Red
Ieri si è svolta la discussione al Tar Sardegna del ricorso presentato 25 elettori ed elettrici democratici della Sardegna, primo firmatario Marco Ligas, direttore de Il Manifesto sardo. Ora si attende la decisione che dev’essere depositata entro oggi. Come si ricorderà, col ricorso si impugna l’atto di proclamazione degli eletti effettuato il 13 marzo dalla Corte d’appello di Cagliari. In sostanza si chiede la modifica della composizione attuale del Consiglio regionale
La discussione ha affrontato tutte le questioni sollevate nel ricorso.
Prima questione: la violazione della parità uomo-donna.
In nessun paese neppure del terzo mondo esistono assemblee elettive dove su 60 componenti vengono elette solo 4 donne, mentre le elettrici sono - com’è noto - almeno la metà degli aventi diritto al voto. Le donne sarde non possono subire senza reagire quests offesa alla loro dignità. La democrazia sarda - è stato detto dalla difesa dei ricorrenti -non può tollerare questo vulnus, che può essere scongiurato con una rappresentanza in Consiglio regionale più o meno paritaria fra uominie donne. Si impugna quindi l’atto di proclamazione degli eletti e si solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge elettorale sarda, nella parte in cui non prevede la possibilità per l’elettore o elettrice di dare due preferenze, la seconda delle quali a candidato/a di genere diverso da quello/a cui ha dato la prima preferenza. Si viola l’art. 1, 3. 49, 52 e 117, comma 7, Cost, nonché l’art. 16 St. sardo, che prevedono il principio di eguaglianza e impongono azioni legislative positive per superare la storica diseguaglianza uomo/donna negli uffici pubblici.
Se la Corte costituzionale accoglierà questo rilievo, il Tar dovrà annullare le elezioni del 16 febbraio e si dovrà andare a nuove elezioni.
Premio di maggioranza
La seconda censura riguarda il premio di maggioranza. E’ eccessivo e privo di ragionevolezza assegnare al candidato presidente più votato, che ha il 40% dei voti il 60% dei seggi, e a quello che ha il 25% il 55% dei seggi. Questo premio di maggioranza viola il carattere uguale del voto in uscita, ossia nel momento dell’assegnazione dei seggi in violazione dell’art. 48 Cost. e 16 St. sardo.
Impugnazione delle soglie di sbarramento
E’ illegittimo poi lo sbarramento al 10% e al 5% o quantomeno il primo. Questa soglia è volta ad assicurare ai partiti maggiori il monopolio del governo e dell’opposizione. Una conventio ad excludendum per legge nei riguardi delle liste minori non allineate e coperte, che viola il carattere democratico dell’ordinamento. Si può ritenere un valore (nell’ambito della ragionevolezza) la governabilità, ma non la limitazione dell’opposizione alle forze coalizzate col candidato presidente secondo classificato.
Se la Corte accoglie questi due rilievi, riformula la legge elettorale sarda in senso proporzionale e il Tar dovrà rimodellare il Consiglio, grosso modo, in proporzione ai voti presi dalle diverse liste. Entreranno in Consiglio le liste di Murgia e di Pili ora escluse.
Rappresentanza territoriale
Viene portata all’attenzione del giudice amministrativo e della Corte costituzionale anche la violazione della rappresentanza dei territori, che è anch’esso un vulnus del principio di uguaglianza del voto. Olbia e il Medio-Campidano hanno avuto meno seggi di quanti la stessa legge elettorale sarda (art. 3) ne prevede in ragione del numero degli elettori delle diverse circoscrizioni.
No alle adesioni fittizie a liste per escludere la raccolta delle firme.
Infine, bando alle furbate che consentono di esentare dalla raccolta delle firme le liste che non hanno mai eletto consiglieri regionali. Ugo Cappellacci - come si ricorderà - pur rimanendo leader di Forza Italia, il 4 gennaio ha aderito al Movimento zona Franca per consentirgli la partecipazione alle elezioni senza raccogliere firme. Rende possibili questi giochetti l’art. 21, comma 3, della legge regionale, di cui si chiede l’annullamento per violazione del principio di egiaglianza.
Oggi . come si è detto - si conoscerà l’esito del processo. Quali le alternative?
Se Il Tar riterrà manifestamente infondate tutte le questioni di legittimità costituzionale rigetterà il ricorso con sentenza.
Se, invece, ne accoglierà almeno una, con ordinanza verrà sospeso il giudizio in corso e gli atti verranno inviati alla Corte costituzionale. Probabilmente fra un anno si avrà il verdetto.
Se la Consulta accoglierà i rilievi avremo una legge elettorale regionale normale, dove si eleggeranno molte donne e i consiglieri rappresenteranno elettori sardi che li hanno scelti, come si fa nelle democrazie.
Questo almeno è l’auspicio di chi ha presentato il ricorso: fare in modo che i sardi siano uguali nel voto e che in Sardegna sia restaurata la democrazia.
Questo risultato può ovviamente essere ottenuto (e sarebbe la soluzione ideale) con l’approvazione di una nuova legge elettorale, che i ricorrenti auspicano il Presidente Pigliaru presenti al più presto. Ma non c’è aria di riforma. Anzi la Regione
Precedenti: legge elettorale Lombardia
C’è un precedente importante. Sono state impugnate le ultime elezioni della Lombardia, svoltesi con una legge elettorale molto simile a quella sarda, e il Tar Lombardi con ordinanza n. 2261/2012, ha rimesso gli atti alla Consulta, che dovrebbe decidere prima dell’estate. Il ricorso contro la legge elettorale sarda riprende molte argomentazioni contenute nell’ordinanza del Tar Lombardia.
1 commento
1 Andrea Murru
13 Novembre 2014 - 12:09
Ove vi fossero novità, visto il generale disinteresse dei media locali, potreste renderci edotti da questo Blog?
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