Gianfranco Sabattini
Michael Sandel, filosofo statunitense, riconosciuto come uno dei principali esponenti del comunitarismo, è docente di filosofia morale e politica presso l’Università di Harvard ed è autore del recente volume “Quello che i soldi non possono comprare”. In questo volume, Sandel formula una serie di domande: è giusto permettere ai carcerati di pagare per avere a disposizione una cella migliore? Pagare una determinata cifra per poter sparare a una specie animale a rischio di estinzione? Affittare una parte del corpo come spazio pubblicitario utilizzato attraverso tatuaggi? Assicurare i propri dipendenti contro il rischio di una loro morte durante il contratto di lavoro? Pagare un prezzo per il ritardo col quale i genitori possono ritirare i propri figli a scuola? O acquistare il diritto di inquinare comprando certificati da altri soggetti (Paesi ed imprese) che hanno emissioni inquinanti ridotte? O affittare il proprio utero per dare ad altra donna l’opportunità di una maternità surrogata? O vendere un proprio organo per ragioni di indigenza economica?
Sono solo alcune delle domande che Sandel formula nel suo libro e che in parte ripropone nell’intervista concessa recentemente a Emanuele Bompan, pubblicata nel n. 1/2014 di “Equilibri”; le domande – afferma Sandel – sono suggerite dal fatto che all’interno dell’organizzazione sociale dei moderni sistemi economici ad economie di mercato, il denaro, il pensiero e la logica di funzionamento delle istituzioni economiche sono giunte a svolgere un ruolo sempre più centrale, non solo nella produzione e distribuzione di beni materiali, ma anche nel governo di ogni aspetto della vita; nel senso che si è iniziato a dare un prezzo ad ogni cosa, dalla salute alla educazione, alla politica, alla vita civica e così via.
Ciò che dell’egemonia amorale del marcato colpisce è che non siano mai state seriamente prese in considerazione le trasformazioni occorse nell’uso del denaro, nel senso che mai, sull’influenza del ruolo del denaro e dei mercati nella vita dell’uomo, si è riflettuto seriamente e mai sono state considerate criticamente le implicazioni delle domande prima formulate: che cosa comporta affittare il proprio utero? E’ un atto morale affittarlo? Oppure: che cosa comporta assicurare contro la morte i propri dipendenti? E’ al di sopra di ogni sospetto assicurarli? Essendo mancata la discussione su ciò che il denaro più o non può comprare, si è solo consentito che il suo potere crescesse in ogni ambito della vita.
E’ scioccante – afferma Sandel – constatare, ad esempio, la crescente tendenza a stipulare contratti di assicurazione sulla vita dei propri dipendenti, ovvero utilizzare un modo di proteggere la famiglia contro il rischio di morte di uno dei suoi membri, per consentire a un’impresa, che ha pagato i premi, di incassare, nel caso in cui il rischio si concretizzi, i benefici. A differenza di quel che accadrebbe nel caso in cui il contratto di assicurazione servisse a tutelare la famiglia, i benefici incassati dall’impresa sarebbero l’esito di un gioco d’azzardo sul fatto che il dipendente muoia durante il periodo in cui è alle sue dipendenze; in altri termini, i benefici sarebbero incassati dall’impresa solo per aver pagato il premio assicurativo.
Inoltre, il mercato, dominando ogni aspetto della vita e consentendo di assegnare un valore monetario ad ogni cosa in funzione del potere d’acquisto a disposizione, ha minato alla base la giustizia sociale, contribuendo ad aggravare gli effetti negativi delle disuguaglianze sociali, soprattutto per quanto riguarda le chance delle quali può godere ogni singolo in funzione del proprio potere d’acquisto. Se le disparità nella distribuzione del potere d’acquisto influenzasse solo il consumo di beni di lusso, le disuguaglianze, secondo Sandel, avrebbero un peso, non certo paragonabile a quello esercitato sui livelli di consumo riguardanti le cure mediche, l’istruzione, o altri servizi alla persona.
Le disuguaglianze intrinseche a questo tipo di consumi eserciterebbero un’influenza di ben altra natura sul piano della giustizia sociale. Nel caso di questo particolare tipo di consumi, la giustizia sarebbe compromessa dal fatto che ai ricchi sarebbe data la possibilità di vivere una vita sempre più separata da quella dei soggetti meno dotati in termini di potere d’acquisto; ciò perché sarebbero sempre più ridotti gli spazi comuni dove soggetti di classi sociali differenti possono fruire del vantaggio di avere interazioni frequenti, compromettendo la possibilità di creare il senso di una comunità fondata si valori condivisi, con conseguente erosione della solidarietà e del civismo.
L’egemonia del denaro e dei marcati ha anche un’altra conseguenza negativa; essa causa il cambiamento del significato delle cose; se, per esempio, osserva Sandel, una persona chiede ad un amico di aiutarla a risolvere un dato stato di bisogno, normalmente, se il soggetto al quale quella persona si è rivolta è realmente un amico, è esaudita nella sua richiesta; ma, se la persona bisognosa di aiuto offre all’amico una ricompensa pecuniaria per l’aiuto richiesto, l’amico perderebbe la motivazione a prestare l’aiuto richiesto. L’amico, sicuramente, si attenderebbe in cambio un “segno di amicizia”, ma sentirsi offrire una ricompensa pecuniaria, avverte la trasformazione dell’amicizia in un’assunzione temporanea per la prestazione di un servizio, trasformando il significato della relazione amicale e della richiesta dell’aiuto; ciò perché il senso di empatia che l’amicizia porta con sé è del tutto inconcepibile all’interno di una relazione mercenaria.
La mercificazione della vita comporta l’affievolimento totale della riflessione su dove dovrebbero essere posti i limiti invalicabili all’invadenza del mercato, e quali valori (eguaglianza, equità, coesione sociale ed altro ancora) dovrebbero essere salvaguardati. Non aver riflettuto e valutato, su un piano politico, etico, sociale, prima che su di un piano economico, se la salute, l’istruzione, la sfera famigliare e altri aspetti importanti della vita possono essere considerati delle merci, ha determinato il passaggio dall’avere a disposizione un’economia di mercato al vivere all’interno di una società di mercato. Secondo Sandel, la trasformazione è così profonda che neppure i movimenti di protesta di tutto il mondo hanno colto la sua pericolosità, limitandosi a criticare le operazioni di salvataggio della finanza o gli effetti sulle condizioni della vita di tutti i giorni della globalizzazione.
La conseguenza negativa dell’affermazione della ”società di mercato” è lo smarrimento del senso profondo della democrazia; questa è importante, non solo sul piano dei meccanismi decisionali pubblici, ma anche perché concorre a connotare l’organizzazione del “vivere insieme” in modo sempre più conforme al rispetto dell’uomo, consentendo ai cittadini di condividere una vita in comune, di accettarsi reciprocamente e di affievolire le differenze e i conflitti, realizzando così le condizioni necessarie per l’edificazione del bene comune; ovvero, di quella “res publica” alla quale i cittadini aspirano, ma che il mercato sta sempre più privatizzando nell’esclusivo interesse di pochi.
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