Gianna Lai
Il 2^Rapporto sul Sistema educativo italiano 2014, è stato presentato in un Convegno tenutosi all’Università Roma 3, il 27 Ottobre 2014. Ce ne riferisce Gianna Lai.
Informazioni di gran rilievo, quelle contenute nel 2^ Rapporto sul Sistema educativo italiano, e utilizzabili ai fini della ricerca, perchè si dà grande peso, innanzitutto, alla questione demografica. Cosi dice il Preside Dominicis, di Scienze della Formazione, portando il suo saluto alla ‘Presentazione del 2^ Rapporto sul Sistema educativo italiano 2014′, che si è svolta il 27 Ottobre presso l’Università di Roma Tre. ‘Il destino del Paese è legato all’andamento demografico, e se negli anni scorsi si pensava che le politiche perequative potessero affrontare seriamente i problemi della Scuola, oggi una malintesa ideologia del merito rimette tutto in discussione, al punto che ogni ministro ricomincia da capo, senza tener conto del lavoro precedente. Senza fondarsi su informazioni serie, che diano il quadro dell’andamento complessivo e delle esigenze diverse nel territorio, da leggere invece come vera esperienza politico-culturale’.
Così nei successivi interventi si è entrati subito nel merito della Ricerca, che fa capo a quattro associazioni della Scuola, il Cidi, Centro di iniziativa democratica degli insegnanti, Legambiente, Proteofaresapere e Aimc, Associazione dei maestri cattolici. Cinque, sei persone hanno assemblato e reso leggibile e utilizzabile l’enorme massa di dati, hanno detto Rosa Maggio, del Cidi di Cagliari, e poi Emanuele Barbieri, di Proteo, e se l’anno scorso il 1^Rapporto, ha prodotto la sua analisi critica, riferendo i dati relativi al 2008-09, questo studio si riferisce direttamente agli anni 2012-13. Tuttavia, essendo il vero precedente delle nostre due ricerche Il Quaderno bianco del 2007, insistiamo nel dire che tale Rapporto avrebbe dovuto farlo l’istituzione scolastica. Il Ministero dell’Istruzione, il Govero insomma, hanno ribadito i relatori.
La nostra è produzione e analisi di dati per vedere come è fatta oggi la scuola italiana, utili ad approfondire in generale gli studi sull’istruzione. E dobbiamo subito dire che la fascia della popolazione interessata al Sistema educativo è in leggero calo nel nostro Paese, a differenza degli anni Sessanta, quando la popolazione scolastica era in continua crescita. Oltre 7milioni gli alunni in Italia, di cui 670mila stranieri, 7mila i docenti, da 8 a 10mila il numero delle scuole. Ma resta ancora elevato il numero di alunni per classe, maggiore in Emilia Romagna ed in Puglia, a causa della densità abitativa di quelle regioni, densità abitativa elevata, che comporta tuttavia buoni indici di carattere organizzativo. Mentre si annuncia forte il calo demografico nei territori dove sono scarsi Nidi e Tempo pieno, al Nord si riduce la presenza dei giovani, che aumenta però in Val d’Aosta e di 1/4 in Emilia Romagna, in calo addirittura del 19% in Calabria, e del 10% circa nell’intero Meridione. Importante l’indicatore del Tempo pieno, prosegue Barbieri, che viene meno al Sud, mentre al Nord resiste per il 50%. E intanto cala il tasso di immatricolazioni all’Università negli ultimi quattro anni, e si spende sempre meno per la scuola: il 5,3% del Pil si investe in Europa, solo il 4,2 in Italia. E in Campania si spende per la scuola 1/3 di quello che si spende in Emilia Romagna, con i seguenti risultati per l’intero Paese: ripetenti 8,7% al primo anno di scuola media superiore, e dobbiamo dire che si tratta di un dato sottostimato a causa della grave mancanza di un’anagrafe scolastica, perchè non si può valutare appieno l’esito finale se gli alunni ripetenti cambiano scuola. Ancora dati: dal 1^ anno della Scuola media superiore al 5^ anno manca il 25% degli studenti, il 17,60% negli anni precedenti (secondo i dati di Tuttoscuola), mentre il tasso di abbandono è aumentato fino al 23,9% in questi ultimi 3 anni. Con uno scarto evidente tra maschi e femmine, per una ripetenza dei maschi di molto superiore a quella femminile, 160mila gli abbandoni nella Scuola media superiore, secondo dati che dimostrano un continuo aumento della dispersione stessa. Avviandosi alla conclusione Barbieri parla di Istruzione e Formazione professionale, 150mila i ragazzi nelle istituzioni formative, 116mila nelle istituzioni scolastiche. A regime dal 2011.2012, l’Istruzione e formazione professionale non funziona in Italia e continua a essere fulgido esempio di legislazione pensata a tavolino, essendo gli stessi i provvedimenti destinati alle varie Regioni, che vivono invece realtà diverse, in termini innanzitutto di occupazione e di sviluppo del territorio. Così non esiste in Italia un sistema di formazione professionale neppure per gli adulti, il postsecondario degli ITS essendo frequentato solo dal 5,6% dei diplomati.
