Red
Pubblichiamo due lettere aperte inviate da eminenti costituzionalisti e intellettuali della sinistra ai senatori e ai deputati. Da esse emerge una critica ai testi concordati da Renzi con Berlusconi e una proposta di modifica.
La tematica è di specifico interesse per la Sardegna, la cui legge elettorale è al vaglio della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, che deciderà il ricorso il prossimo 15 maggio.
Riforma elettorale, piena elettività e rappresentatività per garantire la
sovranità popolare
Caro Senatore,
molte ed autorevoli critiche sono state sollevate, nei confronti della prima
versione dell’Italicum, concordata nel patto del Nazareno ed approvata,
senza troppe varianti dalla Camera dei deputati. In un appello dei giuristi
del gennaio dell’anno scorso è stato segnalata la preoccupazione e lo
sconcerto della cultura giuridica democratica di fronte ad una riforma
elettorale che riproduce gli stessi difetti di fondo del sistema elettorale
che la Corte Costituzionale ha annullato con la sentenza n. 1/2014,
mantenendo un enorme premio di maggioranza, le liste sostanzialmente
bloccate e raddoppiando le soglie di sbarramento. Consideriamo di
fondamentale importanza la posizione espressa dall’Anpi il 16 gennaio 2014
con un appello indirizzato a partiti, parlamentari e cittadini, che
condividiamo.
Nella discussione in corso al Senato si annuncia un peggioramento della pur
pessima riforma approvata dalla Camera: il premio di maggioranza non verrà
più attribuito alla coalizione ma alla singola lista che, superando una
certa soglia, otterrà un voto in più di ogni altra lista, ovvero che
prevarrà nel ballottaggio. In questo contesto l’abbassamento al 3% delle
soglie di sbarramento non sarebbe sufficiente a migliorare la
rappresentatività, anche perché il privilegio delle liste bloccate,
aggravato dalla pluralità di candidature, verrà conservato per i 2/3,
rendendo bloccato il capolista in un sistema elettorale fondato su liste
corte. Si perpetuerebbe così lo scandalo di Parlamentari nominati dai capi
dei partiti, in assenza di vincoli di una legge sui partiti, espropriando
gli elettori del potere di scelta dei propri rappresentanti.
Con questa riforma si realizzerebbe un cambiamento epocale del sistema
politico di governo. Per legge verrebbe attribuita la maggioranza
parlamentare e la guida del Governo ad un solo partito, che in realtà
rappresenterebbe una minoranza di citttadini, tanto più grave in presenza di
un astensionismo ormai a livelli di guardia. Per rendersi conto della
gravità di questa svolta, basti pensare che dal 24 aprile del 1944 (secondo
governo Badoglio) ad oggi, in Italia si sono sempre e solo succeduti governi
di coalizione, o quantomeno sostenuti da una maggioranza di coalizione.
Persino nel 1948, quando la DC ottenne la maggioranza assoluta dei seggi, De
Gasperi preferì formare un Governo di coalizione, per assicurarsi quel
minimo di pluralismo che gli consentiva di non restare prigioniero di quei
poteri che l’avevano sostenuto. Anche con la svolta maggioritaria
uninominale determinata dalla legge Mattarella e perfino con il Porcellum,
in Italia si sono sempre alternati governi sostenuti da una coalizione, che
hanno mantenuta aperta una dialettica politica, anche se insufficiente,
nella determinazione delle scelte di governo.
Si tratta di una svolta centralizzatrice, che assicura artificiosamente
tutto il potere ad un solo partito, a prescindere dalla reale volontà della
maggioranza del popolo italiano e che umilia le opposizioni, decurtando il
loro potere di controllo. E’ doveroso constatare che questa svolta si
realizza in un momento in cui il partito politico ha perduto il carattere di
struttura rappresentativa, legata alla società e, lungi dall’essere un
intellettuale collettivo, si è trasformato in un apparato di potere
oligarchico, con pochi uomini al comando ed impermeabile ad ogni
condizionamento, persino dei propri elettori. Ciò ha comportato una profonda
crisi della rappresentanza che si è tradotta nel discredito della politica e
nella crisi di fiducia dei cittadini verso le Istituzioni.
Nella storia italiana l’unico precedente del Governo di un solo partito
determinato dalla legge elettorale suscita preoccupazione ancora oggi.
Oltretutto l’approvazione di questa riforma elettorale presuppone che sia
già avvenuta l’eliminazione del Senato elettivo, quando la riforma
costituzionale è ancora in gestazione ed il popolo italiano ben potrebbe
cancellarla con il referendum, così com’è avvenuto nel 2006, quando gli
italiani hanno detto no alla riforma Berlusconi-Fini-Bossi. Per di più l’entrata
in vigore sarà procrastinata a metà 2016 e quindi ci sarebbe tutto il tempo
per una discussione approfondita sul merito della riforma.
Ti chiediamo,pertanto, di tenere conto di queste osservazioni per cambiare a
fondo una legge elettorale che finirebbe con il ridurre gli spazi
democratici e di partecipazione pregiudicando ancora di più la capacità
rappresentativa delle Istituzioni democratiche.
Pietro Adami e Cesare Antetomaso Giuristi Democratici, Sandra Bonsanti
Libertà e Giustizia, Francesco Baicchi, Felice Besostri Gruppo di Volpedo,
Antonio Caputo, Sergio Caserta, Gim Cassano Alleanza Liblab, Anna Falcone,
Gianni Ferrara, Tommaso Fulfaro e Vincenzo Vita Articolo 21, Raniero La
Valle Comitati Dossetti, Domenico Gallo Associazione per la democrazia
costituzionale, Alfiero Grandi Associazione per il rinnovamento della
Sinistra, Pancho Pardi, Ubaldo Nannucci, Maria Ricciardi Giannoni Libera
cittadinanza, Franco Russo, Cesare Salvi, Lanfranco Turci Iniziativa 21
giugno, Nadia Urbinati, Massimo Villone
21/1/2015
Revisione della Costituzione e in particolare del Senato: mantenere le
garanzie costituzionali
Caro Deputato,
L’attenzione sulla modifica in corso della Costituzione della nostra
Repubblica e della legge elettorale resta a livelli troppo bassi e la
discussione parlamentare, per come avviene, requisisce di fatto le decisioni
senza consentire la necessaria partecipazione. E’ vero che il nostro paese,
colpito da una crisi grave e tuttora in recessione, è concentrato su
disoccupazione, perdita di reddito, assenza di prospettive per i giovani.
Tuttavia le regole fondamentali come la Costituzione del nostro paese sono
troppo importanti per il futuro della nostra democrazia per consentire
disattenzione, per questo è molto importante l’appello dell’Anpi del 16
gennaio ai partiti, ai parlamentari, ai cittadini.
La scelta non è tra cambiamento e conservazione, ma tra diverse possibili
innovazioni e purtroppo quella del Governo avrebbe come risultato il
rattrappimento ulteriore del ruolo del Parlamento con l’accentramento delle
decisioni nelle mani del Governo, anche togliendo poteri alle Regioni. E’
questa una scelta accentratrice che sa di ritorno al passato.
Le modifiche costituzionali e in genere quelle istituzionali dovrebbero
essere prerogativa del Parlamento, mentre ora è il Governo ad esercitare un
ruolo preponderante non solo di proposta, ma di accettazione o ripulsa delle
proposte dei parlamentari, con un vero e proprio rovesciamento dei ruoli.
Esse dovrebbero procedere anzitutto attraverso una larga discussione nel
paese, perchè non sono ammissibili ragioni di urgenza o eccezionalità quando
è in gioco la Costituzione.
