La responsabilità civile dei politici

22 Dicembre 2014
Nessun commento


 

Massimo Villone - Il Manifesto 

 

Il Tribunale dei minori di Roma ha con­cesso a una cop­pia di donne l’adozione del figlio di una delle due, nato con fecon­da­zione ete­ro­loga pra­ti­cata all’estero. Una pro­nun­cia sto­rica per alcuni, ever­siva per altri. In ogni caso, un pre­ce­dente di rilievo, in spe­cie dopo la sen­tenza corte cost. 162/2014 sull’eterologa. È un’occasione per riflet­tere sulla riforma della giu­sti­zia. In Ita­lia, da lungo tempo diritti e libertà non fanno passi avanti nella legi­sla­zione. L’avanzamento viene dai giudici.
È un giu­dice che auto­rizza il distacco della spina per Eluana Englaro; che rico­no­sce la cop­pia omo­ses­suale come ambiente non pre­sun­ti­va­mente ini­do­neo per il minore; che ordina la tra­scri­zione del matri­mo­nio tra omo­ses­suali con­tratto all’estero; che defi­ni­sce come fon­da­men­tale il diritto di due omo­ses­suali di for­mare una cop­pia. E ancora molti giu­dici con­cor­rono a sman­tel­lare i pro­fili più oscu­ran­ti­sti della legge sulla fecon­da­zione assi­stita. Il tri­bu­nale dei minori di Roma è solo l’ultimo in ordine di tempo.
Il legi­sla­tore, invece, prono ai potenti di turno (falso in bilan­cio, cor­ru­zione, pre­scri­zione, lodi), è stato inerte o aper­ta­mente ostile verso i diritti. Si è visto con Welby ed Englaro, il testa­mento bio­lo­gico, la fecon­da­zione assi­stita, le unioni civili. Anche oggi, quel che accade in par­la­mento ci ricorda Troisi e il miracolo-miracolo. Per­ché due del mede­simo sesso hanno diritto a essere cop­pia, ma non a un matri­mo­nio in senso stretto. Quasi, simile, pra­ti­ca­mente uguale, ma matrimonio-matrimonio no. È la parola che ancor ci offende.
Siamo abi­tuati a vedere il giu­dice in campo — pur con esito vario — con­tro i potenti di turno. Non tutti e non sem­pre per­ce­piamo il giu­dice come innovatore.
Ma qui incro­ciamo la riforma. Viene incluso tra i casi di respon­sa­bi­lità l’«errore mani­fe­sto» sulla regola giu­ri­dica. Un caso non pre­vi­sto dalla c.d. legge Vas­salli (117/1988). Da tempo è una ban­diera della destra, che ha più volte cer­cato di intro­durlo. Ne vediamo la causa pros­sima nei tanti pro­cessi eccel­lenti. Lo tro­viamo oggi tra gli obiet­tivi fon­da­men­tali Ncd in tema di giu­sti­zia. E anche nelle linee-guida del mini­stro Orlando, per essere poi tra­dotto nella riforma, a quanto si dice nei ter­mini di una respon­sa­bi­lità dello Stato, senza fil­tro sull’ammissibilità e con rivalsa auto­ma­tica sul giudice.
Sgom­briamo subito il campo dai falsi: che ce lo chieda l’Europa, o si voglia uni­for­mare l’Italia agli altri stati euro­pei. Sul primo punto, la corte di giu­sti­zia Ue (in spe­cie, 30.09.2003, C-224/01; 24.11.2011, C. 379–10) ha affer­mato dover essere pre­vi­sta la respon­sa­bi­lità del (solo) Stato anche per la vio­la­zione mani­fe­sta del (solo) diritto Ue che risulti da una inter­pre­ta­zione di norme. La corte non si occupa di respon­sa­bi­lità dei giu­dici nell’ordinamento ita­liano, e tanto meno di risar­ci­menti, rivalse o auto­ma­ti­smi. Quanto al secondo punto, la respon­sa­bi­lità dei giu­dici è varia­mente disci­pli­nata, non man­cando nem­meno casi in cui non si pre­vede alcuna forma di respon­sa­bi­lità o di rivalsa.
Quando c’è l’errore, ancor più mani­fe­sto? Nell’interpretazione e appli­ca­zione della regola giu­ri­dica c’è una insop­pri­mi­bile flui­dità. Tra i vari gradi di giu­di­zio tutto può cam­biare, con let­ture diverse della stessa norma, o con l’applicazione di altra norma. Accade fisio­lo­gi­ca­mente in qua­lun­que sistema giu­ri­dico. Darebbe que­sto luogo a un danno risar­ci­bile? Certo no, in prin­ci­pio. Ma la richie­sta di risar­ci­mento potrebbe diven­tare di rou­tine, con aumento espo­nen­ziale delle richie­ste di risar­ci­mento e ulte­riore ingol­fa­mento di una mac­china già al col­lasso. Cosa farà chi vince in appello sul punto di diritto? E se la suprema corte cassa affer­mando un diverso o con­trap­po­sto prin­ci­pio? E se un altro giu­dice non si attiene alla sen­tenza inter­pre­ta­tiva di rigetto della corte costi­tu­zio­nale, che per una­nime let­tura vin­cola all’interpretazione data solo il giu­dice che ha sol­le­vato la questione?
Più i temi sono con­tro­versi e dif­fi­cili, più le pro­nunce sono inno­va­tive, più si rischia una palude di richie­ste di risar­ci­mento e rivalse. Chi sba­glia paga — dice Renzi — e vale per tutti. Ma non allo stesso modo. Anche per la corte costi­tu­zio­nale par­ti­co­lari cau­tele si richie­dono per la respon­sa­bi­lità del giu­dice, a tutela dell’autonomia e indi­pen­denza (sent. 2/1968, 18/1989). Non si può appli­care al giu­dice il modello uti­liz­zato per il pri­vato cit­ta­dino, o anche in gene­rale per il fun­zio­na­rio pubblico.
È grande il peri­colo di un troppo pru­dente – e magari osse­quiente — con­for­mi­smo giu­di­zia­rio. Per­ché un giu­dice, che non sia un eroe, dovrebbe sce­gliere una strada rischiosa per il por­ta­fo­gli e la car­riera, potendo fare diver­sa­mente? Meglio alli­nearsi. Que­sto è il sot­tile veleno che da tempo si cerca di iniet­tare nella fun­zione giu­di­ziale, per evi­tare scos­soni a una poli­tica tor­pida, auto­re­fe­ren­ziale, di casta. Poco importa che ciò sia per la muta­zione gene­tica di quella che un tempo fu la sini­stra, o per il prezzo di lar­ghe intese pre­sun­ti­va­mente neces­sa­rie a sal­vare il paese.
Quanto ai diritti, è dav­vero fasti­diosa la pre­tesa di eser­ci­tarli tutti a casa pro­pria. Forse è meglio andare in Sviz­zera per morire con dignità, negli Stati Uniti per una madre-ospite, in Fran­cia per un matri­mo­nio gay, e in Spa­gna per una fecon­da­zione ete­ro­loga. Siamo o no un popolo di navi­ga­tori? Magari bacchettoni.

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento