Il ruolo USA nella “Balcanizzazione eurorasiatica”

8 Novembre 2014
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Gianfranco Sabattini

Negli ultimi tempi “gira” sulla rete un articolo di Andrei Korybko, corrispondente politico della “Voce della Russia” per conto dell’”Oriental Review”. L’articolo, dal titolo “Brzezinski capovolto: il dilemma finale eurasiatico”, che sta riscuotendo molto successo all’interno di una parte della sinistra nostalgica, è sicuramente meritorio di attenzione, perché mostra come la comprensione dei fatti economici e politici che accadono nel mondo possa essere resa opaca, se interpretati con la mente disposta ad utilizzare, inconsapevolmente, vecchie categorie ideologiche obsolete, volte a rinvenire il “male” solo in uno dei molti attori che affollano la scena delle relazioni internazionali. Con ciò non si vuole negare che l’articolo di Korybko contenga anche delle verità; però si tratta di verità parziali, considerato che le modalità con cui si svolgono le relazioni internazionali sono la logica conseguenza del modo particolare con cui i “signori del mondo” attuali si contendono l’accesso all’uso esclusivo delle risorse planetarie.
Nell’esaminare le modalità con cui si svolge ora il confronto tra le massime potenze mondiali, non è possibile rinvenire il torto solo in una delle parti in gioco, nelle presunzione che le altre parti coinvolte siano “puri spiriti”, affrancati da ogni pretesa egemonica esclusiva. Accade, così, che le rivelazioni parziali di Koribko servano a dare fiato alle trombe di chi, riferendosi al modo con cui si era soliti valutare le relazioni internazionali nel passato, caratterizzato da una “guerra fredda” tra le massime potenze di allora, continui a ragionare come se il mondo fosse ancora “governato” sulla base di una diarchia (“bipolarità”), implicante lo schieramento della maggior parte dei Paesi alle spalle dei due “poli” egemoni (USA e URSS), la cui contrapposizione, per lo più giustificata mediante derivazioni ideologiche, comportava che la colpa dei momenti di crisi che si susseguivano fosse sempre dell’altro.
Oggi, dopo il crollo della “bipolarizzazione” del mondo, ha fatto irruzione sulla scena internazionale, una “multipolarità”, che vede la generalità dei Paesi, pur in presenza di attori che rendono asimmetriche le relazioni internazionali tra i popoli, impegnati, da un lato, a consolidare la propria sovranità e la propria autonomia decisionale e, dall’altro, a trovare un nuovo equilibrio tra tutte le forze presenti nello “scacchiere mondiale”, consono a garantire la soddisfazione dei propri interessi ad ognuno dei componenti il “nuovo ordine mondiale”.
All’interno del nuovo ordine è inevitabile che le “vecchie” potenze egemoni, in particolare gli USA e la Comunità degli Stati indipendenti costituita da molte Repubbliche ex-sovietiche, cui si è aggiunta negli ultimi decenni l’ascesa prorompente della Cina, promuovano e sostengano situazioni di crisi regionali; queste, se per un verso rappresentano il pericolo dello scoppio di una guerra più generale capace di coinvolgere di nuovo la generalità dei Paesi di tutto il mondo, per un altro verso, hanno l’effetto di conservare circoscritti i loro esiti negativi entro aree assai limitate, che coinvolgono attivamente solo i Paesi che ne fanno parte, perché motivati a consolidare il riconoscimento dei propri interessi, o perché gli stessi Paesi sono propensi ad allargare, a torto o a ragione, la loro sovranità o il loro signoraggio su territori ricchi di risorse economiche.
In questa situazione mondiale multipolare, Korybko presume di poter “criminalizzare” solo gli USA, per essersi trasformati da “gendarme del mondo” a “mandante criminale”, attraverso la sostituzione del loro impegno militare convenzionale con l’impiego di forze speciali e agenti d’intelligence. Con questo nuovo approccio alla cura dei propri interessi sparsi per il mondo, gli USA preferirebbero dare alla propria potenza una proiezione più “indiretta e nefasta, evitando “invasioni e bombardamenti di massa”. L’ispiratore di questa strategia sarebbe Zbigniew Brzezinski che, dopo essere stato in parte il deus ex-machina della logica della “guerra fredda” nella sua fase conclusiva e della “disgregazione” dell’ex URSS, ora sarebbe l’ispiratore della logica con la quale gli USA vorrebbero “balcanizzare” tutti Paesi eurasiatici, secondo una tecnica di destabilizzazione degli equilibri esistenti che il polacco Brzezinski, divenuto cittadino americano, ha formalizzato nel 1997 in “La grande scacchiera”.
Il termine balcanizzazione è un chiaro riferimento alla penisola dei Balcani che, a partire dal crollo dell’Impero ottomano, è stata oggetto di continui disordini e ripartizioni tra le varie etnie in essa presenti, tanto da essere infine marcata spregiativamente come “polveriera d’Europa”. Il termine ha trovato poi una stabile collocazione nel vocabolario politico internazionale, per essere utilizzato per indicare un processo di disgregazione e smembramento di una struttura o area politica unitaria, utile a creare dei “buchi neri”, in cui un attore interessato cerca di “risucchiare” in un disordine assoluto gli altri attori concorrenti, nel tentativo di egemonizzare la struttura o l’area politica destabilizzata.
Secondo Korybko, gli USA, dopo aver fatto ricorso ala metodo della balcanizzazione per creare il “pantano” sovietico-afgano oltre trent’anni fa, ora vorrebbero estenderlo, con qualche modifica, all’area del Sud-Est asiatico, per “intrappolare” le potenze eurasiatiche concorrenti. In che cosa consisterebbero le modifiche che, secondo la strategia diabolica di Brzezinski, dovrebbero essere apportate alla “vecchia” logica della balcanizzazione, al fine di adattarla alla nuova situazione dei rapporti multipolari delle relazioni internazionali, coinvolgenti soprattutto le altre massime potenze economiche e politiche attuali, quali sono la Russia e la Cina?
Gli USA, sempre secondo Korybko, abbandonando il ruolo di “gendarme del mondo” svolto nel passato e trasformandosi in “mandante criminale”, abbandonano ora l’unilateralismo del fare da sé, optando per il ruolo di “mandante occulto diretto”, svolto attraverso la promozione di rivoluzioni o di guerre regionali all’interno dei Paesi verso i quali estendere il loro controllo e orientarli contro Russia e Cina. Quando l’opzione del ruolo di mandante occulto diretto diventa di difficile attuazione, a causa dell’impossibilità di organizzare le rivoluzioni interne ai Paesi da destabilizzare, gli USA si orienterebbero verso un’altra opzione, quella di “mandante occulto indiretto”, svolto attraverso il finanziamento di guerre intestine ai Paesi da destabilizzare (com’è avvenuto, ad esempio, in Siria, Iraq ed Ucraina), oppure finanziando gruppi mercenari islamici, com’è avvenuto con il finanziamento del movimento tendente a realizzare il Califfato dello Stato islamico di Abu Bakr al-Baghdadi; in quest’ultimo caso, l’obiettivo consisterebbe nel diffondere la destabilizzazione in tutto il Medio Oriente, “come un incendio in una foresta arida”, per capitalizzare gli esiti del caos economico e sociale conseguente, utilizzandoli per intrappolare, oggi, la Russia e l’Iran e, in prospettiva, la Cina, se dovesse resistere ai tentativi di indurla ad accettare una posizione asservita sulla scena mondiale.
I due “campi di battaglia”, quello mediorientale e quello del Sud-Est asiatico, sono – secondo Koribko - i due fronti dichiarati in cui la “strategia del mandante” proposta da Brzezinski è ora applicata, con l’obiettivo immediato per gli USA di balcanizzare l’intera area eurasiatica, mettere all’angolo la Russia di Putin e consolidare la propria posizione in estremo Oriente nei confronti della Cina.
E’ credibile la narrazione offerta da Koribko dei rapporti tra le massime potenze mondiali? Una riflessione più comprensiva dei fatti che caratterizzano ora lo stato delle relazioni internazionali induce a considerarla, non solo di parte, ma parziale e perciò fuorviante. E’ sicuramente vero che gli USA non sono certo “farina per ostie”, utile a garantire ai Paesi del mondo una governance delle relazioni internazionali meno asimmetriche rispetto alla possibilità per tutti di accedere senza condizionamenti di signoraggio alle risorse planetarie. Ma le altre potenze non sono da meno, nel tentare di acquisire posizioni egemoniche ai danni del Paesi più deboli (è il caso di ricordare l’atteggiamento della Russia nei confronti dell’Ucraina, o quello delle Cina nei confronti dei piccoli Paesi a lei vicini?). Se si considera che, sul piano strettamente economico-finanziario, i surplus delle bilance dei pagamenti di Russia e Cina sono fortemente in avanzo e che la loro consistenza è espressa in dollari, a causa della mancata disponibilità di proprie “aree valutarie” credibili, all’interno delle quali capitalizzare tali avanzi commerciali, sfugge la comprensione del perché Russia e Cina impieghino i loro surplus finanziari in buoni del Tesoro americano. In tal modo, questi due Paesi finiscono col dimostrare di essere vittime di una sorta di “sindrome di Stoccolma”, risultando essi vittime delle guerre fatte per procura per conto di chi vuole costringerli ad occupare posizioni subalterne nelle relazioni internazionali, e del quale alla fine essi diventano i finanziatori.
