basi” che mancano per dire che il progresso dell’umanità non sono gli iPhone, ma uguaglianza e diritti per tutti.
Non possiamo imitare Syriza e nemmeno Podemos, ma possiamo e dobbiamo imparare a dire cose semplici: riprenderci la ricchezza concentrata in poche mani, e riconquistare diritti.
C’è bisogno di confrontarsi con la realtà, costruire un progetto concreto che metta insieme le competenze e le idealità necessarie a migliorare la vita di tutti. Perché dannatamente concreta è la forza di chi sottrae le nostre ricchezze e le concentra in poche mani rendendo concretissima la disperazione di molti. E concreti sono i segnali che ci dicono che il tempo è scaduto. E che o si costruisce una prospettiva di vita migliore riappropriandoci di ciò che è nostro oppure vincerà chi sta spiegando che il nemico è proprio quello lì di fianco a te, quello che lotta per la sopravvivenza come te. Ma per tutti e due non c’è posto.
Nessuno, in questo processo, ha diritti da vantare, nessuno può essere egemone, nessuno può dettare la linea. Tutti invece abbiamo il dovere di metterci, insieme, al servizio di una necessità non più rinviabile: quella di trovare il modo di ridistribuire la ricchezza se davvero teniamo al futuro, non solo del nostro Paese. Si può fare?
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