Amsicora
Avete letto la sentenza del Tar Sardegna sull’impugnazione della legge elettorale? Cosa pensate della motivazione? Vi ha soddisfatto? A me no. A caldo non mi sembra appagante. Ci torneremo, ma ecco, in sintesi alcune osservazioni critiche.
Anzitutto, la sentenza più che prendere posizione sulle censure mosse alla legge elettorale, ne fa un commento sommario. Assume acriticamente la ratio della legge e la esplicita. “Cio che è reale è razionale”, dice il Tar. Sennonché è proprio la razionalità, la ragionevolezza delle legge nella sua struttura fondamentale ad essere messa in discussione in riferimento al principio di eguaglianza del voto. Il Giudice amministrativo dice sbrigativamente che la sentenza n.1/2014 della Corte costituzionale ha annullato il porcellum perché assegna il premio di maggioranza senza fissare una soglia, mentre la legge sarda lo determina nel 40% con premio del 60% dei seggi e al 25% con assegnazione del 55% dei consiglieri. Tutto questo è vero, ma non risponde alla censura dei ricorrenti e neppure coglie il senso della sentenza n. 1/2014. Il giudice delle leggi, infatti, dice che la soglia per far scattare il premio e il premio stesso devono essere congrui, ossia ragionevoli alla luce dei riferimenti costituzionali, in particolare dell’eguaglianza del voto. Ed allora il quesito è il seguente: è o non è ragionevole che lo schieramento che prende il 40% del voti abbia il 60% dei seggi? Oppure questa disciplina sacrifica eccessivamente l’uguaglianza del voto “in uscita”, al momento dell’assegnazione dei seggi, a favore dell’esigenza di stabilità dell’esecutivo? Il quesito non ha risposta, o meglio la risposta è apodittica, dà per dimostrato ciò che invece deve esserlo. Ma - si badi - deve esserlo ad opera della Corte costituzionale, non del Tar che si deve limitare a dire se esiste un dubbio di legittimità costituzionale o no. Il Tar invece si sostituisce alla Corte nel giudizio di fondatezza della questione, il che non gli compete.
Discorso analogo vale per le soglie di sbarramento. Il 10% è ragionevole o eccessivo? E, si badi, non in relazione al sistema turco cui si riferisce la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo richiamata dal Tar, ma alla Costituzione italiana. Ed ancora è ragionevole o eccessivo fissare insieme una soglia bassa per il premio e una alta per lo sbarramento? La governabilità non è assicurata dal robusto premio di maggioranza? Che senso ha, una volta ssegnato il premio (il 60 o il 55% dei consiglieri), impedire l’accesso in Consiglio delle liste con meno del 5% dei voti o i raggruppamenti con meno del 10%? Garantisce la stabilità, già assisurata dal sistema premiale, o è volta a far sì che i due partiti maggiori si dividano maggioranza e opposizione? Dice il Tar: si vuole scongiurare il proliferare dei partiti e delle liste. Questa è bella! Nel sedicente centrosinistra ci sono 11 liste e nel centrodestra più o meno altrettante (una ventina di lista coalizione vincente e quella di opposizione!). La verità è che la legge elettorale sarda codifica una conventio ad excludendum, delle liste e degli schieramenti non omogenei ai due partiti maggiori. Ma questo è manifestamente contro lo spirito e la lettera della Costituzione che certo considera un valore la stabilità di governo, ma anche quello del pluralismo politico vero.
Anche su questo punto il Tar Sardegna si sostituisce alla Corte, non limitandosi a rilevare se questa disciplina fa sorgere un dubbio sulla sua confomità alla Costituzione, ma esprimendo direttamnte un giudizio di infondatezza che non gli spetta.
Si potrebbe continuare sulla presenza femminile: 4 donne su 60 consiglieri son pochine, non vi pare? L’art. 117 Cost., dice che le leggi regionali devono favorire la parità di genere negli organi elettivi. Non vi pare in odore di illegittimitù costituzionale una legge che porta ad un risultato che per le donn evoca più l’idea di vivere in un califfato islamico che in un sistema democratico fondato sull’eguaglianza uomo/donna?
In conclusione, la sentenza del Tar sardo sembra contenere una motivazione apparente, elusiva dei nodi posti dal ricorso, con l’aggravante che non si limita al giudizio sulla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, ma esprime direttamente un giudizio di infondatezza, che spetta alla Corte costituzionale. Insomma, tante buone ragioni per chiedere il riesame del Consiglio di Stato, con la speranza di avere miglior fortuna.
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