A conferma che la narrazione di Korybko è per buona parte “fuori dal mondo”, c’è anche il fatto che Russia e Cina, presunte vittime della “malvagità” degli USA, si guardano bene dal denunciare ciò che gli stessi USA stanno tentando, coinvolgendo in modo occulto gran parte dei Paesi più industrializzati del mondo occidentale, di addivenire alla firma di un trattato internazionale per rimuovere i vincoli esistenti al libero mercato del turbocapitalismo internazionale.
Di recente, WikiLeaks di Julian Assange ha rivelato l’esistenza di una trattativa segreta per la stipula di un trattato che coinvolgerebbe quasi tutti i principali Paesi ad economia di mercato; il trattato sarebbe volto a fare prevalere un “liberismo selvaggio” nella conduzione dell’attività economica. Le trattative in corso, note con l’acronimo TISA (Trade in Services Agreement - Accordo per il Commercio dei Servizi) coinvolgerebbero per il momento solo una parte dei Paesi del mondo: Australia, Canada, Cile, Taiwan, Colombia, Costa Rica, Hong Kong, Islanda, Israele, Giappone, Liechtenstein, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia, Pakistan, Panama, Paraguay, Perù, Sud Korea, Svizzera, Turchia, Stati Uniti e Unione Europea, mentre sarebbero esclusi Brasile, Russia, India e Cina.
Nonostante durante il negoziato sia emersa qualche divergenza tra i partecipanti, l’obiettivo del trattato consisterebbe principalmente nell’eliminazione di tutte le leggi nazionali che sono considerate di ostacolo al commercio dei servizi, soprattutto in ambito finanziario; obiettivo, questo, che, se fosse realizzato, secondo molti osservatori, farebbe del TISA una replica dei trattati approvati nel 2000, considerati la causa prima della recente crisi finanziaria globale.
Se Russia e Cina, nonostante l’esclusione, sono disposte a non denunciare le trattative in corso di fronte all’opinione pubblica mondiale, viene fatto di pensare che anche loro, tacendo, usano la strategia del mandante occulto di Brzezinski; ciò perché gli USA, portando a conclusione il trattato TISA, offrono a Russia e Cina la possibilità di poter trarre vantaggio da iniziative delle quali, per le insufficienze della loro organizzazione economica ed istituzionale, non possono essere parte attiva; in questo modo, tacendo con profitto, esse mostrano d’essere, sia pure occultamente, alleate di chi vorrebbe danneggiarle.
Al riguardo, non va dimenticato che, col rafforzamento del capitalismo selvaggio, la Cina trarrebbe vantaggio dall’aumentata esportazione delle produzioni della propria industria manifatturiera (della quale ha acquisito di recente il primato nel mondo) e la Russia dall’aumento dell’esportazione delle proprie risorse naturali. Stando così le cose, è plausibile ipotizzare che nessuna di queste due potenze possa avere da ridire; infatti, con un allargamento purchessia dei mercati occidentali realizzato per effetto di TISA, la Cina vedrebbe aumentare ulteriormente la propria industria manifatturiera e la Russia, in quanto economia fondata sull’esportazione di risorse naturali, vedrebbe aumentare il proprio commercio di risorse energetiche.
TISA è, dunque, un’ipotesi di trattato che, per la gravità degli obiettivi perseguiti ai danni delle popolazioni di tutto il mondo, dovrebbe attirare l’attenzione di chi, come Korybko, pretende di erigersi a paladino dell’integrità del diritto dei popoli a soddisfare i loro progetti di vita, fuori da ogni tentativo di condizionamento della loro esistenza e senza che le potenze egemoni, più o meno contrapposte, possano trarre vantaggi materiali in modo esclusivo dal consolidamento di relazioni internazionali asimmetriche. Al di la delle giustificazioni su basi ideologiche delle posizioni di questa o di quella potenza nello scacchiere internazionale, sarebbe il caso che gli analisti come Koribko si convincessero, nell’interesse dell’intera umanità, che l’applicazione della “teoria dei giochi” agli affari economici e politici internazionali non è appannaggio soltanto degli USA, in quanto alla teoria fanno ricorso anche Russia e Cina. Ciò significa che, per un’interpretazione realistica dei rapporti tra gli Stati, piuttosto che cercare di stabilire chi ha torto o ragione sulla base di presunti interessi espliciti, occorre sforzarsi di individuare quelli impliciti, di natura prevalentemente economica, convincendosi che quelli espliciti, rispetto a questi ultimi, sono solo derivazioni giustificatorie, utili a catturare maldestramente il consenso delle opinioni pubbliche sulla conservazione delle posizioni di dominio dei signori del mondo.

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