Gustavo Zagrebelsky
Ecco uno stralcio tratto da IMPARARE LA DEMOCRAZIA del presidente emerito della Corte costituzionale, la cui lettura andrebbe consigliata a molti degli arroganti fans di Matteo.
La fede in qualcosa
La democrazia è relativistica, non assolutistica. Essa, come istituzione d’insieme e come potere che da essa promana, non ha fedi o valori assoluti da difendere, a eccezione di quelli sui quali essa stessa si basa: nei confronti dei principi democratici, la pratica democratica non può essere relativistica. La democrazia deve cioè credere in se stessa e non lasciar correre sulle questioni di principio, quelle che riguardano il rispetto dell’uguale dignità di tutti gli esseri umani e dei diritti che ne conseguono e il rispetto dell’uguale partecipazione alla vita politica e delle procedure relative. Ma al di là di questo nucleo, essa è relativistica nel senso preciso della parola, cioè nel senso che i fini e i valori sono da considerare relativi a coloro che li propugnano e, nella loro varietà, tutti ugualmente legittimi. Democrazia e verità assoluta, democrazia e dogma, sono incompatibili. La verità assoluta e il dogma valgono non nelle società democratiche, ma in quelle autocratiche.
Dal punto di vista del singolo, invece, relativismo significa che “tutto è relativo”, che una cosa vale l’altra, cioè che nulla ha un valore. In questo senso – insisto, dal punto di vista dei singoli – relativismo equivale a nichilismo o scetticismo. Ora, mentre il relativismo dell’insieme è condizione necessaria della democrazia perché consente a tutti di far valere i propri valori, nichilismo o scetticismo diffusi nella società ne rappresentano una minaccia. Se non si ha fede in nulla, perché difendere una forma di governo rispetto a un’altra; in particolare, una forma di governo come la democrazia che presuppone l’aspirazione dei singoli a promuovere e affermare le proprie posizioni e convinzioni? Per chi non crede in nulla, democrazia e autocrazia pari sono. Varranno pure e semplici considerazioni di convenienza personale.
Nel tempo in cui viviamo, il relativismo e il pluralismo che ne deriva sono oggetto di aspra
polemica. Vi si vede apatia morale, difetto di identità e di senso di appartenenza; alla fine,
debolezza e arrendevolezza di fronte al timore di minacce della più diversa natura, come lo
strapotere della scienza che invade ambiti della vita – la procreazione, la1 morte, i legami familiari, ecc. – finora dominio delle leggi di natura o dei precetti della religione; oppure, l’incombenza di etnie e culture non solo diverse ma anche ostili alla nostra. L’ethos relativistico diffuso nella società – si dice – assume come unica e ultima misura del bene e del male i] singolo e le sue pulsioni edonistiche individuali. Ma questi discorsi si basano su un equivoco e nascondono un inganno. Ciò che non si comprende è perché queste preoccupazioni e queste critiche – che le si condivida o no, non è questo il problema – debbano essere il privilegio (negativo) della democrazia. Esse possono valere per qualunque altro regime politico, anche per il regime dei manganelli, sotto il quale
possono mettere radici, ed è probabile che le mettano, il più diffuso disimpegno da ogni impegno per principi e valori e il più cinico opportunismo individualistico. Non si comprende, insomma, il nesso. A meno che la critica della democrazia relativistica in nome di “valori forti” non comporti l’auspicio dell’imposizione autoritaria di un’etica pubblica sulle coscienze individuali. In tal caso, il senso della critica sarebbe chiarissimo. Non sarebbe in questione la degenerazione della democrazia, ma la democrazia, semplicemente.
In breve, la critica alla democrazia per i suoi caratteri relativistici, non è una critica a una forma degenerata di democrazia ma è, tout court, il rigetto della democrazia. Il relativismo, nel senso della scepsi e dell’indifferenza verso la qualità dei legami sociali, con il corrispondente emergere dell’egoismo individualistico, dell’edonismo, del mero utilitarismo, ecc., è certo un pericolo mortale ma esso sta, come un tarlo sempre allerta, annidato nella società. La democrazia, rispetto a ciò, è il meno colpevole di tutti i regimi politici.
Rallegriamoci dunque se la democrazia, come insieme, è relativistica e non sposa fini e valori assoluti.
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