Così il governo dimentica la lotta alla corruzione

6 Dicembre 2014
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Questione immorale. E’ necessario un intervento legislativo. Ma il governo si affatica su leggi che entreranno in vigore tra due anni

L’ultima tabella di mar­cia di Renzi ci dice: Ita­li­cum subito, ma vigente dal 2016, ele­zioni nel 2018. È dav­vero curioso. Il nuo­vi­smo impe­rante ha vitu­pe­rato i bizan­ti­ni­smi della vec­chia poli­tica. Ma i nuovi nem­meno scher­zano. Una legge da appro­vare a tam­bur bat­tente, ma a vigenza dif­fe­rita, per una prima appli­ca­zione a quasi quat­tro anni da oggi. Che senso ha? Per­ché non dare prio­rità, tempo ed ener­gie a qual­che pro­blema più impellente?
Ad esem­pio, alla cor­ru­zione. Si sco­pre a Roma una palude maleo­do­rante di malaf­fare. In casi del genere, oltre ad espri­mere il rituale auspi­cio che la magi­stra­tura pro­ceda bene e in fretta, biso­gna in realtà porsi alcune domande. Quanti sape­vano e non hanno par­lato? Quanti avreb­bero potuto o dovuto, per obbligo giu­ri­dico o poli­tico, segna­lare la cosa a un supe­riore gerar­chico, a un respon­sa­bile ammi­ni­stra­tivo o di par­tito, a un magi­strato, e hanno pre­fe­rito non farlo? Quanti sospet­ta­vano e hanno pre­fe­rito non vedere e non sen­tire? Quanti, anche tra gli eroi che piac­ciono a Renzi, hanno pre­fe­rito pen­sare ai pro­pri affari e subire piut­to­sto che denunciare?
Cer­ta­mente, una folla. Non tutti com­plici in senso tec­nico. Ma acco­mu­nati nell’omertà, nell’indifferenza, nella scelta del quieto vivere e della per­so­nale tran­quil­lità. Il male ita­liano, che si tra­duce in un pro­gres­sivo dis­sol­vi­mento dell’etica pub­blica, del con­trollo sociale e della respon­sa­bi­lità poli­tica, è anzi­tutto nel non ammet­tere che la cor­ru­zione è una delle vere emer­genze del paese, e che non si fa abba­stanza per com­bat­terla. Anzi, non manca chi dice che è una inven­zione di magi­strati in cerca di noto­rietà, o una tor­sione men­tale di pochi grilli parlanti.
È signi­fi­ca­tivo che nell’ultimo con­si­glio dei mini­stri il punto della pre­scri­zione abbia subito l’ennesimo rin­vio. La pre­scri­zione sfuma nelle neb­bie della riforma com­ples­siva del pro­cesso penale, incerta nell’an e nel quando. Eppure anche l’Europa ci chiede, e non da ora, di inter­ve­nire, essendo la pro­ba­bile impu­nità il più forte incen­tivo dei feno­meni cor­rut­tivi. Come mai ci viene ricor­dato – invero a spro­po­sito — che l’Europa ci chiede la respon­sa­bi­lità dei magi­strati, dimen­ti­cando invece la sol­le­ci­ta­zione euro­pea sulla pre­scri­zione? Da ultimo, per la scon­vol­gente sen­tenza Eter­nit, Renzi aveva bal­dan­zo­sa­mente dichia­rato: «Mai più». Sono bastate poche ore a rimet­tere i buoni pro­po­siti nel cas­setto. Il punto è, come ben sap­piamo, che nella tra­bal­lante archi­tet­tura della mag­gio­ranza di governo c’è chi – Ncd – storce il naso. E nella pari­menti tra­bal­lante archi­tet­tura della mag­gio­ranza rifor­ma­trice c’è chi – Ber­lu­sconi in pri­mis — ha sulla pre­scri­zione una sen­si­bi­lità acu­tis­sima. Non si sa mai.
Quanto alla pre­ven­zione, qual­che passo avanti l’ha fatto l’Autorità anti­cor­ru­zione, chia­rendo, con la deli­bera 144/2014 del 20 otto­bre scorso, che gli obbli­ghi di tra­spa­renza quanto agli emo­lu­menti riguar­dano tutti gli organi di indi­rizzo poli­tico di tutti gli enti pub­blici non ter­ri­to­riali nazio­nali, regio­nali o locali, comun­que deno­mi­nati, isti­tuiti, vigi­lati, finan­ziati dalla pub­blica ammi­ni­stra­zione che con­fe­ri­sce l’incarico, ovvero i cui ammi­ni­stra­tori siano da que­sta nomi­nati. Ma è signi­fi­ca­tivo il fatto che la deli­bera vada a sosti­tuire una pre­ce­dente sul mede­simo oggetto, il cui fon­da­mento legi­sla­tivo risale al 2013. La richie­sta era stata sepolta dalle richie­ste di chia­ri­mento delle ammi­ni­stra­zioni interessate.
Le resi­stenze sono grandi, e pro­ba­bil­mente non ces­se­ranno. La stampa riporta che nella stessa Auto­rità è stata espressa una con­tra­rietà per il dub­bio che la deli­bera potesse favo­rire un «voyeu­ri­smo» ammi­ni­stra­tivo. Il che dimo­stra l’inconsapevolezza cul­tu­rale dell’emergenza in cui il paese vive per la cor­ru­zione, e della impel­lente neces­sità di provvedere.
Ma non basta un’Autorità, per quanto inter­ven­ti­sta. Biso­gna arri­vare a un cam­bio, quello sì, epo­cale della P.A., che deve essere por­tata al prin­ci­pio della visi­bi­lità di ogni dato piut­to­sto che della riser­va­tezza e del segreto d’ufficio. Ora il prin­ci­pio di base è — con ecce­zioni — che gli atti siano acces­si­bili per gli inte­res­sati. E chi se ne occupa sa come tal­volta sia anche per loro di fatto dif­fi­cile. Biso­gna pun­tare alla visi­bi­lità per tutti, per­ché può capi­tare che gli inte­res­sati non vogliano – e que­sto esat­ta­mente accade quando c’è cor­ru­zione – che altri sap­piano. La tra­spa­renza in una cer­chia ristretta non basta. Inol­tre, biso­gna inco­rag­giare chi sa a par­lare, garan­tendo con­tro i rischi per­so­nali e di car­riera. Chi dà l’allarme – il whi­stle­blo­wer – non è un dela­tore, ma per­sona pen­sosa del bene comune. Per tutto que­sto è neces­sa­rio un inter­vento legislativo.
Se qual­cuno volesse rivol­tare il paese come un cal­zino e rimet­terlo in corsa tro­ve­rebbe qui un ter­reno pri­ma­rio di inter­vento. Invece, noi lie­ta­mente ci affa­ti­chiamo su leggi che entre­ranno in vigore tra due anni e si appli­che­ranno tra quat­tro. Il tutto per un gro­vi­glio per­verso con un senato rifor­mato che si vuole imbot­tire di per­so­naggi del cali­bro di quelli che hanno dato luogo alla peste romana. Non ci mera­vi­gliamo, poi, se nel Cor­rup­tion Per­cep­tion Index 2014 di Trans­pa­rency Inter­na­tio­nal siamo al 69° posto, alla pari con Sene­gal e Swa­zi­land, e bat­tendo valo­ro­sa­mente il Mon­te­ne­gro. Evviva il nuovo che avanza.

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