Nessuna overexpectation, scetti su chi “si podit fai”

4 Dicembre 2008
3 Commenti


Red

Oggi alle ore 17,30 a Cagliari presso la Società degli operai in via XX Settembre si tiene un dibattito, organizzato dall’Associazione per il rinnovamento della sinistra, dal titolo “Con Obama possiamo davvero cambiare?”. Traendo spunto da questa interessante inziativa e continuando il dibattito in corso in questo blog, vi proponiamo una comparazione fra il presidenzialismo del prossimo inquilino della Casa bianca e di quello nostrano di viale Trento.

Nessuna overexpectation. Nessun prodigio o miracolo ci aspettiamo da Obama. Né siamo fra coloro che vedono negli States un modello di democrazia. Ci pare piuttosto una plutocrazia. Eppure succedono delle cose laggiù che per noi hanno del miracoloso. Avete visto come Barack sta formando la squadra di governo? Un po’ di gente del suo entourage, molti clintoniani già passati positivamente alla prova del governo a partire dal segretario di Stato, qualche autorevole cane sciolto democratico, qualche indipendente e perfino alcuni repubblicani, che si sono segnalati per moderazione e saggezza pur sotto la disastrosa presidenza Bush.
Ma, si dirà, Obama fa questo perché ha il consiglio di grandi strateghi della politica. No, amici e amiche. Solo tanta semplicità e buon senso: scegliere personalità forti ed esperte accanto a news entry di peso, da mettere alla prova del governo; e poi unità, unità, unità. Obama sa di dover affrontare la crisi più dura del capitalismo stelle e strisce con ripercussioni globali dai tempi della grande depressione. E sa di poter vincere la sfida solo mettendo in campo il meglio del suo Paese. E si muove su questa strada con determinazione. Ecco il segreto dell’obamamania: la gente ha necessità di unità d’intenti e di pace.
Anche noi democratici sardi non abbiamo overexpectation, ma un ritorno ad una normale democrazia sì, ce lo aspettiamo. E confidiamo in questo perché Obama ha subito lavorato ad unire. Nel Partito democratico e nel Paese. E lo sta facendo con determinazione ed efficacia. Anche noi democratici sardi che, nei mesi scorsi, ci siamo divisi fra lui e Hillary, apprendiamo con soddisfazione che la Clinton è stata scelta per la Segreteria di Stato. In poche settimane tutte le migliori energie liberal americane dai clintoniani ai kennediani sono in campo con entusiasmo e unità d’intenti. Obama sta per questo sminuendo il suo ruolo? No, lo sta esaltando. Il suo prestigio è in forte crescita proprio per questo suo saper aprire, saper coinvolgere, saper unire.
Permettete ora, si parva licet, di fare un salto dalla  Casa bianca a viale Trento? Di parlare di Sardegna? Consentite di spiegarvi perché siamo fermi oppositori di Soru? Perché non fa nulla di ciò che Obama sta facendo oltreoceano. Ovunque il Nostro passa divide e lascia macerie: fra Presidenza e Consiglio, fra le forze del centrosinistra, all’interno del suo stesso partito il PD. Il chiodo fisso è sempre lo stesso: non mettere in campo energie e intelligenze, ma piegare alla sua volontà chi pretenda di misurarsi con la cosa pubblica. Obama sceglie i migliori? Soru i migliori li ha segati. Espulsi dalla Giunta, con tentativo iniziale addirittura di metterli alla gogna. Obama vuole un governo forte e autorevole? Soru ha soppresso la Giunta. Obama vuole affrontare la complessità e gravità del momento con una grande unità? Soru s’illude di poter fare da solo. Obama non vuole perdere neppure un pezzetto dello schieramento democratico? Soru perde anche grossi pezzi della coalizione. Obama vuole riportare il proprio Paese ad un’accettabile normalità democraticità? Soru ha introdotto e pratica un ridicolo quanto dannoso caudillismo. Obama riporta in auge i giuristi democratici per rigenerare sull’idea dei diritti la democrazia americana? Soru remunera giuristi per comprimerla. Ricordate, durante la battaglia per la Statutaria? Gli uomini del Presidente ci hanno enunciato i pregi del presidenzialismo, prendendo a modello gli USA. Eccolo quel modello all’opera con un Presidente democratico! Dov’è l’uomo solo al comando? E si sono anche scordati, i giuristi di servizio, di dirci che negli USA il Congresso mantiene ampi poteri e non viene sciolto se è contrario al Presidente. Obama ha trascinato alla vittoria i democratici anche nelle Camere. Ma se in queste avessero vinto i repubblicani, non ci sarebbe stato alcuno scioglimento delle assemblee elettive. Ma dov’è il simul stabunt, simul cadent della nostra Statutaria? Più che in America è nella costruzione artificiosa della coglionesca ingegneria istituzionale nostrana.
Si avvicinano le elezioni regionali e s’infittiscono da noi gli appelli all’unità. Non da Soru nè dal suo entourage, che anzi accentuano le loro iniziative antiunitarie, ma da molti amici della sinistra, da Marco Biancu a Carlo Dore jr. e tanti altri. Veniamo invitati a lasciar da parte le nostre idee in favore dell’unico candidato possibile. Insomma, basta col cazzeggio sulla democrazia, andiamo al sodo: pensiamo a far vincere Soru! Ci si dice, talora sottovoce, altre volte con sguaiatezza, che siamo la quinta colonna della destra sarda. I più amici ci dicono che, senza Soru, si apre una cloaca maleodorante molto peggiore. “Compagni - ci dicono - attendiamo tempi migliori per tentare un nuovo balzo”. Insomma, un passo indietro ora, per farne due in avanti domani.  Qualche rivoluzionario ci invita a sostenere alle elezioni il meno peggio e a pensare a ciò che veramente conta: il movimento. Non incitava un grande rivoluzionario a evitare il cretinismo parlamentare? E allora voto veloce a Soru e poi mobilitazione contro la Gemini e contro il G8.
Noi la pensiamo diversamente. La coalizione anzitutto deve scegliere il candidato con una procedura seriamente democratica. E a questo non rinunciamo. E’ un metro di misura pregiudiziale. Ma se anche volessimo ammettere che meglio di Soru non c’è nessuno (noi pensiamo però che ce ne siano almeno 200.000 fra i democratici sardi). Il pallino sarebbe in mano al Presidente. E’ a lui che spetta il progetto e ancor prima come e con chi farlo, a lui scegliere la squadra, a lui decidere quali forze coinvolgere nel suo progetto e quali tener fuori. Noi che non abbiamo alcun particolare interesse personale, che abbiamo a cuore solo la democrazia sarda (in senso sostanziale: istituzioni, crescita, lavoro, scuola ecc.) saremmo ben felici di poter partecipare a un processo unitario. E’ ciò che più di ogni altra cosa vogliamo! Vorremmo un governo regionale con le migliori energie dell’Isola (ce n’è tante). Vorremmo un programma condiviso e partecipato. Vorremmo essere coinvolti, aggiugere le nostre energie alle altre. Vorremmo un presidente che unisce. Vorremmo, vorremmo, vorremmo… Ma – saremmo pure poco realisti e affetti da cretinismo parlamentare - non ci accontentiamo di niente di meno. Obama, che ha ben altre gatte da pelare di Soru, ci ha di mostrato che “si può fare”. “Si podit fai”. E allora, proprio perché si può fare, non accettiamo nulla di meno.