Non si possono giudicare le modifiche costituzionali senza tenere conto
della legge elettorale. Le due questioni debbono essere viste insieme perché
hanno una reciproca influenza. Il carattere fortemente maggioritario della
legge elettorale si aggiunge alla negazione del diritto degli elettori di
scegliere tutti i deputati, che si aggiungerebbe alla scelta inaccettabile
della non elettività del Senato, che verrebbe nominato da consigli regionali
eletti con leggi sempre più maggioritarie. L’effetto combinato di queste
due riforme comporta uno stravolgimento della Costituzione, determinando una
pericolosa alterazione dell’equilibrio tra i poteri dello Stato.
Occorre evitare di ripetere l’obbrobrio di modificare la Costituzione all’insaputa
degli elettori, per evitare il referendum confermativo, come è avvenuto per
l’articolo 81 della Costituzione. Per questo è necessario che
l’approvazione delle modifiche avvenga con meno dei 2/3 dei voti in modo da
avere la certezza che i cittadini possano esprimere il loro giudizio finale
attraverso il referendum.
Le riforme di cui abbiamo realmente bisogno riguardano la vita dei partiti,
che devono essere riportati alla funzione loro assegnata dalla Costituzione
per garantire la partecipazione dei cittadini con metodo democratico alla
determinazione della politica nazionale. I partiti non sono sostituibili e
per questo la loro vita va riformata, con leggi che ne regolino la selezione
dei candidati, la trasparenza delle decisioni e la democrazia interna. Al
contrario, consentire ai capi dei partiti di nominare i componenti delle
assemblee elettive ne rafforza il carattere oligarchico, causa prima delle
degenerazioni che sono sotto gli occhi di tutti.
Il bicameralismo perfetto si può superare a condizione che il Senato resti
un vero ramo del Parlamento, con componenti eletti dai cittadini a garanzia
del reale esercizio a tempo pieno dei poteri assegnati, alcuni di rilievo
costituzionale e di garanzia.
I compiti delle Camere possono essere diversificati e la fiducia al Governo
può essere attribuita alla sola Camera, ma il ruolo del futuro Senato non
deve essere posticcio, quindi occorre che ne sia mantenuta una funzione
effettiva e l’elezione diretta dei suoi componenti da parte dei cittadini.
Il bicameralismo appartiene alle garanzie di un percorso legislativo
equilibrato e per superarlo occorre offrire un quadro convincente e adeguato
di garanzie sostitutive. La revisione, della Costituzione al contrario,
riduce i meccanismi di bilanciamento dei poteri previsti dai costituenti. Le
prerogative del Governo verrebbero esaltate riducendo quelle del Parlamento,
abolendo di fatto il ruolo delle commissioni parlamentari e rendendo
impossibile emendare le proposte del governo, che verrebbero comunque
approvate in tempi prefissati, rendendo quindi marginale l’autonoma attività
legislativa del Parlamento, ridotto ad un ruolo di ratifica dell’operato del
Governo.
Ti chiediamo, pertanto, di esercitare le tue prerogative senza vincolo di
mandato, come prevede l’art. 67 della Costituzione, e di assumere le tue
decisioni facendo prevalere la fedeltà alla Costituzione.
Pietro Adami Giuristi democratici, Sandra Bonsanti Libertà e giustizia,
Francesco Baicchi, Felice Besostri, Antonio Caputo, Sergio Caserta Il
Manifesto in rete, Gim Cassano Alleanza Liblab, Anna Falcone, Gianni
Ferrara, Tommaso Fulfaro Articolo21, Raniero La Valle comitati Dossetti,
Domenico Gallo Associazione per la dmocrazia costituzionale, Alfiero Grandi
Associazione per il rinnovamento della Sinistra, Pancho Pardi, Ubaldo
Nannucci, Maria Ricciardi Giannoni, Cesare Salvi, Lanfranco Turci Iniziativa
21 giugno, Nadia Urbinati, Massimo Villone, Vincenzo Vita
21/1/2015
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