Andrea Pubusa
Il massacro di Parigi ha sollevato, fra i tanti, un problema, che certo è secondario rispetto a quello principale insito nella mattanza per ragioni religiose, ma che tuttavia è importante perché riguarda la frontiera dei diritti. Charlie Hebdo rivendica il diritto alla blasfemia. Ma esiste questo diritto? Il Parlamento europeo ha negato che la blasfemia sia un reato. Ma affermare questo non vuole ancor dire che sia un diritto. Il 23 ottobre 2008, il Comitato costituzionale del Consiglio d’Europa in un rapporto riguardante la situazione nel Vecchio Continente per quanto riguarda gli insulti religiosi e l’incitamento all’odio religioso, attesta che la bestemmia è atto illecito solo in Austria, Danimarca, Finlandia, Grecia, Italia, Liechtenstein, Paesi Bassi e San Marino. Nelle conclusioni il rapporto afferma che «non è necessario né desiderabile creare un reato di insulto religioso» e, dov’è previsto, «il reato di blasfemia dovrebbe essere abolito».
In Italia la blasfemia era prevista dal codice penale come reato, inserita fra le contravvenzioni «concernenti la polizia dei costumi». La formulazione originaria (codice Rocco del 1930) dell’articolo 724 del codice penale puniva solo l’offesa alla religione cattolica, ma nel tempo maturò la convinzione che tale limitazione fosse lesiva del principio di uguaglianza: si sostenne che per effetto del Concordato del 1984 sarebbe dovuta cadere la denominazione di «religione dello Stato» e con essa la differenziazione fra i diversi credi religiosi. Si iniziò perciò a discutere se prevedere anche l’offesa ad altre religioni.
Con la sentenza 18 ottobre 1995, n. 440 la Corte Costituzionale estese la condotta sanzionabile all’offesa alla divinità di ogni credo religioso, non più solo a quella cattolica. La Corte sostenne: «si impone ormai la pari protezione della coscienza di ciascuna persona che si riconosce in una fede, quale che sia la confessione religiosa di appartenenza» e dichiarò così l’illegittimità costituzionale dell’art. 724, primo comma, del c. penale, cioè quello che definiva il Cattolicesimo religione di Stato («o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato»).
Attualmente la bestemmia è considerata un illecito amministrativo, essendo stata depenalizzata con la legge 25 giugno 1999, n. 205. La versione attuale (vigente) dell’articolo 724 (”Bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso i defunti“) è la seguente:
« Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità, è punito con la sanzione amministrativa da euro 51 a euro 309. […] La stessa sanzione si applica a chi compie qualsiasi pubblica manifestazione oltraggiosa verso i defunti».
In Italia, dunque, la blasfemia non è un diritto, è anzi un reato. Ma, pur condividendo ch’esso non debba essere annoverato fra i reati, mi pare, in linea generale, che neppure rientri nella fondamentale libertà di manifestazione del pensiero. In realtà, tutti i diritti, anche il ”terribile diritto“, la proprietà fondiaria, che nei tempi andati non aveva limiti, si estendeva “usque ad sidera, usque ad inferos”, fino al cielo e fino all’inferno, ora è funzionalizzato ed ha molteplici limiti, dalla tutela dei proprietari confinanti alla protezione dell’ambiente. In generale, la libertà dell’uno si ferma dove inizia quella altrui. Del resto, i veri libertari, proprio perché gelosi della propria libertà, rispettano rigorosamnte quella altrui. Ecco perché a me suona stonato questo diritto alla blasfemia: evoca non tanto l’idea sacrosanta della critica senza sconti alle opinioni religiose altrui, ma piuttosto la pratica dell’insulto, dell’offesa al sentimento religioso degli altri. Diceva uno che se ne intendeva, “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Devo anche dire, avventurandomi, in una problematica che non mi è usuale, e dunque parlando empiricamente e istintivamente, che la satira è tale se è leggera, se fa sorridere, qualunque tema essa tratti, sia essa condivisa o meno. Quando anziché il sorriso suscita un senso di pesantezza perché truculenta o rozza, allora non è satira, è piuttosto sarcasmo, mosso dall’intento di ferire e di umiliare. Giustamente si è detto che “l’anagramma di satira è risata, quello di sarcasmo è massacro”. Certo, spesso è difficile segnare il confine fra insulto e critica o contrasto fermo delle opinioni altrui, e dunque in dubio pro libertate, nel dubbio dobbiamo sempre preferire la libertà di manifstazione del pensiero. Ma la blasfemia, ossia l’ingiuria della divinità altrui, ostentata e rivendicata, è quantomeno inopportuna, non mi pare vada incoraggiata.
2 commenti
1 tito
16 Febbraio 2015 - 22:03
….dunque è un illecito amministrativo sanzionabile….non à chiaro chi può o dovrebbe denunciare quest’illecito e chi potrebbe punire con sanzione….mi sembra che di fatto nessuno si muove in questo senso e tutti preferiamo far finta di niente….a parte gli islamici….
2 Alfio
12 Settembre 2015 - 01:46
La bestemmia è una forma d’arte
http://rispostecristiane.blogspot.it/2012/10/bestemmie-peccato-o-forma-darte.html
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