Gianna Lai
Ho ricevuto un invito dai Lions Club della Sardegna, che celebrano il Centenario della Brigata Sassari al Conservatorio di Cagliari. E fra i titoli degli interventi, tutti rigorosamente affidati a militari in servizio o in pensione, o a studiosi di questioni militari, mi colpisce quello della Relazione introduttiva, svolta dal Coordinatore del Comitato per il Centenario della Grande guerra, ‘Il primo conflitto mondiale come Grande Rivoluzione del Novecento‘. C’è, di sicuro, tanto da guadagnare per i Lions e la Brigata Sassari da questa impostazione moderna e originale, rottamante si può dire, di tutte le pedanterie del passato, che fa giustizia finalmente dei pesanti schemi storiografici adottati da chi la ricerca la fa, destinando evidentemente alle fonti troppo inutile tempo e troppa barbosa attenzione. E perchè non intitolarlo, mi son detta allora, ‘marinetti tra presente passato futuro-futurismo-futurismi, modernità movimento guerra, la guerra lava il mondo e rafforza i popoli sviluppa ricerca, migliora le condizioni del sopravvissuto, di sicuro più adatto a vivere del soccombente, la prima volta degli aerei dei siluri dei sottomarini dei gas di quella bella tecnologia che ci fa crescere anche in tempo di pace, e cos’è! guarda che non è solo Caporetto la prima guerra mondiale, mi che c’era anche il piave che mormorava calmo e placido e che poi alla fine abbiamo anche vinto e le donne inglesi si son portate a casa pure il diritto di voto‘? Senonchè il Coordinatore del Comitato sardo per il Centenario della Grande Guerra ha un incarico del Ministero dell’Istruzione (forse sarebbe stato meglio metterlo nelle mani dell’intera Università, come sarebbe stato prudente fare anche per le Celebrazioni dell’Unità d’Italia) e si rivolge quindi, in prevalenza, alle scuole che, invece, ben poco avrebbero da guadagnare da questa specie di goliardata. Perchè lì, per fortuna, lì la pensano diversamente.
Come Cidi di Cagliari abbiamo avviato nelle scuole un lavoro di ricerca sulla Prima Guerra mondiale e, insieme ai docenti delle classi interessate, siamo partiti dal dato più significativo di tutte le guerre, la distruzione di intere generazioni di giovani, perchè a fare la guerra vanno, vengono mandati, esclusivamente i giovani. Un dato che crea serio coinvolgimento dei ragazzi, e stimolo all’apprendimento, perchè di giovani della loro età si tratta, specie quando ci rivolgiamo ai ragazzi della scuola media superiore. E siccome vogliamo suscitare conoscenza e spirito critico, dal costo umano della guerra partiamo, su cui si sofferma anche il giovane storico Gianluca Scroccu, quando lo invitiamo nelle classi, quella che il Papa di allora chiamò “l’inutile strage“, 8 milioni 536 mila morti, 7 milioni 746 mila prigionieri o dispersi, 64milioni 324 mila sodati mobilitati (v. A. Desideri, M. Themelly, Storia e Storiografia, Il Novecento, Casa Ed. G. D’Anna. 2003, pag.110). Agli studenti, abbiamo notato, interessa la conoscenza della vita e le condizioni dei militari nelle trincee, la vita delle popolazioni civili duramente coinvolte, i giovani e la scuola, la fame e la miseria delle città, il lavoro delle donne in fabbrica e nelle campagne. Letture, in particolare, delle testimonianze del tempo, le lettere dei soldati e dei familiari, le poesie della guerra, le canzoni di guerra, i giornali del tempo, ecc., dove si legge dell’uso dei gas velenosi e delle tecnologie, destinate a produrre fabbriche di morte.
Su tutto questo i docenti della scuola si soffermano nella contestualizzazione dell’evento, quando devono restituire significato alla Storia, perchè scoppia la guerra, di chi sono le responsabilità, quella borghesia del tempo e quella classe dirigente e politica, e quello Stato che, per primo, dovrebbe garantire la vita e il benessere del cittadino e invece lo manda a morire. E parlano i docenti dell’inspiegabile crudeltà dei generali e delle decimazioni contro i cosidetti ammutinati e disertori. In sintesi ‘la guerra fu la prima spaventosa carneficina di massa, alla quale contribuirono le più moderne tecnologie: guerra di carri armati, di sottomarini, di aerei, di gas, un immenso laboratorio tecnologico senza scampo per milioni di uomini’(v. G. De Luna, M. Meriggi, A. Tapino, La scena del tempo, Paravia, 2003). La Prima Guerra Mondiale non produce rivoluzioni, ma le combatte le rivoluzioni, come dice Braudel, ‘Nel 1914 l’Europa era sull’orlo del socialismo, ma anche della guerra; in pochi giorni, in poche ore, precipitò nel baratro‘. E prepara la Seconda Guerra mondiale, la Grande Guerra, gli storici sono ormai d’accordo su questo, e ne sono a conoscenza anche gli insegnanti nella scuola. Di prove di genocidio si tratta, come diceva bene lo scorso anno il prof. Luciano Marrocu, invitato da noi al Martini a tenere una lezione sulla Seconda Guerra Mondiale, che lui intitolò ‘Dare forma al presente’. E, visto che cito lo storico, voglio dire che quei libri di testo sopra indicati rispecchiano il pensiero della scuola democratica, come tutti quegli storici e studiosi e narratori che hanno scritto e scrivono sulla Prima Guerra mondiale, i primi che mi vengono in mente, Braudel, Bloch, Isnenghi, Pieri, Procacci, Spriano, Canfora, Janz, Ramirez, Rochat, Lussu. E i film, Joyeux Noel, di C. Carion, e Torneranno i prati, di Olmi. Ed è anche il nostro modestissimo parere quando parliamo della Prima Guerra mondiale e del dolore degli uomini, secondo lo spirito dell’art. 11 della nostra Carta costituzionale, dell’Italia che ripudia la guerra.
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