3 commenti

  • 1 Cristian Ribichesu
    4 Dicembre 2008 - 07:37

    Vi invito alla lettura di una intervista fatta al prof. Zagrebelsky, in cui si parla di rinnovamento, questione morale e critiche al PD e al PdL.
    Il link è questo:

    http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=8371

    C.R.

  • 2 Gianluca Scroccu
    4 Dicembre 2008 - 09:40

    Caro Andrea,
    sinceramente la politica regionale, e quella nazionale, oramai mi annoiano terribilmente o meglio, mi stancano le lacerazioni e la concentrazione sui singoli. Questa è peraltro una caratteristica tipica delle campagne elettorali americane, anche all’interno degli stessi partiti repubblicano e democratico, dove volano solo insulti, spesso gratuiti, come sapeva ben fare gente come Karl Rove e che Obama ha saputo superare con obiettiva intelligenza ed eleganza.
    Gli interventi di questo pomeriggio di Sergio Diana e Pino Cabras ci aiuteranno a capire perchè la campagna e l’elezione di Obama sono stati un fatto planetario, da Washington a Selargius. Stasera parleremo di questo: la politica regionale lasciamola veramente ad altre occasioni.

  • 3 A.P.
    4 Dicembre 2008 - 11:46

    D’accordo con Gianluca, anche se rimango convinto che in un libero dibattito ognuno sviluppa il tema… liberamente appunto. A me ad esempio colpisce la rapidità della ricomposizione delle lacerazioni dopo primarie estenuanti e il ruolo centrale assegnato nella nuova amministrazione da Obama alle componenti avverse nelle primarie. Il che vuol dire che il presidenzialismo può essere interpretato in vario modo. Credo che questo approccio abbia un riflesso anche nella politica internazionale nel senso di limitare l’unilateralismo americano in favore di una gestione più condivisa della crisi mondiale. Come vedi, si tratta di approcci che possono avere riflessi anche nella vita politica selargina. Comunque più che fissare limiti, l’importante è stasera essere in tanti e animati da buoni propositi.

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