Francesco Cocco
Perdonate un altro sfogo di questo vecchio brontolone. Non appartengo alla categoria di quelli che hanno sempre da dire su tutto, ai quali non va bene niente. Anzi spesso sono polemico con chi non tiene conto che nella vita politica ed istituzionale spesso dobbiamo accontentarci delle soluzioni che si attagliano al possibile e non dobbiamo necessariamente respingerle perché non rispondenti ai nostri desideri.
Sono tanto vecchio da ricordare il referendum del 2 giugno 1946. E’ ben presente nella mia mente il sorgere, in qualche caso il risorgere, dei partiti politici. Soprattutto ricordo le speranze collegate alla cacciata dei Savoia. Per noi sardi era la dinastia che aveva represso i moti angioiani, che aveva mandato al patibolo Salvatore Cadeddu ed i suoi compagni protagonisti della “rivolta di Palabanda”, che aveva avallato il potere fascista.
Ero un bambino, tuttavia mi rendevo conto che a parteggiare per la monarchia erano dei vecchi bacucchi mentre chi sosteneva la Repubblica aveva in mente un potere sobrio, vicino al popolo. Poi nella prima giovinezza, leggendo gli scritti di Engels sull’origine dello Stato ho capito che il potere è tanto più forte nel legame con i cittadini, e quindi democratico, quanto meno ha bisogno di orpelli.
Ed è per questo che, assistendo alla cerimonia d’insediamento del presidente Mattarella di fronte al solenne portamento dei commessi nelle loro sfarzose vesti da cerimonia (purpurei stiffelius, sfavillanti palandrane e marsine) resi ancora più solenni da aurei collari al petto, mi sono chiesto cosa avesse a che vedere questo cerimoniale con lo spirito ed i valori ideali da cui è nata questa nostra Repubblica, fondata sul lavoro. Interrogativo rafforzato dallo schieramento dei corazzieri con le loro luccicanti corazze, molto utili per far folclore (più propriamente manto del potere) non certo difesa propria e di riflesso del presidente. Per qualche istante, sovrappensiero, ho pensato di assistere ad un film di cappa e spada o di aver sognato la corte del “re sole”.
Certe cerimonie istituzionali devono avere una loro solennità e nessuno credo possa mettere in dubbio la necessità di garantire la assoluta sicurezza di chi esprime i massimi livelli della statualità. Ma più sobrietà forse garantirebbe un maggior senso di partecipazione e quindi di appartenenza con conseguente aumento dello spirito pubblico.
Il presidente Mattarella gode fama di persona sobria. Chissà non riesca a garantirla nella vita istituzionale, compreso il cerimoniale. Ne deriverebbe anche un bel risparmio e forse le cerimonie istituzionali avrebbero persino più solennità e certamente nel loro animo sarebbero ancor più partecipate dai cittadini italiani.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.
Lascia un commento