Andrea Pubusa
Cosa può aver indotto il Tar Sardegna a graziare la legge regionale? La convinzione che sia ragionevole, alla luce del principio di eguaglianza del voto posto dalla Costituzione e dallo Statuto sardo, fissare insieme un premio di maggioranza consistente e uno sbarramento ugualmente alto? O che sia il destino cinico e baro ad aver indotto il 48% dei sardi a disertare le urne? O ancora che governare col 19% dei voti degli elettori sardi, come fa oggi Pigliaru, sia coerente col principio della sovranità popolare? O ancora che non sia in odore di Califfato e sia, invece, conforme al principio di uguaglianza senza distinzione di genere avere 4 donne in consiglio regionale su 60 consiglieri? O che sia rispettoso della volontà popolare estromettere dall’Assemblea regionale chi ha preso oitre 70 mila (Murgia) o più di 45 mila (Pili) voti?
Certo, bisogna rispettare tutte le sentenze e bisogna vederne le motivazioni. Rispettiamo e vedremo. Ma nessuno può convincerci che un sistema elettorale che dà questi risultati sia democratico. E nessuno può convincerci che garantisca governabilità. Cosa significa questa parola magica? Indica la capacità di formare comunque una vasta maggioranza? O che la maggioranza dev’essere in grado di affrontare efficacemente le questioni del Paese o, in casa nostra, della Regione? Se governabilità è propriamente la capacità di risolvere i problemi di una comunità, è folle pensare che questo possa essere opera di chi rappresenta una fetta piccola dell’elettorato. Si chiami Pigliaru o Renzi o in altro modo, non sarà in grado di far nulla di positivo. Navigherà a vista, fomentando lacerazioni e scendendo sempre più in basso nelle furbizie con le gambe corte di questa politica melmosa. Chi, col 19% del consenso degli elettori, ha il 60% dei consiglieri, sarà non un’anatra zoppa, ma un’anatra senza gambe. Ed è quanto produce questo sistema elettorale. Oggi ne abbiamo davanti a noi la prova provata con la Giunta Pigliaru, incapace com’è a risolvere qualunque dei gravi problemi dell’Isola o a dare anche solo una speranza. C’è qualcuno in Sardegna che si attende una politica efficace da questa Giunta? Se sì, alzi la mano.
Ecco perché non ci fermiamo a Piazza del Carmine. Andremo a Palazzo Spada, lontano da viale Trento. Del resto anche il porcellum fu salvato dai giudici di merito e spedito alla Consulta dalla Corte di Cassazione. L’assalto alla legge statutaria di Soru ebbe una battuta di arresto al primo attacco davanti alla Consulta, ma la facemmo fuori al secondo. Ecco perché ci fermeremo solo se il Consiglio di Stato ci dirà che questa legge non presenta neppure un dubbio di legittimità costituzionale o se il Giudice delle leggi sentenzierà che questa, delineata dalla legge elettorale sarda, dev’essere oggi la “democrazia” in Sardegna e in Italia. Non andrà così, almeno lo auspichiamo. Ma anche in quel caso non ne saremo convinti e continueremo la nostra battaglia politica per una vera democrazia in Sardegna e non solo.
1 commento
1 Stevini
14 Novembre 2014 - 11:51
l’ importante è crederci
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