“Coalizione sociale” sì, ma non basta

6 Marzo 2015
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Gonario Francesco Sedda

1. Non si possono caricare le sorti del socialismo e del comunismo in Italia sulle deboli e disastrate spalle del Partito della Rifondazione Comunista.
La “sinistra”, l’ecologia e la libertà non godono di buona salute solo perché le ha messe in fila Sinistra, Ecologia e Libertà.
Il rinnovamento della “sinistra” manca, nonostante le buone intenzioni dell’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra.
La nuova “alba” per il lavoro, i beni comuni e l’ambiente neppure accenna ad arrivare, sebbene invocata da una post-novecentesca ALBA.
Non è andata meglio a chi, dopo la svolta di A. Occhetto (e di una ancora incerta maggioranza di gruppo dirigente raccolto attorno a lui), si è illuso che “stando nel gorgo” sarebbe stato possibile salvare il meglio del riformismo e dell’insediamento sociale del PCI.
E i “movimenti” degli ultimi cinquanta anni non possono certo vantare grandi successi duraturi sia quando in nome dell’autosufficienza del sociale hanno preso le distanze non solo dalla contingenza storica di questo o quel partito, ma anche dall’idea di partito; sia quando hanno riprodotto o tentato di riprodurre forme tradizionali di partito o si sono limitate a svolgere un ruolo sussidiario in rapporto conflittuale con partiti esistenti, un ruolo di stimolo collaterale e subalterno; sia quando in momenti di furore palingenetico hanno lanciato promesse di travolgenti novità (sul piano teorico e pratico) che sono state clamorosamente disattese.

2. Grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione non è eccellente. Io la vedo difficile. E dalle difficoltà non si esce riproponendo la vecchia discussione sul rapporto tra il sociale, il politico e il partitico. Sui “partiti” esistenti (grandi o piccoli che siano) ognuno può dire ciò che pensa. Io sono senza partito ininterrottamente dal 1989, da quando alla Bolognina “lo sventurato rispose”; e dunque non ho una ditta da difendere.
Il sociale è sempre politico; anche la politica dei nostri avversari viene dal sociale. Non tutte le politiche che vengono dal sociale sono le nostre politiche. Né si può sostenere che il sociale distilli per noi “una sola politica” risparmiandoci persino la fatica di scegliere tra diverse opzioni, dandoci un frutto maturo pronto per essere afferrato e mangiato subito.
Lasciamo da parte la parola partito. Ma è possibile un’azione di massa senza un’organizzazione? E un’organizzazione senza un gruppo dirigente? La FIOM è un’organizzazione con un gruppo dirigente e persino un segretario. Meno male che la FIOM c’è! Tuttavia, perché mai questa organizzazione non si scioglie invocando un sociale che se è politico è anche sicuramente sindacale? La linea di condotta del sindacato metalmeccanico (e del suo segretario) che punta alla costruzione di una “coalizione sociale” è giusta, ma sarebbe un’assurdità pensare che in nome di quella coalizione la FIOM debba sciogliersi.
Lo stato comatoso di tutte le forze che hanno cercato di opporsi alla deriva trasformistica del PDS-DS-PD e il carrierismo di sopravvivenza di una parte dei dirigenti dei piccoli partiti di opposizione di “sinistra” è un alibi troppo facile per dare forza a una proposta debole e dilatoria come quella del “si può fare politica senza partito”. E se poi questa proposta trova l’interesse di Sergio Cofferati e se Stefano Rodotà trova nelle parole del “cinese” «il chiarimento migliore» circa la via che bisognerebbe percorrere per un «nuovo inizio», allora io comincio a preoccuparmi (per quanto niente pesi la mia preoccupazione). E se questa proposta trova l’entusiastica adesione di Fausto Bertinotti, allora la mia preoccupazione aumenta (per quanto niente pesi). Sì, sono d’accordo con Stefano Rodotà quando dice che «non possiamo portarci dietro tutto quello che c’è stato nell’ambito della “sinistra”»!

3. Riflettendo sulle difficoltà che ci riguardano possiamo enumerare i diversi aspetti che le caratterizzano e anche indicarne quelli che ci sembrano più importanti. Ciò aiuta a dare più ordine e più chiarezza al nostro discorso e alle nostre analisi. Ma sarebbe un errore pensare che quella distinzione logica sia anche una determinata successione temporale nella realtà. E dunque prima si risolve un problema, poi un secondo, poi ancora un terzo e così via. Nella realtà quasi mai i problemi vengono uno alla volta o ben dosati in quantità secondo i nostri desideri. Ed è così anche per un nostro “nuovo inizio”. Chiavi di lettura per capire la società in cui si vuole operare, individuazione di un blocco sociale di riferimento, collocazione internazionale, concezione dello Stato e della democrazia, iniziativa politico-sociale di breve e medio periodo, rappresentanza istituzionale, idee guida per una nuova società, differenza di genere, nuova cultura … e altro.
Per rispondere alle domande che nascono sul terreno dell’intera società non basta certo invocare ritualmente la dimensione partitica, ma non basta neppure contrapporvi con speculare ritualità qualsivoglia virtuosa dimensione sociale.

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