L’ultima battaglia di Walter

3 Dicembre 2014
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Andrea Pubusa

Ho riflettuto molto sulla lettera, indirizzata, al Papa e ai leader delle forze presenti in Parlamento, da Walter Piludu, ex presidente della Provincia di Cagliari. E’ un appello in linea con l’impegno di vita di Walter, militante comunista mai pentito, che ora, pur in condizioni estremamente difficili,  ripropone una questione centrale per un ordinamento civile e democratico: il tema dell’eutanasia e la necessità che la questione etica sia affrontata dalla politica.
Walter Piludu ha delineato la tragica evoluzione della malattia, la sua terribile progressività. Che esistenza è mai questa? E che vita sarà il giorno in cui dovesse perdere “l’ultimo alito della parola”? Non potrà - ci avverte - neppure avvisare il suo badante che ha “anche soltanto il prurito al naso”. Ecco perché ha deciso di legare alla voce il punto finale della sua vita. Perché fra un po’ perderà anche questo flebile legame con il mondo che lo circonda. In questo impegno puntiglioso, non protestatario, ma propositivo, vedo la matrice di un’antica cultura, di un metodo, frutto della sua militanza nel PCI: di fronte ai problemi, chiarirsi prima le idee e illustrare poi agli altri la situazione per fare infine una proposta ai soggetti legittimati a decidere. In questo Walter è sempre stato rigoroso. Ricordo una volta, quando ci opponemmo alla liquidazione dl PCI, dopo la svolta di Occhetto alla Bolognina, che, dovendo formare degli organismi della componente del “NO”, alcuni compagni, in un impeto di generosità, dissero di essere disposti a rinunciare alla designazione per lasciare spazio ad altri. Walter intervenne con fermezza, dicendo che quando si è chiamati ad un incarico, salve controindicazioni serie, si deve corrispondere alla fiducia ottenuta, con impegno e disciplina. Ma sto parlando di un altro mondo.
Tornando alla questione del fine vita, come si ricorderà, il clamore mediatico suscitato dalle vicende di Terri Schiavo, di Eluana Englaro e Luca Coscione,  ha reso evidente al grande pubblico un dato ormai palese anche su base empirica, e cioé la profonda incisione del progresso medico-scientifico sulle fasi finali della vita. Ne hanno scritto in molti, anche Veronesi ha dedicato al tema un agile e interessante libretto. La morte non è più semplice conseguenza di una malattia, di un trauma o della vecchiaia. E’ un evento che, anche in ragione dell’accanimento terapeutico, appare sempre più dipendente da una scelta: di attivare o meno una terapia, di mantenere o interrompere una misura già in atto. Ma a chi la decisione? E sulla base di quali criteri? Può il soggetto decidere il proprio destino, per l’oggi e per il futuro, per mezzo di un ‘testamento biologico’ o di ‘direttive anticipate’? O è invece la legge a dover porre all’individuo dei vincoli imperativi e dunque inderogabili? E’ una scelta che dipende dal difficile bilanciamento fra i benefici offerti dalle cure e i costi, secondo un freddo calcolo aziendalistico? O rilevano soprattutto le sofferenze fisiche ed esistenziali, di una prosecuzione della vita in condizioni difficili o estreme?
Questi sono i quesiti che oggi, muovendo dalla sua dolorosa esperienza, Walter ripropone a noi e alle autorità, civili e religiose, competenti a imprimere un’accelerazione nella loro definizione per via legislativa e dal punto di vista etico. E risponde rivendicando fieramente una libertà individuale di decisione. Questa non è solo l’ultima libertà rimasta a un uomo che soffre. Non si tratta solo di staccare la spina. Occorre,  anche per il fine vita, far valere il principio di autodeterminazione. Ce lo ha dimostrato Lucio Magri recandosi però in Svizzera ad esercitare il suo diritto, oggi lo chiede con forza, anche se con flebile voce, Walter per tutti noi nella sua ultima battaglia.

1 commento

  • 1 Francesco Cocco
    3 Dicembre 2014 - 20:21

    Walter è sempre stato un compagno, un combattente generoso e serio. Mi rattrista profondamente e gli sono fraternamente vicino in questa lotta che combatte con la lucidità di sempre.

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