Il professor Bruno Losito, della Sapienza di Roma, pone al centro del suo intervento la questione fondamentale della politica scolastica. Sarebbe compito dell’Invalsi, dice, presentare un Quaderno annuale sulla Scuola, perchè emerge chiaramente da questa indagine la presenza di forti divari territoriali nell’andamento scolastico degli alunni: favoriti i Licei a discapito dei Tecnici, vi è una differenza tra scuole legata alle condizioni socioeconomiche del territorio. E se non si tratta di elementi nuovi, è sconfortante vedere piuttosto che le politiche che han determinato queste situazioni non vengano messe in discussione, e si continua ad andare in senso opposto alla risoluzione dei problemi, in opposizione a ciò che i risultati dicono. Si dovrebbero rafforzare i Comprensivi, per esempio, invece avviene il contrario, e intanto si affermano logiche meritocratiche, e si incentiva il sostegno agli studenti meritevoli. E si falsa tutto il quadro, se le politiche scolastiche continuano a non tener conto della provenienza degli studenti, accrescendo le differenze piuttosto che combatterle. Molto grave la mancanza di un’anangrafe degli studenti, l’altro anello mancante della catena, che assume via via carattere patologico, è l’allargamento continuo del compito della valutazione. L’Invalsi non valuta affatto le politiche scolastiche, nessuna forma di monitoraggio, nè alcuna attività del Ministero che fornisca l’esito delle scelte di governo e della sua politica sulla valutazione. Piuttosto le scelte continuano a mantenere il loro carattere puramente ideologico, come le attuali Indicazioni, e i documenti sulla scuola appena prodotti. Così le politiche sul reclutamento degli insegnanti e sul precariato mancano di una programmazione, che tenga conto di quanti insegnanti abbia bisogno il territorio, in sintonia con un sistema della valutazione che sappia analizzare le scelte fatte.
Nella Tavola Rotonda che conclude i lavori, Benedetto Vertecchi, denuncia la frana del Meridione, senza Tempo pieno e con una dispersione sempre in aumento. Quando si raccolgono dati dice, si ha la tentazione di collocarli su un asse sincronico, e non si tien conto delle variabili che cambiano tutti gli anni: il nostro sistema scolastico è arretrato perchè prevalgono le antiche deformanti visioni, fondate su un’ideologia difficile da sconfiggere. Come si può parlare di Buona scuola prima di vedere ciò che succede? Un aggettivo serve a sostituire il significato e a catturare il consenso, perchè oggi tutto cambia, tutto deve cambiare, secondo una interpretazione educativa priva di memoria. Ma il nuovo nella storia dell’educazione esiste già, da Quintiliano in poi, nè si può fare scuola senza memoria. O senza capire, come diceva Piaget, che l’esito dell’educazione si vede dopo cinque, dieci, vent’ anni. La valutazione costringe a orientarsi in una certa direzione per il futuro, la sua assenza denuncia una totale incapacità di progetto.
E subito dopo Claudio Gentili, della Confindustria, nota che solo la questione del precariato viene affrontata dalla Buona Scuola di Renzi, mentre si dovrebbe ripartire dalla stagione meravigliosa del Quaderno bianco, e affrontare le questioni di questa nostra scuola ‘centralista, burocratica, dirigista’. Come una nave senza più nocchiero, con il cuoco alla guida, che può dirci cosa si fa a pranzo ma non dove si sta andando, la scuola è divenuta emergenza quotidiana, un incendio tutti i giorni, spento da chi lo ha causato: nessun pensiero strategico su dove si vuole arrivare.
Questo è un Rapporto da leggere, che descrive l’aggravarsi delle condizioni della Scuola italiana e che indica, nell’analisi attenta dell’andamento demografico, il giusto approccio alle questioni della dispersione e dell’abbandono. Certo non si fonda su lavori di tale spessore la Buona Scuola renziana: priva di dati di riferimento e di analisi del Paese reale, propaganda un’immagine di scuola che non accoglie, e che non interpreta la nostra Carta costituzionale. Tanto è arretrato il pensiero del governo rispetto alla coscienza che studenti e docenti consapevoli hanno maturato in questi anni, proprio dentro le aule scolastiche .
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