Francesco Cocco
Certe posizioni che si richiamano alla sinistra tendono a ridurre l’attuale vicenda regionale ad una sorta di conflitto tra i vecchi “oligarchi” ed il “principe” innovatore. Ciò con evidente pericolo di restare intrappolati in una contrapposizione che, per sua natura, non crea né tempi né condizioni nuove di lotta, limitandosi sostanzialmente a riproporre la dimensione del cliente subalterno tipico della vecchia politica: subalterno prima all’oligarca ed ora al principe.
Per altro verso la sinistra che voglia fare una politica alternativa, non può farsi condizionare dall‘attuale carenza di uomini “elettoralmente forti”. Sarebbe un perpetuare all’infinito l’attuale situazione, quasi la rassegnazione ad un male ineludibile.
Credo che la sinistra debba andare oltre l’orizzonte meramente elettorale, ponendosi l’obiettivo di riaffermare l’esigenza di un progetto di riforma della società attraverso il superamento delle gravi contraddizioni alle quali la condanna il sistema capitalistico.
Può darsi che certe categorie affermate dal movimento operaio abbiano fatto il loro tempo, ma oggi si tende a mettere in discussione principi ancora fondamentali. Così, ad esempio, deve restare inconcepibile per qualsiasi movimento di sinistra la commistione tra interessi privati e interessi dell’ente che si è chiamati a rappresentare. Era questo un principio inderogabile nei partiti che si richiamavano al movimento operaio. Certo nella realtà accadeva che taluni tralignassero, ma significava venir meno ad una fondamentale regola ideale, ed era folle pensare di affermare la trasgressione come nuovo principio etico e politico.
Oggi tutto pare esser diverso. Quando si sancisce il principio, come fa la legge statutaria, che il presidente della giunta e gli assessori possono partecipare con le loro società alle gare d’appalto bandite dalla Regione, credo non si facciano “cose di sinistra”. Semplicemente s’innescano meccanismi che col tempo finiranno per portare verso un grave imbarbarimento nella gestione della cosa pubblica. Questo significa che certa visione berlusconiana sta facendo breccia anche a sinistra. Non si riesce più né a distinguere, né a sentire indignazione per la questione morale.
Ormai siamo alla “morte dello spirito pubblico”. E’ accaduto nel giro di pochi anni. Nei primi anni Novanta le grandi idealità che avevano animato la Resistenza e la nascita della Repubblica erano ancora in campo, in grado di indignare e mobilitare le masse. Ora è subentrato il silenzio e persino il fastidio, soprattutto a destra ma la sinistra non ne è esente.
In tale contesto dobbiamo guardare alle nostre vicende regionali con la capacità d’inquadrarle nella più ampia vicenda nazionale e soprattutto nell’ orizzonte drammatico della crisi economica mondiale. Non possiamo più procedere con sguardo miope che poi significa sfuggire alle responsabilità che incombono sulla sinistra.
E’ necessario saper pensare con logiche di lungo periodo perché i segni di svolta sono evidenti. La vittoria di un “uomo di colore” nelle presidenziali americane deve fondatamente indurre a nuove speranze. Soprattutto importante segno di tempi nuovi è il rinnovato interesse per Marx. Significa che si vogliono individuare le cause alla base della profonda crisi che investe l‘economia globale e, in ultima istanza, le società capitalistiche nel loro complesso. La rilettura di Marx è certamente uno strumento utile per analizzare e capire il tempo presente, a condizione che si eviti il dogmatismo ed una schematica riproposizione di modelli del passato.
La ricerca e l’organizzazione del nuovo è compito soprattutto dei giovani. Tra essi non vedo il deserto culturale ed ideale che taluno lamenta. Al contrario sono tanti i giovani preparati, capaci di vivere l’impegno politico con passione e disinteresse personale.
Ai giovani il compito di far propria la miglior tradizione del movimento operaio, respingendo la falsa illusione che il nuovo implichi un acritico rifiuto del positivo costruito con la lotta dalle generazioni che li hanno preceduti. Ciò potrà consentire la formazione di gruppi dirigenti incentrati sulle nuove generazioni. A tal fine è necessario un lavoro di lunga lena (anche questo fa parte di quella tradizione alla quale accennavo), ed è l’unica modo per iniziare un percorso proiettato alla costruzione di una nuova egemonia della sinistra.
Sinistra: guardare oltre “l’uomo della provvidenza”
18 Novembre 2008
1 Commento
1 commento
1 Marcello Madau
20 Novembre 2008 - 22:15
E’ davvero necessario guardare oltre. La vetustà della classe politica riflette quella dei quadri di lettura della società. Essere marxisti aiuta a capire. Non ritengo neppure che si tratti tout court di ricambio generazionale, quanto di riferimenti. La cosa buffa, e un po’ terribile, è che la vecchia classe politica di sinistra ha abbandonato i riferimenti agli sfruttati, perdendo i rapporti, nè ha la percezione che la natura del lavoro e dei riferimenti di lotta che produce è molto cambiata, così non ha neppure rapporto con la nuova dimensione del lavoro.
Mi ha colpito il documento fondativo di ‘Per la Sinistra’: parla del movimento partito dalle scuole come “Le ragazze e i ragazzi che in questi giorni portano la loro protesta ( …)“ e non come un movimento espressione del lavoro cognitivo.
Le elezioni? Dobbiamo parlare di programmi. Non mi entusiasma la democrazia rappresentativa, tanto meno le primarie. Voterò perciò senza problemi né ansie astensionistiche il meno peggio perché non vinca il peggio, dando alla forma borghese della democrazia il peso che mi rappresenta. Per quanto riguarda la tenzone elettorale, più che turarci il naso, sarà bene procedere ad un lavaggio di narici a tutto campo: si percepiranno meglio gli odori sgradevoli che provengono da molte parti e, devo dire, con ricchi effluvi nauseabondi da quel fronte composito della vecchia sinistra che mi pare non meno inaccettabile.
Lavoriamo a capire, stando nelle lotte dove è possibile, e cerchiamo di destinare le nostre energie per contribuire alla formazione di una nuova classe dirigente che oggi proprio non vedo.
Lascia un commento