Carlo Dore jr.
“Ce lo chiede l’Europa”: il costante richiamo alle superiori (e, spesso, imperscrutabili) strategie elaborate nei palazzi di Strasburgo costituisce l’argomento più utilizzato per sterilizzare ogni pericolosa discussione in ordine all’attuazione di quei processi di riforma potenzialmente irricevibili per parte dell’area democratica italiana. “Ce lo chiede l’Europa”: è dunque l’Europa a chiedere una semplificazione del procedimento legislativo, una riduzione della rappresentatività democratica, una forma di governo caratterizzata dalla centralità del potere esecutivo e dalla graduale erosione delle prerogative del Parlamento. “Ce lo chiede l’Europa”: è l’Europa che invoca il superamento del bicameralismo paritario, fossilizzando l’Italia nel vicolo cieco costituito dall’alternativa tra una Costituzione inconcepibile e una non – Costituzione.
“Costituzione inconcepibile”, “non – Costituzione”. Il vicolo cieco a cui ho appena fatto cenno deriva da un colossale equivoco in ordine all’esistenza del patto costituente, di quel “compromesso alto” tra forze politiche rappresentative di interessi contrapposti ma unite da un substrato di valori comuni, presupposto indispensabile per individuare (riprendendo le parole di Calamandrei e Zagrebelsky) il sistema di regole che i popoli si danno quando sono sobri, a valere per quando saranno ebbri.
Ora, un simile substrato di valori comuni – ravvisabile, con riferimento ai protagonisti dell’Assemblea costituente, nell’afflato libertario della Resistenza e della lotta al nazifascismo – non poteva evidentemente supportare il Patto del Nazareno: il popolo del centro-sinistra non può infatti condividere alcun valore con gli esponenti di un partito il cui leader indiscusso risulta – alla luce di quanto disposto dall’art. 54 della Carta Fondamentale, nella parte in cui impone ai titolari di pubbliche funzioni di adempiere le stesse con disciplina e onore – di fatto estraneo al sistema costituzionale vigente. Ma se una Costituzione figlia del Patto del Nazareno sarebbe stata qualificabile come “Costituzione inconcepibile”, una Carta generata da una mera “prova di forza” della maggioranza politica attuale semplicemente “non” sarebbe una Costituzione, non sussistendo quel “compromesso alto” in cui il patto costituzionale si concreta.
Chiamati a prendere atto della mancanza delle condizioni necessarie per rimettere mano alla Carta, i sostenitori del processo riformatore in atto si trincerano dietro la reiterazione del mantra: “voi non volete le riforme, ma le riforme ce le chiede l’Europa!”. Vale dunque la pena di chiedere: quali riforme l’Europa, nella sua dimensione di comunità democratica, chiede all’Italia? Quali riforme sono davvero necessarie per riallineare il nostro Paese alle grandi democrazie occidentali? Forse, l’approvazione di una legge anti-corruzione, eterna promessa di una stagione di governo che fatica a trovare il suo zenit; forse, la riforma del reato di falso in bilancio, autentica voragine del nostro ordinamento penale; forse, una riforma del sistema universitario che, lungi dal recepire l’aberrante distinzione tra atenei di “serie A” e di “serie B”, offra una concreta prospettiva di crescita a quanti hanno deciso di impegnarsi nella ricerca scientifica.
Tutte proposte di riforma, quelle appena indicate, che presuppongono l’attuazione dei principi contenuti nella Carta Fondamentale, e che non ne impongono in alcun modo lo stravolgimento. Perché l’Europa, alla fine, questo ci chiede: di riconoscere l’attualità e la vitalità della nostra Costituzione, e non di fossilizzare il Paese nel vicolo cieco costituito dall’alternativa tra la Costituzione inconcepibile e la non – Costituzione.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.
Lascia un commento